mercoledì 18 novembre 2015

Foresta del Cansiglio - Salvare gli alberi per salvare l'uomo...


Sono ogni giorno più allarmato e indignato dalle sempre più frequenti esternazioni a mezzo stampa della Giunta Regionale veneta sull’intenzione di vendere a privati il “cuore del Cansiglio”.
Il governatore Zaia ha annunciato che la vendita di molte proprietà regionali partirà dal Cansiglio, con l’albergo S. Marco, ma temo che sarebbe solo la prima di una lunga serie di vendite per far cassa o di cessioni per accontentare vari Comuni sempre più pressanti.
Infatti la Regione ha istituito per il Cansiglio, prima delle elezioni, un “tavolo di concertazione” con i Comuni. In teoria poteva essere l’inizio di un coinvolgimento positivo delle comunità locali, ma si sta trasformando in un boomerang con il rischio di uno stravolgimento inaccettabile: non un supporto alla crescita delle comunità locali, ma svendita al miglior offerente.

E tutto questo viene giustificato con la scusa della crisi economica e della mancanza di risorse, ma in realtà questa vendita permetterebbe di realizzare solo una manciata di milioni di euro.
Dunque questo è il peso dei politici veneti a livello nazionale?
Ma se passerà questa vendita, allora si sarà rotta una diga e, al di là delle promesse degli attuali assessori (chi se ne ricorderà o le rispetterà fra cinque o dieci anni?) per cui in questa fase di emergenza si vende “solo” questa parte, tutto il patrimonio culturale e ambientale del Veneto sarà in pericolo.
Ora tocca al Cansiglio, poi sarà il turno di Vallevecchia-la Brussa, della Foresta di Giazza, delle Riserve del Monte Baldo e così via.
Ma è concepibile che l’Antica Foresta del Cansiglio, uno dei luoghi principali dell’identità veneta, il Gran Bosco da Reme della Serenissima Repubblica di Venezia, che ha resistito integro per oltre 1000 anni, un luogo sacro alla memoria della Resistenza, possa venire smembrato e venduto al miglior offerente?
Vogliamo che con la devastazione della foresta inizi anche lo sbriciolamento del territorio?
La Foresta del Cansiglio è un’area di utilità pubblica e naturalistica con una evidente pluralità di funzioni che sono principalmente:
1. la conservazione degli aspetti naturalistici e storico-culturali;
2. l’educazione ambientale;
3. la fruizione turistico-ricreativa;
4. la protezione del suolo e dei versanti dall’erosione;
5. la produzione di prodotti del settore agricolo-zootecnico.
Conserviamolo quindi per le generazioni future!
Come cittadino di origine veneta chiedo al Presidente della Regione, alla Giunta regionale, al Consiglio regionale tutto che nessuna parte dell’Antica Foresta del Cansiglio venga venduta. Altra cosa è invece cedere in affitto, anche per un tempo lungo e comunque per finalità compatibili con l’importanza sia naturalistica che storica di questo patrimonio regionale, che quindi è di tutti, non di pochi privilegiati.
Come cittadino di origine veneta (da parte di madre) chiedo che la Foresta del Cansiglio venga valorizzata attraverso la creazione di un’Area Protetta e venga avviata la richiesta per il riconoscimento di Patrimonio Culturale dell’Umanità -UNESCO.

Paolo D’Arpini *
* Referente della  Rete Bioregionale Italiana
Via Mazzini 27 - Treia (Mc) - Tel 0733/216293

Notizie storiche sulla Foresta del Cansiglio:
Scriveva il naturalista Pino Sartori: “Il Cansiglio è un ambiente naturale di grandissimo pregio, caratterizzato profondamente, in ogni sua parte, da una unità fisica e biologica indissolubile, un testimone fondamentale dell’ecologia degli ambienti della fascia prealpina, un emblema storico e del paesaggio Veneto, insomma un patrimonio unico e irriproducibile della terra veneta”
Il Bosco del Cansiglio venne acquistato dalla Serenissima, con atto del Doge Francesco Donato, il 28 luglio 1548. Quindi fino alla caduta della Repubblica Serenissima nel 1797, il Cansiglio fu regolato da leggi severe e previdenti sia nei riguardi degli utilizzi del legname, sia nel controllo rigido del pascolo; infatti più volte fu eseguita la “caratazione”, cioè la individuazione e la stima delle superfici, dei pascoli ricompresi nella foresta in uso da tempo alle popolazioni limitrofe.
Nei secoli l’estensione della foresta ha subito forti diminuzioni: dai 57.000 ha stimati per il XVI secolo, ai meno di 7.000 dei giorni nostri… 

…………….
Per coloro che metterebbero in pericolo la foresta
Gli spiriti degli alberi abbattuti,
gli spiriti delle piante, gli spiriti del muschio, gli spiriti della roccia
ti affidano un inferno
senza uccelli, un arido inferno di scorta dove
il tuo nome non sarà noto –
sarai conosciuto come desolazione,
distruttore di pianeti, anima solitaria che
vive senza l’amicizia della vita,
senza il conforto delle specie –
i fantasmi di coloro che hai
messo da parte ti seguiranno appena
ti muoverai verso aridità, polvere
e cieli vuoti –
di sicuro la bontà e la pietà
lasceranno intatta la tua vita miserabile,
come se tu abitassi per sempre in
una terra senza vita,
cercando di ricordare il suono
degli uccelli, il suono del vento,
il suono del tuo cuore.
(Gary Lawless)


Appello in difesa del Cansiglio 

L’incontro in Cansiglio è un appuntamento consolidato di verifica sulle prospettive dell’area Cansiglio-Piancavallo, oggetto di pressione da chi vorrebbe lo sfruttamento di un territorio di grande pregio, che va tutelato. Finora, grazie alla nostra attenzione, ci siamo abbastanza riusciti.
Il Club Alpino Italiano e del FVG guardano con preoccupazione le notizie che si leggono sulla stampa: esili strade forestali da far diventare strade turistiche in quota, costruzione di laghi artificiali che modificano il paesaggio e strutture abbandonate al degrado perché costa rimuoverle; nuovi ampliamenti o nuovi poli sciistici anche in FVG, legati a un ipotetico sviluppo turistico invernale per cui si prevedono continui investimenti pubblici.
Una politica vecchia, difficile da modificare; un chiodo fisso trasversale alle forze politiche, mentre alla montagna serve altro.
Ci sono stati anni in cui sembrava di aver scoperto che investire su sci e seconde case fosse una soluzione per la rinascita del paese. Un po’ lo è stato, ma oggi l’insistere su questa teoria ci riporta ad un’economia incerta, alla spietata concorrenza anche fra vicini. La situazione climatica e una società in crisi economica dovrebbero far riflettere. Il guaio è che i cocci del degrado resteranno per le generazioni future. Quante risorse pubbliche, quanti danni ambientali, quali i risultati e per quale futuro fino ad oggi si è deciso?
Se si vuol inserire all’art.1 della Costituzione il valore della bellezza per difendere il paese dal degrado e dalla speculazione per ridare un valore anche al territorio, si cominci ad agire da subito in questa direzione: tutela, educazione, rispetto, piacere di osservare e imparare.
Qui c’è in un’area di grande pregio naturalistico, ambientale e la politica sembra non accorgersene.
Nostro compito è far riconoscere questo patrimonio collettivo, continuare a difenderlo per preservarlo, tutelarlo, non stravolgerlo, per il bene delle prossime generazioni; migliorare la gestione del turismo nelle aree protette, tenendo conto dell’ambiente in cui si opera.
Vanno sollecitate la politica locale, quella regionale e le attività economiche, soprattutto nei poli sciistici; aiutare le riconversioni delle aree degradate per riportarle ad aree di pregio. Guardare avanti, con una visione di lungo respiro dell’economia montana, promuovere cultura e identità dei luoghi.
Diversi trattati europei indicano questa direzione e diversi sono i programmi finanziabili per raggiungere l’obiettivo della riconversione intelligente dei territori alpini.
A Piancavallo si pensa, ma non si fa, si dice “sarebbe bello”, ma non si progetta un diverso modello che funga da richiamo. Si agisce in modo individuale e per questo non serve molto impegno. È più facile chiedere investimenti alla vecchia maniera. Un modo purtroppo convincente, che crea consensi immediati, anche ai politici di tutti i colori, ma chi pagherà sarà la collettività di oggi e domani.
La proposta del Club Alpino è, perciò, investire per riqualificare e dare prospettive diverse alla montagna così che gli abitanti abbiano interesse a riprendere cura dei territori abbandonati e si recuperi il paesaggio che, fuori controllo, è aperto a iniziative che con la montagna hanno poco a che vedere.
Senza una politica attiva per la montagna e misure di protezione adeguate, prevale il consumo accelerato di risorse naturali; la montagna và aiutata con sobrietà, favorendo un’economia collaborativa e solidale. La partecipazione degli attori locali, per uno scambio di esperienze nell’arco alpino, può mettere i bisogni delle persone e della natura al centro delle buone pratiche, offrendo la possibilità di ricreare quella vita sociale capace di migliorare la qualità della vita nei paesi in montagna.

di Antonio Zambon* 
*presidente CAI Friuli Venezia-Giulia

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