lunedì 4 gennaio 2016

Lombrichi... per salvare la Terra



Tutti i giardinieri e gli agricoltori sanno che i lombrichi fanno bene al terreno. L'humus di lombrico, o vermicompost, è infatti considerato dai coltivatori esperti, come la “crème de la crème” del compost. Ma per i coltivatori della cooperativa di caffè Nahualà, dei villaggi di Pasac e Xejuyup, tra le montagne del dipartimento di Sololà, in America centrale, i lombrichi sono divenuti anche un alleato insperato per la lotta ai cambiamenti climatici.

Attualmente, la cooperativa, certificata Fairtrade, conta 125 famiglie, che coltivano i pendii montuosi tra i 1200 e i 1800 metri sul livello del mare, dove crescono gli alberi di caffè Arabica, varietà Bourbon, che producono fino al 30 per cento in più, rispetto alle altre varietà, ciò che ha contribuito a portare stabilità e sviluppo economico a tutta la comunità.

Ma il cambiamento climatico sta rappresentando una sfida sempre più grande, anche per loro. Nel 2012 c’è stata una disastrosa epidemia provocata dalla ruggine del caffè, l’Hemileia vastatrix, o roya, che si è diffusa in tutta l'America Latina e nei Caraibi, causando grandi perdite di raccolto. All'inizio del 2013, il Guatemala ha dichiarato lo stato di emergenza agricola, dato che quasi i 3/4 del raccolto di caffè nel Paese, sono stati rovinati da questo fungo ed è ormai  noto che c'è un legame molto stretto tra la malattia, il cambiamento climatico e la scarsa qualità del suolo. “Il suolo è vulnerabile sia all'erosione che alla siccità. I nostri nonni raccontano che cinquant'anni fa la terra era molto fertile e i raccolti erano ricchi – dice il coltivatore Juan – ma ora la produzione non è più così buona.”

Fortunatamente la roya non sopravvive a temperature inferiori ai 10 gradi e per questo le coltivazioni vengono spostate sempre più in alto sulle montagne, dove un clima più freddo e secco permette di controllare la malattia, ma bastano minime variazioni della temperatura, delle piogge e dell'umidità per danneggiare i raccolti. Ecco che allora sono entrati in azione i lombrichi: “Usiamo la polpa o la buccia delle bacche del caffè, o quando non è disponibile, le erbacce e i resti organici della cucina, per nutrire i vermi. Gli agricoltori si caricano in spalla un sacco con cinquanta chili di fertilizzante organico e lo portano nei campi. È un grosso lavoro per la comunità, ma vogliamo recuperare quello che abbiamo perso e lasciarlo in eredità ai nostri figli” racconta Juan..

I lombrichi, in un giorno, possono mangiare una quantità di cibo pari al loro peso corporeo, restituendo, poi, molte sostanze nutritive utili alle piante (azoto, potassio, fosforo, calcio e manganese), e micro-organismi, che migliorano il terreno, così, il vermicompost, che contiene anche molto acido umico, ne migliora  la struttura. Risultato: un suolo di buona qualità, ricco di nutrienti, che può respirare, trattenere l'acqua e che si drena bene, significa piante di caffè che crescono forti, sane, produttive e più resistenti alla temuta ruggine.

Arricchire il terreno delle piantagioni con il vermicompost non è però l'unica arma degli agricoltori, perché il caffè possa crescere all'ombra di una natura lussureggiante, hanno piantato alberi ad alto fusto ed hanno diversificato le colture inserendo le banane e il maxàn (le cui foglie si avvolgono attorno ai tamales), che rispondono meglio alle mutevoli condizioni climatiche, o i fagioli che aiutano a fissare l'azoto nel terreno.

Juan e i suoi colleghi agricoltori sanno che, probabilmente, i lombrichi non risolveranno totalmente i problemi legati al cambiamento climatico, ma ormai sono certi che possono contribuire a proteggere le loro coltivazioni: "Come i bambini malnutriti sono più vulnerabili alle malattie - spiega Juan - così sono le piante che non hanno accesso ai nutrienti nel terreno, ma se vengono nutrite con quello di cui hanno bisogno e sono sane, possono resistere anche alla ruggine del caffè".


(Fonte: A.K.)

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