giovedì 31 agosto 2017

Bioregionalismo ed autarchia insulare - Le isole italiane possono diventare indipendenti, dal punto di vista energetico e delle risorse...


Immagine correlata
Dal Pacifico all’Atlantico sono molte le isole che stanno raggiungendo l'obiettivo “100% da fonti rinnovabili”. Perché non prenderle a modello per rendere anche le nostre 20 isole minori più sostenibili?
Legambiente: isole sostenibili
Le 20 piccole, ma affascinantissime, isole italiane, oggetto del dossier di Legambiente "Isole sostenibili", potrebbero divenire modelli, nel Mediterraneo, per diffondere soluzioni di sostenibilità ambientale nel settore dell’energia, dell’acqua, dell’economia circolare e della mobilità,  promuovendo così un turismo più attento e rispettoso del territorio.
Anche il Ministero dell'Ambiente ci crede e finanzia con 15 milioni di euro un programma che prevede interventi tesi a
  • ridurre le emissioni di gas a effetto serra
  • sviluppare forme di trasporto a basse emissioni
  • attivare misure di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici.
Legambiente, da parte sua, ha costituito un Osservatorio sui processi di sostenibilità nelle nostre isole minori, cercando di fare il punto della situazione su: penetrazione delle rinnovabili, gestione efficiente dei rifiuti, depurazione ed uso della risorsa idrica e mobilità sostenibile.
Energia
Secondo Legambiente è ora di puntare su un modello energetico al 100% rinnovabile, l’obiettivo è incrementare l’energia prodotta da sole, vento e maree. Ogni isola italiana deve cominciare a pensare che le famiglie e le attività presenti sul territorio insulare producano, per quanto possibile, l’energia di cui hanno bisogno attraverso una rete distribuita di impianti rinnovabili ed efficienti, integrati con smart grid e sistemi di accumulo.
Al contrario, oggi, la situazione si presenta in questo modo:
  • il fabbisogno di energia è garantito per lo più da vecchie ed inquinanti centrali a gasolio
  • il numero di impianti ad energia rinnovabile installati risulta molto basso, nonostante gli alti livelli di soleggiamento
  • l’alto costo necessario per la produzione di energia viene pagato non solo dai residenti ma da tutte le famiglie italiane, attraverso la voce UC4 della bolletta.
isole sostenibili _ approvigionamento energetico
Risorsa idrica
È necessario andare verso un modello virtuoso di gestione delle risorse idriche. Una delle maggiori criticità presenti nelle isole è proprio quella legata alla carenza di acqua potabile; quasi tutte le isole, infatti, si approvvigionano di acqua attraverso bettoline o impianti di desalinizzazione.
Per questo l’approvvigionamento idrico diviene molto complicato nei periodi estivi per l’alta presenza di turisti e per le condizioni climatiche.
isole sostenibili - approvigionamento idrico
A questo proposito è necessario un progetto che miri, in primo luogo, a ridurre i consumi e recuperare gli sprechi, ad esempio, con vasche di raccolta delle acque piovane nelle case o in agricoltura, al tempo stesso è indispensabile realizzare sistemi di depurazione degli scarichi, oggi ancora in forte ritardo in molte delle isole minori a scapito dell’appetibilità turistica delle stesse.
isole sostenibili_depurazione
Rifiuti
In molte isole italiane la gestione dei rifiuti costituisce un vero problema. La raccolta differenziata raggiunge percentuali bassissime, è, quindi, indispensabile un cambiamento che prevenga l’abnorme produzione di rifiuti, soprattutto nel periodo estivo, ed implementi la raccolta differenziata.
isole sostenibili_gestione rifiuti 
Tutto ciò non può prescrindere da campagne informative destinate ai turisti, albergatori e commercianti.
Secondo ISPRA e Comieco i dati più incoraggianti si registrano a Ponza e Capri mentre i più preoccupanti a Favignana e Lipari. Per quanto riguarda le isole toscane minori, Giglio e Capraia, i dati relativi a 2015, certificati dalla Regione Toscana, sono i seguenti:
  • Isola di Capraia (LI), con 415 abitanti, produce una quantità di rifiuti urbani totali, differenziati e non, pari a 750.63 kg abitante anno, di cui 204,99 kg anno pro capite sono rifiuti differenziati, la raccolta differenziata si attesta al 29,11%.
  • Isola del Giglio (GR), con 1442 abitanti, produce, invece, 991,98 kg di rifiuti totali, differenziati e non, anno per singolo abitante, di questi, i differenziati si attestano a 212,69 kg anno cadauno mentre la percentuale di raccolta differenziata risulta pari al 23,67%.
Mobilità sostenibile
Il tema della mobilità nelle isole ha una duplice criticità, da un lato il collegamento con la terraferma e dall’altro lo spostamento locale. Nei periodi estivi il numero di autovetture aumenta vertiginosamente rendendo difficoltosi gli spostamenti interni e creando anche problemi di parcheggio “selvaggio”.
La sfida è quella di realizzare una mobilità alternativa basata sul trasporto pubblico "pulito" e sull'impiego di mezzi preferibilmente elettrici, nonchè sul potenziamento dei percorsi pedonali e ciclabili sicuri.
Questi importanti cambiamenti possono essere favoriti dal gettito derivante dalla tassa di sbarco (max 2,5 euro), introdotta dall’articolo 33 della Legge 221/2015 e riscossa dai Comuni, che dovrebbe essere utilizzata, come prevede la norma, per:
  • miglioramento della gestione dei rifiuti ed aumento della raccolta differenziata
  • interventi di recupero e salvaguardia ambientale
  • interventi di varia natura nell'ambito della promozione turistica, cultura, mobilità, polizia locale
Per ora, secondo l’Osservatorio di Legambiente, sono ancora poche le isole che hanno progettato un percorso d’investimento della tassa di sbarco a favore della sostenibilità ambientale, per questo l'associazione ambientalista si prefigge di monitorare, nel tempo, il processo verso la sostenibilità di queste 20 isole minori, veri gioielli del Bel Paese.

Risultati immagini per isole italiane

(Fonte: Arpat)

mercoledì 30 agosto 2017

Bioregionalismo ed ecologia profonda nel matrismo del neolitico

"I concetti relativi al  bioregionalismo ed all'ecologia profonda erano già presenti nelle società matristiche del neolitico" (Saul Arpino)

Dal paradiso terrestre siamo stati scacciati, almeno così dice la Bibbia, forse però questa è solo una favola “religiosa” – magari anche un po’ pretenziosa – poiché sulla terra ci siamo ancora e forse potremmo immediatamente ritrovarci in quel paradiso perduto il momento stesso che la nostra esperienza tornasse all’armonia  uomo natura animali. Prima di tutto quello che è da riequilibrare, ovviamente è il rapporto fra i due generi della nostra specie, il femminile ed il maschile…

Yin e Yang, come dicono i cinesi, sono le due forze interconnesse, Terra e Cielo, che creano il mondo… Ma ora non voglio parlare di cultura cinese, vorrei solo approfondire il discorso sullo studio del periodo pre-patriarcale e di come viene descritto dai vari ricercatori che si occupano di questo tema. Sono soprattutto ricercatori donna, ovviamente, anche se non manca qualche “maschietto”…

Ora vediamo che negli studi matriarcali portati avanti da ormai un ventennio ad opera di numerosi studiosi e studiose nel mondo convenuti per la prima volta al convegno mondiale di Bruxelles nel 2003  la questione matrismo e matriarcato è un tema oggetto di discussione, con varie posizioni.

La Gimbutas utilizzava il termine matristico per definire le antiche società neolitiche, Riane Eisler per risolvere il problema ha coniato addirittura un nuovo termine, gilania, unendo la radice greca di femminile (gyn) e maschile (an) con una ‘l’, lettera che evoca il termine link, ‘legame’. Invece Heide Göttner Abendroth, che possiamo definire la fondatrice di questa corrente di studi, considera la parola adeguata da usare matriarcato, e lo spiega dal punto di vista etimologico non come ‘potere delle madri’, bensì come ‘antiche madri’, da cui la semplice evidenza che queste società tengono in alta considerazione la funzione materna come principio intorno a cui si organizza la società, per cui essendo il rapporto d’amore e di cura madre-figlio l’aspetto fondante della società non esistono le gerarchie tipiche del patriarcato.

Nel matriarcato non c’è il dominio, il valore centrale è il rispetto della vita e delle differenze, per cui non esiste la disparità fra generi. Esso rappresenta un’alternativa praticabile al patriarcato poiché storicamente già esistito, vedi il saggio di Riane Eisler sulla storia umana letta in chiave di società della dominanza e società della partnership (Il calice e la spada). Secondo la Abendroth è importante utilizzare il termine ‘matriarcato’ anche per ragioni culturali, essendo stato tale termine oggetto di spietata censura da parte della cultura patriarcale, quindi va difeso e sostenuto, riabilitato, e non mascherato con neologismi. Dunque, il dibattito è aperto.

Nel commentare un parere da me espresso, in merito alla capacità creativa delle donne e degli uomini vissuti nel neolitico, la ricercatrice Mariagrazia Pelaia afferma: “L’arte nel neolitico faceva parte della vita quotidiana, il vasellame è riccamente decorato e descrive una società elegante che si modella sulla bellezza della natura e non solo, perché è anche un’arte molto astratta, simbolica e quindi con livelli di comprensione molto raffinati e complessi. L’arte è una componente essenziale della quotidianità, e la quotidianità da sempre è l’ambito femminile per eccellenza. La cosa sorprendente di quei tempi è che la quotidianità era condivisa alla pari e considerata sacra, e dunque era patrimonio comune dei due sessi. Astrologicamente invece la situazione è molto chiara: l’arte è simbolicamente connessa ai pianeti femminili Luna e Venere. Gli uomini devono avere una parte femminile molto sviluppata per diventare artisti. E mi pare che non ci siano dubbi al proposito. In età patriarcale le donne sono state relegate al ruolo di muse, segnalando comunque una stranezza di fondo: perché mai le custodi e le ispiratrici delle arti sono donne e non uomini se si tratta di produzioni del genio maschile?”.

Seguendo questa logica non sarebbe possibile ipotizzare – come talvolta viene fatto – che nel 3000 a.C. sia nato un “matriarcato” come dominio delle donne…  Ma  si potrebbe affermare che il patriarcato per legittimarsi adottasse degli schemi matriarcali di facciata, che ovviamente dovevano far presa sulla gente cresciuta in quell’ambito. Quella dei sacrifici rituali maschili è stata una trasposizione letterale del rozzo spirito patriarcale dei miti di vita-morte-rinascita legati al ciclo naturale. 

Nel 3000 a.C. infatti inizia il periodo critico delle invasioni Kurgan, popolazioni nomadi, legate al cavallo e all’uso delle armi, che probabilmente hanno sottomesso e assimilato le popolazioni matriarcali contadine autoctone.

Paolo D’Arpini

Risultati immagini per paolo d'arpini matristico


Post Scriptum
La matrice maschilista e patriarcale  delle religioni  di origine semitica è evidente. Ad esempio la misoginia della chiesa cattolica  è congenita dalla sua nascita, il dio giudeo è un dio patriarcale e la sottomissione della donna appartiene alla "cultura" giudeo cristiana, fatta propria anche dall'islam. Le donne per lungo tempo furono considerate prive di "Anima" come gli animali. Insomma la trilogia monolatrica odia le donne e se le "ama" (a fini di piacere) le vuole succubi e prone ai voleri del maschio. 

martedì 29 agosto 2017

Vizi dannosi e rifiuti pericolosi... come evitarli o smaltirli


Immagine correlata

Mozziconi di sigaretta e barbecue, come gestire questi rifiuti?
Con la bella stagione si sta più fuori, si moltiplicano le attività da svolgere all'esterno e naturalmente si producono più rifiuti o una maggiore quantità di alcune tipologie di rifiuti come, ad esempio, i mozziconi di sigaretta ed i rifiuti che derivano da particolari attività come le grigliate estive.
L’abbandono di mozziconi di sigaretta, ad esempio, crea un impatto ambientale da non sottovalutare e il tempo di latenza in natura, prima di arrivare alla decomposizione,  a seconda delle condizioni ambientali e a seconda del tipo di sigaretta, con o senza filtro.
Questi rifiuti se gettati nello scarico dello sciacquone o nelle caditoie delle fognature, possono essere causa di intasamenti e guasti in tubature e pompe, tanto che, come misura di prevenzione all'ingresso degli impianti di depurazione sono installate apposite griglie a cui è affidato il compito di trattenere mozziconi e altri oggetti di analoga consistenza solida.
Per questo, si è pensato di affrontare questo problema distribuendo dei contenitori di forma conica, ad uso personale ma in condivisione, dove gettare i mozziconi di sigarette invece di buttarli per strada o ancora peggio sulla sabbia o addirittura in mare.
raccolta differenziata barbecue monousoUn’altra iniziativa è, invece, rivolta alla gestione dei rifiuti quali i barbecue usa e getta; in estate, infatti, si fanno molte grigliate in spiaggia, al termine, rimane il problema di dove gettare questo particolare rifiuto.
Per questo è stata avviata una specifica filiera di raccolta, predisponendo dei contenitori appositi dove buttare il barbecue non più utilizzabile.
Queste iniziative mostrano come la capitale danese sia particolarmente sensibile ad una buona e corretta gestione dei rifiuti, approcciando il tema anche con riferimento alla stagionalità  e ai maggiori flussi turistici.
Copenhagen è tra le 11 città che partecipano al progetto Urban Waste, che mette in comune le buone pratiche in tema di gestione dei rifiuti, insieme a Firenze (IT) , Nice (FR), Lisbon (PT), Siracusa (IT), Kavala (GR), Santander (ES), Nicosia (CY), Ponta Delgada (PT), Dubrovnik – Neretva county (HR) e Tenerife (ES).
(Fonte: Arpat)

Risultati immagini per grigliate in spiaggia

lunedì 28 agosto 2017

"Mal d'Africa" - Il clima sta cambiando cosa ne sarà dell'Italia?


Immagine correlata

Cerchiamo di capire cosa sta accadendo al nostro clima, soprattutto capire perché al centro e al sud sono scomparsi gli antichi e benefici temporali estivi. Dobbiamo parlare ormai di “Mal d’Africa” e non nel senso di nostalgia per la sua natura selvaggia, ma per i guai che da qualche decennio ci sta procurando non ultimo sul clima. 

Per prima cosa chiariamo che se non ci fosse il Mar Mediterraneo l’Italia confinerebbe direttamente con la Libia e con la Tunisia, quindi possiamo definirci quasi una regione “Nord Africana”. 

Secondo punto, a causa del riscaldamento globale del pianeta la fascia tropicale si è espansa di oltre 200 Km sia a nord che a sud, coinvolgendo così parte del Mediterraneo e “cacciando” fuori dal “mare nostrum” l’Anticiclone delle Azzorre, che per secoli e secoli è riuscita quasi sempre a creare una barriera invalicabile ai flussi di caldo torrido del Sahara. Ora l’Alta Pressione delle Azzorre raramente ci fa visita in estate perché ormai si è posizionata tra il Portogallo e l’Islanda, per cui le lingue di caldo torrido sahariano non hanno più problemi a raggiungerci. 

Terzo punto: non dimentichiamo che il mar Mediterraneo è diventato molto caldo in superficie per cui è fortemente aumentata la sua evaporazione. Questo fenomeno in estate a volte può creare una barriera invisibile che in parte riesce a deviare le fresche correnti atlantiche, le quali volendo poi entrare in Italia sono ostacolate dalla barriera naturale delle Alpi. E allora? Forse è il caso di pensare ad adattarci a questa nuova situazione climatica e, quindi, reimpostare il nostro futuro…

Filippo Mariani
(accademia kronos)

************************************

Risultati immagini per "Mal d'Africa" - Il clima sta cambiando cosa ne sarà dell'Italia?

Articolo collegato: 

Italia come il "Sahara", la siccità è un dramma 

Le piogge, o meglio, i temporali estivi non si vedono. Se si eccettuano i pochi break rinfrescanti, ma con precipitazioni che hanno "premiato" principalmente il Nord Italia, su molte regioni è da mesi che non piove decentemente. O non piove proprio... Guardando i modelli matematici di previsione si va alla ricerca, giustamente, di quella "scintilla" che possa far cambiare le carte in tavola. Dopo 3 mesi di caldo, talvolta eccezionale, aspettiamo le prime perturbazioni atlantiche. E ora che l'autunno incombe, almeno sulla carta, la speranza è che l'acqua dal cielo possa cadere il prima possibile. La siccità è una piaga. Fa parte del nostro clima estivo, questo è vero, ma mai come quest'anno è venuta a mancare quella componente temporalesca così preziosa nel corso della stagione secca. Se poi ci mettiamo una primavera altrettanto avara d'acqua, beh, allora c'è poco da stare allegri. Se manca l'acqua i primi a soffrirne siamo noi. Noi perché l'agricoltura, la vegetazione, i suoli, sono tutti elementi che direttamente o indirettamente ci riguardano. Soffrono i corsi d'acqua, i bacini di raccolta, insomma le preziose riserve idriche. Perché l'allarme rientri v'è necessità di giorni e giorni di pioggia. Ma pioggia benefica, non di eventi estremi. Già, perché ora c'è il rischio che l'evento estremo si verifichi. La quantità d'energia presente nel Mediterraneo è talmente tanta che alle prime, vere perturbazioni potrebbero accadere cose sgradite. Speriamo, a questo punto, che un minimo di normalità si ripresenti in forma di perturbazioni atlantiche "old style". Passaggi perturbati ripetuti capaci di innescare fenomeni insistenti, diffusi e non violenti. Ce la faremo? Ai posteri l'ardua sentenza... 

Pubblicato da: Ivan Gaddari di Meteo Giornale mtg 

domenica 27 agosto 2017

"Dopo aver magnato, magnato e ben bevuto, ora siamo al rifiuto di ciò che abbiamo avuto."

La società del rifiuto e la coscienza ecologica che stenta a maturare.

"Dopo aver magnato, magnato e ben bevuto, ora siamo al rifiuto di ciò che abbiamo avuto."  Siamo a proporlo come soluzione, anche a chi ancora non ne ha abbastanza e anche a chi non ne ha avuto per niente...

La società del rifiuto e la coscienza ecologica che stenta a maturare
Effettivamente  ritengo che è l’esigenza che produce l’intelligenza. Prima ne avevamo una ora ne abbiamo un’altra. Ognuno arriva con la propria. Ognuno non ritiene accettabile castrarla. Ognuno non ritiene dignitoso sottomettersi all’altrui. La frammentazione e l’impossibilità di aggregare si fanno spazio.  Non è ancora il momento giusto?  Manca un estetico, cioè, manca un leader? Siamo rigonfi di saperi tecnici e crediamo bastino anche ad unire gli spiriti? Chi è già passato ascetismo, visto che anche solo telefonare contraddice le intenzioni di fondo? Chi è in grado di riconoscere – ed accreditare – l’intelligenza/esigenza – che ci ha portato qua?
Il movimento hippy non ci parlava mezzo secolo fa, di cose che ora urliamo come nostre.  Se in 50 anni lo standard che possiamo vantare è in buona misura da noi tutto criticabile, che significa? Che chi ci ha preceduto era totalmente inetto? O che le dinamiche hanno permesso tanto e non tanto altro?
Ora siamo noi al cospetto delle dinamiche. Siamo noi a chiederci come unire gli spiriti. E a domandarci se un esteta serva più di un competente. La soluzione è nella musica e la prenderà chi la danza. 
Lorenzo Merlo


sabato 26 agosto 2017

Intervento umano nel movimento tellurico...


Risultati immagini per Casistiche sismiche vedi

Un sisma può essere:
1) Naturale. 
2) Petrolifero.
3) Militare.


La relazione sismica petrolifera (fracking) è  evidente.
D'altro canto, il riempimento dei siti svuotati nel caso di fracking, rispetto a quello liquido, altera la geostabilità.
Immettere esplosivi e onde di pressione, estrarre frantumi e riempire con liquidi non è la stessa cosa che estrarre petrolio liquido immettendo acqua.
Oltretutto, le fratturazioni da esplosivi e onde di pressione (Air Gun) si propagano in modo imprevedibile.
Ma i giacimenti liquidi sono quasi esauriti.
Nelle coste est ed ovest degli States l'estrazione petrolifera è comunque vietata fino a ben 160 km dalla terraferma.
Il fraking produce sismi come effetto collaterale.
Con la focalizzazione di microonde li si possono invece generare appositamente, attraverso le microtensioni da surriscaldamento, poiché materiali diversi hanno differenti valori specifici, conducibilità termiche e dilatazioni termiche, quindi puoi disgregare formazioni rocciose umide in zone sismicamente instabili e scatenare un sisma.
E' dai tempi della seconda guerra mondiale che sono allo studio metodi per la generazione sismica, ed ora è tecnologicamente possibile.
Haarp lo permette.
Non basta guardare la potenza, conta l'energia assorbita convertita in calore per surriscaldamento locale dell'obiettivo:
E = P x t.
E non deve nemmeno uguagliare l'energia liberata dal sisma: un palazzo può essere fatto crollare rompendo le colonne portanti, con impiego di energia enormemente minore di quella liberata dal crollo conseguente.


Vincenzo Zamboni


...................

Commento di  Fernando Rossi:

Cominciamo con il mettere in chiaro che da molti anni, prima per ignoranza dei nostri governanti, poi con la scusa della austerità e del pareggio di bilancio voluti dalla Europa delle banche e delle multinazionali, l'Italia non ha messo in atto nessuna politica di difesa ambientale, intervenendo sempre, poco, male e con contorno di pesanti ruberie di denaro pubblico, solo dopo gli eventi calamitosi.
Diciamo anche che  le compagnie petrolifere hanno sempre trovato nelle regioni rosse, bianche, rosa e azzurre, le porte aperte per perforazioni, esplosioni sotterranee e stoccaggi di gas nel sottosuolo.
Dopo tutto ciò governanti, politici, funzionari e docenti legati alle multinazionali stanno sfilando in TV a propalare ovvietà, promesse, cavolate e fatalismo 'falso naturalistico'.
Fuori dai ranghi delle baronie universitarie e delle clientele politiche, c'è chi potrebbe aiutare ricerca e pubblica amministrazione a fare cose serie...Io ne ho conosciuto uno, si chiama Giulio Riga (vedi link. 
http://www.scirp.org/Journal/PaperInformation.aspx…)

Risultati immagini per Intervento umano nei movimenti tellurici

giovedì 24 agosto 2017

Prima regola bioregionale: "Aver cura del territorio in cui si vive"


Risultati immagini per "Aver cura del territorio in cui si vive"

“Avere cura” significa in primo luogo conoscere le componenti ecologiche e la loro importante funzione, essendo consapevoli che c’è bisogno di un forte cambiamento per il futuro

Dopo la presentazione del rapporto sul consumo del suolo predisposto da ISPRA,  viene pubblicato anche il nuovo report del WWF, “Caring for our soil – Avere cura della natura dei territori” che vuole essere un strumento utile a disposizione di tutti (studiosi, cittadini, istituzioni) per “avere cura” della Natura dei territori.
La presidente del WWF Italia Donatella Bianchi ci ricorda che: “Nel nostro paese gli habitat ecologicamente intatti sono in costante riduzione, solo l’11% dei fiumi alpini si salva da interventi artificiali e dallo sfruttamento; solo il 30% delle coste è rimasto nel suo stato naturale mentre il 50% risulta compromesso; l'80% delle dune è scomparso. Il suolo, risorsa non rinnovabile e bene comune, svolge funzioni vitali per l’ecosistema, laresilienza dei sistemi naturali, la produzione alimentare, la conservazione delle risorse idriche, lo stoccaggio del carbonio: contenere il consumo di suolo è fondamentale per limitare il rischio idrogeologico, garantire la resilienza dei sistemi naturali e favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici. È quindi indispensabile stabilire per legge quali siano le soglie da non superare”.
Dal report del WWF emerge con forza che la quota di territorio italiano completamente artificializzato, sia per l’espansione urbana che per le infrastrutture, sale dal 7% al 10%.
Molto diffuso anche lo sprinkling, ovvero la polverizzazione dell’edificato, a bassa densità, che favorisce necessariamente una mobilità su gomma; il nostro paese, infatti, è ai primi posti in Europa per motorizzazione privata, con 608 veicoli per 1000 abitanti.
Dal secondo dopoguerra ad oggi, si è avuta in Italia una repentina riduzione delle superfici agricole, pari a più di 10 milioni di ettari, a causa dei mutamenti socioeconomici legati in particolare allo sviluppo della urbanizzazione. Solo negli ultimi 10 anni nel nostro Paese abbiamo perso circa 1.5 milioni ettari di superficie agricola utilizzata (SAU) che oggi ammonta complessivamente a 12.885.000 ettari.
Il report WWF offre anche idee e proposte di strumenti innovativi per le Green cities, per migliorare la pianificazione urbana, recuperare le aree dismesse e contaminate, diffondere i giardini condivisi e gli orti urbani, ridurre i consumi energetici delle aree edificate e promuovere la mobilità dolce (pedonale e ciclabile).
Il primo luogo, il WWF chiede ai Comuni di adottare il bilancio del consumo di suolo per contenere il consumo di suolo attraverso meccanismi dinamici di controllo e governo delle trasformazioni in atto basate sul riuso di spazi ed edifici, su strumenti perequativi, di scambio di crediti, di incentivazione, di fiscalità e di sanzione che sono stati descritti in una proposta di legge depositata in Parlamento. Al momento il disegno di legge su “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato” è stato approvato alla Camera dei Deputati, ora all’attenzione del Senato.
Inoltre, sempre nell’ottica di ridurre la perdita di suolo e contenere il consumo di energia e le emissionidi gas serra nelle aree urbane, il WWF suggerisce di realizzare insediamenti a tendenzialeautosufficienza energetica, con impronta energetica vicino allo zero o addirittura negativa, che favoriscano lo sviluppo di politiche integrate di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, contrastando la crescita della superficie urbanizzata pro capite e la dispersione insediativa e limitando la dispersione termica e i consumi di energia.
Molto utili sono anche i giardini e orti condivisi, che consentono di recuperare territori dismessi, marginali o anche contaminati, si tratta di iniziative di impegno civico in campo ambientale e sociale delle comunità. I cittadini avviano percorsi di sostenibilità nelle città per la riqualificazione delle aree verdi, che permettono di ri-immettere in un’economia circolare il valore del suolo e dei servizi ecosistemici da esso garantito.
Come ultimo suggerimento troviamo quello di favorire la mobilità dolce, sostenibile, partendo dalla progettazione delle strade, che devono diventare uno spazio più equo, che favorisca la convivenza tra diversi mezzi di trasporto (senza dimenticare i pedoni) come accade in molte importanti città europee (come, ad esempio: Copenaghen, Berna, Basilea, Trondheim, ecc.).

WWF: Caring for our soil - Avere cura della natura dei territori
(Fonte: Arpat)

martedì 22 agosto 2017

Se la scienza non è più "scientifica" ma una bugia per far soldi...


Risultati immagini per la scienza non è più scientifica


Argomento di riflessione, io non posso giurare che sia vero, ma si tratta di Lancet e, come ho detto diverse volte, leggere le stesse testimonianze da varie fonti fa venire un legittimo dubbio (M.G.Evangelista):

"Nell’edizione del 15 aprile 2015 della rivista medica “Lancet”, il caporedattore Richard Horton ha dichiarato: «Il caso contro la scienza è molto semplice: gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può essere dichiarata semplicemente falsa. La scienza ha preso una direzione verso le tenebre». Nel 2005, il dottor John P.A. Ioannidis, professore presso la Stanford University, ha pubblicato un articolo sulla “Public Library of Science” (Plos) intitolato “Perché i risultati pubblicati sulla ricerca sono falsi”, dove ha dichiarato: «C’è sempre più preoccupazione che i risultati pubblicati dalle più recenti ricerche siano falsi». Nel 2009, il centro ... dell’Università del Michigan ha pubblicato un’analisi dove ha rivelato che ... sono falsi a causa di conflitti di interesse. Hanno dichiarato che i risultati prodotti erano la conseguenza di ciò che avrebbe funzionato meglio per le aziende farmaceutiche"!

G.Capponi
Che la scienza sia inquinata da poco lodevoli motivazione extra-scientifiche può indursi già dal fatto che è un'attività umana. A livello epistemologico questo aspetto è stato indagato da una schiera di studiosi il cui riferimento è Paul Feyerabend. I ricercatori rispondono ai finanziatori: se non in primo luogo, certo non oltre il secondo. Ma non è tanto il "dolo", è anche la selezione d'ambito a condizionare la ricerca a favore di gruppi d'interesse e di pressione. E il modo di procedere: gli studi sono brevi, veloci, i risultati plausibili già al momento del "design". Ne risulta, al di là di una "malafede" progettuale - pur possibile -, una sostanziale inattendibilita' metodologica che affligge - notava qualche lustro fa The New England Journal of Medicine - almeno il 50 % dei lavori pubblicati sulle riviste più prestigiose. Buona domenica, cara Maria Grazia.

G.Cappello
Perché non dovrebbe essere vero? Conosco quella rivista, e penso che se ha scritto quelle cose c'è di sicuro molta verità. Dal momento che i fondamenti etici sono stati archiviati dappertutto nel mondo cosiddetto occidentale, quello autoproclamatosi anche civile, è facile pensare che a molti sia andato di volta il cervello: il denaro su tutto!


Immagine correlata

domenica 20 agosto 2017

Mutazione delle condizioni climatiche e della vita sul pianeta Terra


Risultati immagini per condizioni climatiche e della vita sul pianeta Terra
NASA. Il clima sulla Terra nel 2100

Il Clima ha sempre condizionato la vita sul nostro pianeta incidendo profondamente sull’evoluzione di tutti gli esseri viventi, uomo compreso. Se oggi stiamo qui a leggere questo articolo, lo dobbiamo ad un grande evento tettonico e climatico che ha dato l’avvio all’evoluzione dell’umanità. Circa 8 milioni di anni fa nell’Africa orientale a causa di profondi movimenti della crosta terrestre cominciò a formarsi una grande spaccatura di oltre 6.000 chilometri che dalla Siria oggi arriva in Mozambico, conosciuta come Rift Valley. 

Le foreste pluviali che in particolare interessavano il Corno D’Africa a causa di questa profonda spaccatura tettonica, della comparsa di vulcani attivi e conseguente modificazione delle correnti umide dell’oceano Indiano, non poterono più beneficiare delle abbondanti piogge; così, lentamente in migliaia di anni, le rigogliose foreste lasciarono il posto alla savana. 

Gli australopiteci (i primati che vivevano esclusivamente sugli alberi) furono costretti a scendere a terra e a confrontarsi con tutti gli animali feroci presenti nella savana. A quel punto questo piccolo essere (alto non più di un metro e dieci) poteva scomparire definitivamente dalla faccia della Terra perché predato dai grandi animali, oppure evolversi attraverso una serie di strategie di sopravvivenza. 

L’Australopiteco riuscì a superare la prova e piano piano, attraverso i vari stadi di evoluzione, arrivare fino a noi. In pochissimi milioni di anni questo piccolo primate, trasformatosi in ominide e poi in homo sapiens, cominciò a formare semplici aggregazioni di individui e poi tribù più omogenee e successivamente, dopo la scoperta dell’agricoltura, a costruire i primi insediamenti stabili, precursori delle grandi civiltà. Sorgevano così le prime civiltà umane, quasi tutte in aree del pianeta dove fossero presenti condizioni di vita accettabili. 

Tutti i grandi insediamenti dell’Uomo infatti sono nati e si sono sviluppati lungo i corsi d’acqua, le famose civiltà dei fiumi di cui ricordiamo: La valle dell’Indo, Il fiume Giallo, il Tigri e l’Eufrate, il Nilo e il Tevere da cui sono sorte le più grandi civiltà oggi conosciute. Il clima della Terra ha continuato ad avere il suo ruolo determinante nella evoluzione e nella storia dell’umanità. 

Notizie storiche attendibili di grandi crisi climatiche che hanno determinato scomparsa di popoli, esodi di massa e guerre, ci riportano a circa 5.000 anni fa, tuttavia ce ne sono state molte altre prima, ma qui ci limiteremo ad analizzare quelle più importanti. Nel 2400 a.C., a causa di una grande crisi ecologica (siccità durata molti anni), intere popolazioni residenti nell’attuale Pakistan e India nord occidentale migrarono verso la Mesopotamia e verso l’Europa Centrale. Molti studiosi attribuiscono la comparsa degli Achei, dei Celti e degli Etruschi e di altri popoli nelle terre che conosciamo a causa di questo grande esodo di popoli. 

L’esplosione dell’isola vulcanica greca di Thera, attuale Santorino, avvenuta intorno al 1600 a.C., provocò su tutto il Mediterraneo un grande sconvolgimento climatico che si protrasse per oltre un decennio, ciò causò siccità e in altri casi alluvioni disastrose, obbligando popoli interi a fuggire dalle loro terre. Questa gente può essere identificata con il famoso popolo del mare di cui ne parlano storici greci e latini che tra il XIII° e XII° secolo a.C. causò il crollo del grande impero Hittita. Questo popolo disperato quanto feroce fu alla fine fermato e sconfitto dall’esercito egiziano guidato da Ramses III. 

Nel 9 d.C. tre legioni romane di Varo furono annientate dai barbari germani di Arminio perché intrappolate in una fitta foresta mentre una violenta tempesta disorientava i soldati romani. Nel 1281 un tifone regalò ai giapponesi 700 anni di indipendenza. Alla metà dell’agosto del 1281 il famoso “Kamikaze”, ossia vento divino, bloccò l’invasione del cinese Kublai Khan a poche miglia dalle coste giapponesi. Un violento tifone affondò tutta la flotta di Kubilai Khan: 3900 navi, la flotta più grande del Mondo fino ad allora, finì in fondo al mare. 

Lo stesso crollo dell’impero romano e le invasioni barbariche, iniziate nel nord est dell’Europa, per molti studiosi furono innescati tra il 250 e il 300 d. C. da una serie di avversità climatiche che distrusse le coltivazioni di molte tribù barbare che alla fine furono costrette a cercare cibo e una vita migliore oltre i confini dell’impero romano. 

E veniamo a tempi più vicini a noi: Un clima inusuale, umido e caldo, sviluppò un fungo micidiale che devastò le coltivazioni di patata in Irlanda. 

Tra il 1845 e il 1849 questo paese conobbe la più terribile carestia della sua storia, con migliaia di morti per denutrizione e con emigrazioni di massa verso le Americhe. Cosa dire poi delle vicissitudini degli eserciti napoleonici e italo-tedeschi alle prese con l’inverno russo? Siamo arrivati ai giorni nostri e i capricci del clima che possono seriamente danneggiare le produzioni agricole oggi possono essere superate, si possono prevedere e nel contempo trovare rimedi, ma questo vale soprattutto per i paesi del nord del Mondo, situazioni come nell’Irlanda del 1845 pertanto non sono più immaginabili, diversa è invece la questione per i Paesi in via di sviluppo. 

L’aumento della popolazione del pianeta purtroppo gioca un ruolo destabilizzante, soprattutto per i Paesi del Sud del mondo. Qui le popolazioni tendono a crescere in maniera esponenziale e molte nazioni con guerre civili, governi corrotti, incapacità imprenditoriali e situazioni climatiche avverse ( siccità, alluvioni, incendi di foreste e avanzata dei deserti ) non riescono più a soddisfare le richieste alimentari dei loro abitanti. 

Può accadere pertanto quello che avveniva migliaia di anni fa con esodi “biblici” di gente disperata verso nazioni più ricche. Una situazione preoccupante che oggi abbiamo cominciato a comprendere e a subire con il continuo flusso di migranti sulle nostre coste. Sono persone queste che fuggono da Paesi in guerra o in sfacelo economico, ma questo è ancora niente perché non sono ancora iniziati i grandi esodi di massa a causa del clima avverso. 

Recentemente l’ONU ha previsto che a causa del peggioramento delle condizioni climatiche sull’Africa orientale e su parte del Medioriente entro il 2050 potrebbero essere 250milioni i disperati del clima in fuga verso l’Europa. Quando ciò avverrà per noi europei sarà una catastrofe epocale che travolgerà soprattutto Paesi di frontiera come l’Italia. 

Salteranno inevitabilmente le economie occidentali già in crisi, finirà la sicurezza dei cittadini europei, saranno stravolti tutti gli equilibri geopolitici che oggi conosciamo ed altro. Inevitabile sarà il dilagare del fanatismo religioso islamico, con tutti i problemi che già conosciamo. 

Ma l’aspetto che più preoccupa l’OMS potrebbe essere quello del ritorno di malattie dimenticate come la malaria, il vaiolo, la peste ed altre pandemie che le cronache del passato ci hanno sempre fornito con dovizie di particolari. Questi sono i rischi alla salute per un mescolamento di popoli e di usanze igieniche e alimentari differenti. Tornando a parlare delle anomalie climatiche dovute al riscaldamento globale del pianeta, dobbiamo segnalare che la tropicalizzazione del Mediterraneo non è più un fenomeno aldilà da venire: è ormai uno stato di fatto e con esso un’ infinità di nuovi problemi connessi. 

Oltre a questo dobbiamo constatare che molte malattie sconosciute e dimenticate sono arrivate da noi grazie all’aumento della temperatura su tutto il bacino del Mediterraneo. Le prime vittime sono stati gli animali. Tutti ricorderanno la strage di ovini sardi e toscani colpiti circa 20 anni fa dal morbo della lingua blu, una malattia endemica africana che i nostri animali, non avendo le difese immunitarie dei cugini africani, sono diventati facile vittime. La lingua Blu, Blu Tongue per i tecnici, è una malattia virale veicolata da ditteri come zanzare e flebotomi (pappataci) che in passato per motivi di clima non favorevole non si spingevano oltre la Tunisia. Sono poi i flebotomi che dal sud dell’Italia, grazie al riscaldamento globale, sono giunti fin sotto le Alpi trasmettendo soprattutto ai cani malattie letali come la Leishmaniosi. 

Un fastidio, legato sempre al riscaldamento globale che tutti noi stiamo subendo da qualche anno è dato dalla zanzara tigre. Questo è un insetto di origine asiatico giunto da noi sulle navi che trasportavano pneumatici dalla Corea e dal Vietnam. Più piccola delle zanzare nostrane, ma molto più aggressiva punge anche di giorno. E’ nera con striature bianche su zampe e addome. Si riproduce nell’acqua stagnante che si forma nei sottovasi, in piccoli invasi e nei chiusini. Rispetto alle punture delle nostre antiche zanzare, queste danno bruciore e prurito che può durare anche diversi giorni. 

Al momento le zanzare tigre non trasmettono, per fortuna, le malattie endemiche dell’Asia, ma con l’aumento della temperatura e della tropicalizzazione del Mediterraneo la stessa OMS teme per il futuro situazioni a forte rischio salute anche da noi. 

Questi sono i pericoli sanitari dovuti ai cambiamenti climatici, ma in parte anche al fenomeno della globalizzazione. Malattie dovute all’inquinamento dell’aria già esistono da tempo nei Paesi occidentali, Italia compresa, quasi tutte sono patologie del progresso tecnologico, tra queste: le allergie, le affezioni broncopolmonari, i tumori in particolare quelli dei polmoni, senza parlare poi delle malattie della psiche, tra le quali primeggia ed è in forte ascesa la depressione. 

Dermatiti e patologie più gravi della pelle, come i melanomi, sono invece dovuti in gran parte alla diminuzione dello strato di ozono nell’atmosfera che non ci protegge più come una volta dai raggi ultravioletti, in particolare quelli UVB, provenienti dal Sole. 

Questo è il quadro attuale, ma il futuro come sarà? 

Certamente la situazione si evolverà in peggio. Stando alle ultime proiezioni presentate dagli scienziati si prevede una estremizzazione dei fenomeni meteorologici, con conseguente degrado dell’ambiente e, quindi: lunghe siccità, incendi di foreste sempre più estesi, alluvioni catastrofiche, frane e smottamenti, il tutto a danno dell’incolumità delle persone e poi a danno delle economie nazionali. 

Gli interventi economici urgenti contro i danni dovuti alle tempeste e alluvioni in questi ultimi anni sono aumentati quasi in proporzione geometrica. Si è passati da un evento catastrofico ogni tre o quattro anni causato da fenomeni meteorologici eccezionali, vedi l’alluvione di Firenze del 1966, a quattro o cinque eventi ogni anno. Tutto questo ha dei costi, non solo in vite umane, ma in soldi. 

Buona parte delle risorse di un Paese come l’Italia, dall’economia già fragile, finiscono per pagare i danni a cose, animali e persone causati da questi eventi calamitosi. Vengono così sottratte ogni anno risorse destinate al sociale e alla qualità della vita. E' questa ormai una situazione cronicizzatasi sul nostro pianeta, in particolare manifestatasi con l’estate infuocata del 2017. 

Viene spontanea una domanda: “i nostri economisti e politici che ci governano, hanno valutato seriamente questa situazione e sono in grado già dal prossimo anno di intervenire nel caso gli eventi precipitassero ulteriormente ?”

Filippo Mariani

Immagine correlata

(Fonte: A.K. Informa n. 32)

sabato 19 agosto 2017

Consumismo, obsolescenza programmata e incremento nella produzione di rifiuti


Risultati immagini per L'obsolescenza programmata

L'obsolescenza programmata   è la pratica industriale in forza della quale un prodotto tecnologico di qualsiasi natura è deliberatamente progettato dal produttore in modo da poter durare solo per un determinato periodo, al fine di imporne la sostituzione.

I metodi con cui sarebbe attivato tale processo sono l’utilizzo di materiali di qualità inferiore o componenti facilmente deteriorabili o talvolta l’utilizzo di sistemi elettronici creati ad hoc. I costi di riparazione poi risultano superiori a quelli di acquisto di un nuovo modello. Recenti studi confermano come l’obsolescenza programmata non sia solo una sensazione, ma un fatto che comporta evidenti problemi a livello commerciale, nonché un enorme danno economico a carico dei cittadini e dell’intera collettività con costi stimati in parecchi miliardi di euro nell’arco di un anno.

Lo studio “Obsolescenza programmata, Analisi delle cause, Esempi concreti, Conseguenze negative, Manuale operativo” commissionato dal gruppo parlamentare tedesco Verdi-Bündnis realizzato da Stefan Schridde (esperto in gestione d’impresa) insieme con Christian Kreiss (docente di organizzazione aziendale all’università di Aalen), dimostrerebbe che questo fenomeno viene preventivamente studiato dalle case produttrici con lo scopo di incrementare le vendite: molti elettrodomestici e numerosi oggetti di uso quotidiano sarebbero programmati per rompersi velocemente dopo lo scadere del periodo di garanzia, di solito fissato in due anni.

Detto studio si è concentrato sull’esame di oltre venti prodotti di uso comune cercando di verificare la sussistenza di fenomeni di obsolescenza programmata.

“Il nostro sistema economico ha bisogno di stimolare continuamente i bisogni dei consumatori affinché acquistino con ritmi sempre crescenti determinando così un sistema di consumi indotti” ribadisce D’Incà. Quando non è possibile indurre la sostituzione di un bene attraverso mode, pubblicità e strategie di marketing mirate, si fa in modo che sia il prodotto stesso a “scadere”, rompendosi e diventando inutilizzabile. Un sistema di consumo con una velocità di avvicendamento dei beni così elevata presenta due criticità fondamentali: l’utilizzo di una quantità enorme di risorse, energetiche, materiali ed economiche, e il bisogno di smaltire un altrettanto enorme quantità di rifiuti.

(Fonte: 
Carlos Murgia)

Immagine correlata

venerdì 18 agosto 2017

Bioregionalismo e riordino amministrativo territoriale - Ambiti bioregionali e identità locale


Risultati immagini per Ambiti bioregionali  e  identità locale

Del riordino amministrativo territoriale, in chiave bioregionale, me ne sto occupando da parecchi anni. Soprattutto da quando è nata la Comunità Europea che si configura come un "superstato" ed in questo contesto è  necessario restituire dignità e salvaguardare i diritti delle piccole comunità locali.

Il bioregionalismo infatti si riconosce massimamente nelle identità locali e queste possono essere individuate solo nell’ambito municipale e provinciale, che non è altro il territorio in cui una comunità di solito irradia la sua influenza culturale. Tra l’altro in Italia le Regioni, impostate e studiate a tavolino, si pongono come stati antagonisti sia per lo Stato Italiano che per l’Europa stessa, che faticosamente sta cercando di trovare una identità politica condivisa.


Se degli Enti inutili vanno eliminati, molto meglio abolire le Regioni, mini-stati all’interno dello Stato, che nemmeno rappresentano interessi di omogeneità culturale e bioregionale ma solo interessi di gestione economica e partitica.

Ed ora un inciso culturale sulle origini della civiltà europea. Le radici europee non sono  romane né greche ma molto più antiche.. e ciò è stato dimostrato ampiamente dalle ricerche compiute nell’Europa centrale dalla archeologa Maria Gimbutas. La lingua madre definisce il significato di Eu-ropa in "dalla larga faccia" ovvero la dea del plenilunio. In queste arcaiche origini matristiche tutte le genti d’Europa sono cresciute mantenendo un’identità collettiva diffusa pur nella libertà ed autonomia dei vari nuclei, oggi appunto rappresentati dalle città e dagli ambiti provinciali.

Il bioregionalismo, riportando in auge sia il rispetto della vita in termini di ecologia profonda sia il riconoscimento dell’identità locale è l’unico metodo che possa garantire equanime distribuzione e pari dignità alle diverse sfaccettature degli abitanti della Comunità Europea. 

Quindi L’Europa, politicamente unita, andrebbe suddivisa in ambiti Provinciali e non in Regioni, che per loro natura tendono ad essere separative e indifferenti agli interessi delle comunità locali (dovendo infatti difendere la loro strutturazione spuria ed anomala rispetto alla identità bioregionale).

Paolo D'Arpini

Referente della Rete Bioregionale Italiana
bioregionalismo.treia@gmail.com


Risultati immagini per Ambiti bioregionali  e  identità locale

giovedì 17 agosto 2017

Consigli sintetici sul cosa fare in caso di attacco nucleare


Cosa fare prima di un attacco nucleare:
Fare scorta di cibo a lunga scadenza, procurarsi una o più lampade portatili a pile (con batterie di riserve) o a carica manuale. Può convenire preparare due kit, uno più grande, per il posto di lavoro, l’altro, portatile, da tenere in macchina in caso di evacuazione
Elaborare un piano di comportamento per la propria famiglia in caso di emergenza atomica. Al momento dell’attacco i membri della famiglia possono trovarsi in posti diversi, perciò occorre decidere in anticipo come comunicare e dove ritrovarsi
Informarsi sui rifugi antiradiazioni più vicini. Se non ce ne sono, fare un elenco dei luoghi che potenzialmente potrebbero servire a questo scopo: scantinati, oppure stanze senza finestre situate ai piani di mezzo degli edifici più alti.
Come comportarsi durante un attacco nucleare:
Siate psicologicamente preparati a dover rimanere al riparo per almeno un giorno o comunque fino a quando le autorità non vi daranno il via libera ad uscire
Non appena le autorità hanno provveduto a diramare l’avviso di un imminente attacco, occorre trovare quanto più rapidamente possibile riparo in un edificio chiuso, meglio se in mattoni o cemento armato
Ascoltare le informazioni ufficiali online, alla radio o in tv e seguire le istruzioni diramate dagli organi di soccorso
Se trovate sul vostro cammino uno scantinato o un locale chiuso e riparato entrateci subito
I due luoghi migliori dove trovarsi al momento di un attacco sono o sottoterra o al centro di un edificio alto.
E’ essenziale che tra voi e le sorgenti di radiazioni vi sia quanto più possibile un “guscio” di cemento, mattoni o terreno
Come reagire se siete all’aperto al momento dell’esplosione di una bomba atomica?
Non guardate in nessun caso l’esplosione. Il bagliore potrebbe accecarvi
Riparatevi dietro qualunque oggetto che in quale modo possa proteggervi dall’onda d’urto
Buttatevi a terra e copritevi la testa. L’onda d’urto potrebbe investirvi in 30 secondi dall’esplosione
Anche se vi trovate a molti km di distanza dall’epicentro dell’esplosione nucleare mettetevi al riparo il più presto possibile. Il vento può trasportare le particelle radioattive fino a centinaia di kilometri di distanza
Se al momento dell’esplosione, o subito dopo, siete in strada cercate di proteggere il vostro corpo dal materiale radioattivo
Toglietevi i vestiti, per evitare di veicolare le particelle radioattive. Soltanto togliendosi la giacca, ci si può liberare di quasi il 90% delle particelle radioattive
Se ne avete la possibilità sigillate in un sacco di plastica i vestiti radioattivi e marchiatelo
Non grattatevi e non strofinate la pelle contro niente
Fatevi una doccia, lavate i capelli con lo shampoo ma non usate balsamo
Radiazioni. Come difendersi?
La quantità di precipitazioni radioattive dipende in misura diretta dalla potenza della bomba e da quanto vicino alla superficie della terra è esplosa
Prima di uscire dai rifugi occorre aspettare le comunicazioni delle autorità per sapere dov’è possibile andare e quali luoghi è meglio evitare
Non dimenticarsi che le radiazioni sono invisibili. Non si vedono, non si annusano e non si riconoscono con nessuno dei cinque sensi.
………………………..