domenica 18 dicembre 2016

Produzione energetica da biomassa. Vantaggi e svantaggi


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La biomassa come materia prima rinnovabile prodotta per biosintesi è oggi oggetto di particolare interesse sia a fine di risorsa alimentare sia di substrato per processi biotecnologici produttivi. Una politica di produzione energetica basata su biomassa richiede grandi quantità di terra e di acqua e si combinerebbe assai bene con la crescita delle attività agricole, ma d’altra parte creerebbe problemi in termini di erosione del suolo, mancanza d’acqua e perdita di nutrienti. In aggiunta la conversione degli ecosistemi naturali in piantagioni finalizzate a produzioni agricole per biomassa altererebbe l’habitat naturale favorendo le monoculture più facilmente aggredibili da insetti.

La produzione di etanolo da grano e materie alimentari per produrre gasolio contrasterebbe con elementi etici connessi al principio di bruciare cibo (si pensi alle campagne sulla “fame nel mondo”), per le automobili. Quali sarebbero gli impatti sulla conservazione delle specie per piante impiegate in processi biotecnologici perché ricche di zucchero o di amido? La definizione della vita come un lasso di tempo che ne limita geneticamente la durata minimizza l’importanza dell’ambiente nel determinare tale durata. In più esso implica che le limitazioni genetiche siano immutabili, che i geni non possano essere modificati, il che è sostanzialmente falso. Le tecniche di ingegneria genetica sono largamente utilizzate per identificare e manipolare geni che controllano i processi di invecchiamento, e quindi di estinzione e rinnovamento, in un gran numero di organismi. Un certo numero di tali geni è stato identificato nei lieviti, il più semplice modello eucariota per studiare l’invecchiamento. Quando uno di questi geni è estromesso il tempo di vita si allunga del 50%. Quando poi si è visto che tale gene ha una sequenza genetica simile ad una di quelle che si ritrovano nell’uomo, l’interesse per questa scoperta si è amplificato.

Lo stesso principio può essere applicato ad altre specie animali e vegetali con conseguenze determinanti ai fini della sopravvivenza e dei livelli di biodiversità.

C’è poi l’aspetto curativo delle biotecnologie: poiché esse vengono applicate alla cura delle malattie con sempre maggior frequenza. Sempre più numerosi sono i tentativi di ritardare l’invecchiamento e di modificare la durata della vita dell’uomo e di altre specie.

La tecnica finora usata per la selezione delle nuove varietà di piante è basata sulla ricombinazione sessuale. Nei microrganismi, come anche nelle piante la ricombinazione origina nuove forme che vengono successivamente selezionate mediante coltivazione ed esame delle caratteristiche di ciascuna. E’ un lavoro lunghissimo, perché ogni fase richiede un ciclo di coltura e le piante per crescere richiedono molto tempo.

La possibilità di ottenere cellule vegetali in coltura, di trasformarle in protoplasti, di fonderli e di rigenerare quando si vuole la pianta, insieme con le possibilità offerte dall’ingegneria genetica, hanno destato molto interesse tra gli studiosi di genetica vegetale. Solo negli USA, sullo stimolo delle nuove tecnologie, sono sorte oltre 40 società di ricerca che si interessano di questi problemi. Si vedrà che, se le tecniche più specifiche come l’ingegneria genetica, pur avendo ottenuto apprezzabili risultati applicativi, sono ancora relativamente lontane da risultati applicativi, questi sono una realtà nel caso di tecniche più affermate quali la selezione di cellule mutate e la fusione di protoplasti.

La possibilità di produrre facilmente piante con caratteristiche differenti è stata sfruttata selezionando tra le piante ottenute quelle dotate di caratteristiche utili. Ad esempio la canna da zucchero è attaccata da Helminthosporium sacchari, un fungo che produce una tossina dannosa alla pianta. Piante di canna da zucchero ottenute mediante rigenerazione di cellule indifferenziate sono state trattate con una soluzione di tossina prodotta dall’agente patogeno. Una percentuale molto elevata di esse (15-20%) era resistente alla tossina e tra queste un buon numero era resistente all’attacco del fungo. L’azione della tossina cominciava ad essere contrastata con una forma di “vaccinazione” metodologicamente esportabile ad altri casi ed ad altre situazioni.

Luigi Campanella
Dipt. Chimica Università “La Sapienza”, Roma


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(Fonte: A.K. Informa N. 51)



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