venerdì 21 agosto 2015

Sahara versus Italia: "pulvis in pulvis"



L’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (ISAC) del Consiglio nazionale delle ricerche ha sviluppato – nell’ambito del progetto ‘Diapason’ – un software per calcolare il carico di PM10 di origine sahariana. Lo studio pilota nel Lazio mostra una diminuzione negli ultimi 10 anni, sia per i cambiamenti climatici sia per il minore utilizzo delle automobili, ma evitare il superamento dei limiti previsti dalla legge rimane una priorità per contenere i costi delle sanzioni

L’Europa è regolarmente raggiunta da aria proveniente dal Sahara, che porta con sé le frazioni più fini delle sabbie desertiche, e l’Italia si trova al centro di queste correnti, con ondate di calore e le note ricadute di ‘piogge rosse’ che spesso concorrono al superamento dei limiti di legge sanzionati dall’Europa per il PM10, ovvero l’insieme di polveri inquinanti di diametro inferiore a 10 µm, quindi facilmente inalabili.

Il progetto ‘Diapason’ (Desert-dust impact on air quality through model-predictions and advanced sensors observations), coordinato dall'Isac-Cnr e finanziato dal programma europeo LIFE+ 2010, ha l’obiettivo di identificare le polveri di origine ‘naturale’ per defalcarle dal computo annuo del PM10.

L'istituto del CNR ha sviluppato un innovativo sistema semi-automatico per raccogliere, organizzare e memorizzare le informazioni necessarie per l’identificazione delle polveri di origine sahariana. In particolare, il software analizza le informazioni raccolte, crea un database degli eventi sahariani e quantifica i loro effetti sui livelli di PM10. Il sistema è distribuito gratuitamente alle agenzie che si occupano della qualità dell’aria. Gli studiosi inoltre, in collaborazione con alcune aziende europee, hanno sviluppato sistemi laser-radar automatizzati in grado di sondare l’atmosfera fino a 10 km di altezza e riconoscere la presenza di nubi di polveri minerali.

“Uno studio che abbiamo effettuato nel Lazio quale regione ‘dimostrativa’ utilizzando Diapason ha mostrato che nel 2004-2014 il carico medio di PM10 è diminuito da 48 a 26 µg/m3, in funzione sia di variazioni meteo sia della crisi economica, che ha comportato un minore utilizzo delle automobili. Nel medesimo decennio il carico annuo di polveri di origine sahariana è sceso da 1.9 a 1.6 µg/m3 nelle aree rurali e da 2.3 a 1.1 µg/m3 nell’area urbana di Roma: riduzioni che hanno portato ad una diminuzione del 60-70% dei superamenti della soglia sanzionabile di 50 µg/m3”, ha detto sempre il ricercatore del CNR. Il problema non è però risolto. “Per il 2020 le concentrazioni di PM10 sono previste in risalita di circa il 15%. E, ad oggi, 12 delle 37 stazioni di misurazione dell’inquinamento dell’aria laziale registrano più dei 35 superamenti annui fissati dalla Eu come limite, mentre 10 stazioni, di cui 5 a Roma, presentano più di 40 superamenti per anno”. 

Fonte: Arpat

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