mercoledì 18 gennaio 2017

Legislazione costituzionale e bioregionalismo - "Salviamo il paesaggio"


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C’era chi voleva modificare 47 articoli (su un totale di 139), vale a dire un terzo della Costituzione in vigore, ma i cittadini italiani non lo hanno permesso.

E c’è, invece, chi vorrebbe che almeno un articolo della vigente Costituzione (l’articolo 42) venisse applicato in maniera corretta, secondo le interpretazioni suggerite da Paolo Maddalena, Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale. E negli ultimi mesi questo invito inizia ad assumere i contorni di una prassi corrente, che è utile conoscere e sostenere.

Sono almeno tre i casi concreti su cui possiamo poggiare le nostre tesi e sospingere una «new age» che potrebbe sconvolgere – in positivo – l’abitudine di dichiarare la priorità della tutela del Bene Comune sotto il profilo della pura teoria, salvo relegarla a un ruolo inattivo.

Gli stimoli che giungono, ora – da Napoli, da Ciampino e da San Giorgio di Pesaro – sono segnali importanti di una «marea» che si sta alzando e che possiamo contribuire a trasformare in un’onda lunga.

NAPOLI

Nel 2014 la giunta del Comune di Napoli aveva varato due delibere, dedicate al riutilizzo a fini sociali dei beni abbandonati, individuando i beni del patrimonio immobiliare «inutilizzati o parzialmente utilizzati», ma «percepiti dalla comunità come “beni comuni“ e suscettibili di fruizione collettiva», attraverso una specifica mappatura analitica.

Siamo nel cuore del problema: il tema tocca infatti il “nervo” del rapporto tra proprietà collettiva e proprietà privata, indicando un principio già felicemente applicato in alcuni paesi scandinavi.

Nel maggio 2016 una nuova delibera fa un passo avanti: Villa Medusa e l’ex Lido Pola a Bagnoli, l’ex Opg (ex Monastero S. Eframo nuovo) e il Giardino Liberato (ex Convento delle Teresiane) a Materdei, l’ex Conservatorio di Santa Fede (Liberata) e lo Scugnizzo Liberato (ex carcere Filangieri, ex Convento delle Cappuccinelle) nel centro storico, insieme alla ex Schipa di via Salvator Rosa, vengono riconosciuti come «spazi che per loro stessa vocazione (collocazione territoriale, storia, caratteristiche fisiche) sono divenuti di uso civico e collettivo, per il loro valore di beni comuni» e quindi restituiti alla vita quotidiana e alla città intera per tutelarli, scongiurare che possano essere alienati e consentire che vengano amministrati in forma diretta da collettività/comunità di riferimento, senza lucro privatistico e al fine esclusivo di indirizzarli al soddisfacimento dei diritti dei cittadini.
Esemplare l’esempio dell’ex Asilo Filangieri – edificio storico patrimonio Unesco nel cuore di Napoli e anche demanio comunale, abbandonato dopo il terremoto del 1980 – che dal 2 marzo 2012 si è trasformato in uno spazio aperto dove si va consolidando una pratica di gestione condivisa e partecipata di uno spazio pubblico dedicato alla cultura, in analogia con gli usi civici: una diversa fruizione di un bene pubblico, non più basata sull’assegnazione a un determinato soggetto privato, ma aperto a tutti quei soggetti che lavorano nel campo dell’arte, della cultura e dello spettacolo e, in maniera partecipata e trasparente, attraverso un’assemblea pubblica, condividono i progetti e coabitano gli spazi.
Grazie al provvedimento della giunta comunale, attraverso il regolamento per la gestione dei beni comuni pubblici, l’Asilo da luogo occupato è ora luogo di cultura aperto a tutti, di sperimentazione comunitaria e un’importante esperienza pilota, riconosciuta dalla delibera comunale per «l’alto valore sociale e economico generato dalla partecipazione diretta dei cittadini alla rifunzionalizzazione degli immobili».

CIAMPINO

Ciampino (Comune di oltre 38 mila residenti), invece, un folto gruppo di associazioni, comitati e semplici cittadini – su proposta di “Ciampino Bene Comune”, una delle oltre mille organizzazioni aderenti al Forum nazionale Salviamo il Paesaggio – si è fatto portavoce di un’iniziativa per la tutela dell’area della «Tenuta del Muro dei Francesi», in stato di abbandono e soggetta a continui crolli.
Nell’ottobre 2016 è stato notificato al Sindaco l’invito perentorio a iscrivere formalmente l’area al patrimonio comunale, in quanto bene abbandonato, ricordando al Primo cittadino il suo dovere di intimare ai proprietari la richiesta di indicare la propria disponibilità a riattivare, entro 150 giorni, la funzione sociale dei beni abbandonati ed in parte crollati; in caso di mancata risposta o di rifiuto, il Sindaco potrà quindi procedere all’iscrizione di quei beni al patrimonio comunale.
L’intimazione fa riferimento al comma 2 dell’articolo 42 della Costituzione  secondo il quale “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”, e alla funzione sociale non assicurata dai proprietari che, «contravvenendo al loro dovere, li hanno abbandonati facendo venir meno la “tutela giuridica” dei loro preesistenti diritti proprietari sicchè questi beni medesimi non hanno più un titolare e, ai sensi dell’articolo 827 del codice civile, in combinato disposto con il citato articolo 42 della Costituzione, sono tornati nella “proprietà collettiva del Popolo di Ciampino».
Al momento non si registrano reazioni da parte del Sindaco, ma i cittadini sono all’erta e pronti a ricorrere al TAR del Lazio in caso di sua inottemperanza.

SAN GIORGIO DI PESARO

San Giorgio di Pesaro (piccolo Comune di poco meno di 1.400 abitanti), nel febbraio 2016 il consiglio comunale ha approvato una delibera per fronteggiare il preoccupante fenomeno degli edifici abbandonati nel territorio, cioè quegli immobili che si trovano in grave stato di degrado urbano, di incuria volta a determinare pericolo per la sicurezza, la salubrità e l’incolumità pubblica e che non siano mantenuti e utilizzati da più di 10 anni.
Si tratta di un regolamento mirato all’acquisizione al patrimonio comunale, alla riqualificazione e al riuso, anche attraverso la cessione a terzi, di beni in stato di abbandono e, anche in questo caso, si rapporta alle norme del codice civile sulla proprietà «subordinate alle norme di ordine pubblico economico immediatamente percettive degli articoli 41, 42 e 43 della Costituzione che sanciscono la prevalenza dell’utilità sociale e della “funzione sociale della proprietà” sull’interesse privato».

Con l’espressione “beni comuni” la delibera considera «quei beni a consumo non rivale, ad uso non esclusivo ma esauribile, che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali e al libero sviluppo dei cittadini che possono formare oggetto di fruizione collettiva».

Poche settimane fa il sindaco di San Giorgio di Pesaro, Antonio Sebastianelli, ha emesso tre ordinanze: se non otterranno risposta, dopo 120 giorni scatterà l’acquisizione per fini pubblici e il Comune «provvederà d’ufficio ad eseguire gli interventi necessari con spese a carico dei proprietari o aventi diritto. In caso di mancanza delle risorse finanziarie necessarie a coprire i costi di intervento coattivo, attestato dal responsabile del settore contabile, il Comune avrà la facoltà di imprimere all’immobile una destinazione d’uso pubblica ai fini della conseguente acquisizione al patrimonio dell’Ente».
Tre casi indubbiamente differenti ma con una matrice profondamente solida e unificante, che danno la misura di una possibilità applicabile ovunque: nelle grandi città metropolitane, in Comuni di media dimensione, in ognuno dei circa 6 mila municipi del nostro Paese al di sotto dei 5 mila abitanti (che rappresentano il 72 % dei Comuni italiani). Senza dimenticarci una proposta di legge presentata dalle Onorevoli Chiara Di Benedetto e Claudia Mannino del Movimento 5 Stelle: “Disciplina della funzione sociale della proprietà, in attuazione dell’articolo 42 della Costituzione” (n° 2805, presentata l’8 gennaio 2015).
Possiamo ora attendere gli sviluppi che, nelle prossime settimane, si registreranno a Napoli, Ciampino e San Giorgio di Pesaro.
Oppure possiamo immaginare un diverso futuro per tutti quegli immobili – pubblici e privati – che popolano la città o il Comune in cui siamo residenti e dare il via a una nuova azione (proprio a casa nostra …), che funga da effetto moltiplicatore e trasformi in un potente strumento civico un fondamentale articolo della Costituzione, mai – purtroppo … – correttamente applicato.

A noi e a voi il compito di “cogliere l’attimo”: il cambiamento, ora, è decisamente un “affare nostro”…


di Alessandro Mortarino

Ex-Asilo-Filangieri

Qui potete leggere e scaricare:

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Nota integrativa di Claudio Martinotti Doria: 
"Le iniziative pubbliche qui riportate sono estremamente interessanti, non solo nell’applicazione effettiva degli articoli della Costituzione indicati e finora solo teorizzati, ma nel coinvolgimento organico e responsabilizzazione delle componenti sociali urbane e bioregionali nelle operazioni di recupero, riutilizzo e manutenzione sociale e pubblica dei beni immobili di pubblico interesse (che versano in condizioni di degrado, abbandono ed incuria, da parte della proprietà privata), svolgenti una preziosa azione di aggregazione sociale e formazione e fruizione culturale. Esempi che spero abbiano un seguito in altre parti d’Italia fino a divenire pratica comune, rivitalizzando ogni territorio. (Claudio)"

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