martedì 31 marzo 2015

«Ha da passa' 'a nuttata» - Significati reconditi, esoterici e psicologici, dell'Eclisse di Sole



Come è successo per l'annunciata fine del mondo, al termine del calendario Maya, anche  l’eclissi di Sole, del 20 Marzo scorso, ha scatenato una ridda di ipotetiche cause e conseguenze. Ora che l'evento è trascorso possiamo pubblicare  questo articolo sul significato “nascosto” del fenomeno più studiato dalle osservazioni astronomiche, che ha portato in diverse zone dell’Europa, se pur per poche ore, a una riduzione della luce oltre il 70%.



L'eclissi di sole è solo un evento astronomico? Le forze sinistre si scatenano...

In tutte le tradizioni sacre di Oriente e di Occidente l’eclissi, nella quale la Luna si interpone tra il Sole e la Terra, ha sempre un significato molto sinistro e nefasto. La luna intercetta la Luce del Sole, Luce donatrice di Vita, di Sapienza e di Ordine, e durante l’eclissi i demoni prigionieri della Terra si liberano temporaneamente dai loro ceppi, dilagano e cercano di sopraffare l’umano: cercano di distruggere l’ordine cosmico riportandolo al caos. Durante le eclissi molte confraternite occulte deviate eseguono riti particolarmente efferati e cruenti. Io non andrei dietro alla moda sciocca e superficiale della New Age con il suo piatto e trasognato ottimismo. È vero il contrario: questi sono momenti di grandissimo pericolo!

Questo scrisse Massimo Scaligero in “Kundalini d’Occidente”:

“Mediante la concentrazione, tali sperimentatori immettono nel
pensiero la volontà e scoprono che la luce del conoscere è il fluire
stesso dello Spirito al quale un tempo, in vite precedenti, andavano
incontro mediante samadhi, o estasi. Tale fluire intercettato oggi
nell’uomo dall’organo cerebrale, si presenta come una corrente di vita
paralizzata: come la luce del Sole oscurata dal frapporsi della Luna
quando si verifica l’ecclissi. L’analogia è reale, perché all’ecclissi
della luce cosmica prodotta dall’organo cerebrale nell’uomo, risponde
una sorta di tregenda degli istinti: qualcosa di simile a ciò che su
un altro piano avviene sulla Terra durante l’ecclissi totale di Sole:
i demoni inferi si scatenano e tendono a sopraffare l’umano”.

E, partendo delle tradizioni vediche della Madre India, si può
affermare che nei tempi moderni si ha tendenza a presentare al grande
pubblico l’eclissi di Sole come un puro evento astronomico: uno
spettacolo naturale da contemplare a naso in su in tutta neutralità,
muniti di appositi occhiali dalle lenti scurite. In realtà – almeno
nella dimensione spirituale, che per me è più reale della favola
materialistica che ci vogliono far credere – l’eclissi di Sole ha un
aspetto assai inquietante.

Lo sapevano tutte le tradizioni antiche, che gli attribuivano risvolti
demoniaci. La mancanza della luce solare sulla Terra è sempre stata
annessa ad un intensificarsi della presenza delle Tenebre, ad uno
scatenarsi di potenze infere .Nella tradizione vedica – una delle mie
amate – durante l’eclissi solare i demoni (Asura) Rahu e Ketu
(corrispondenti in astronomia ai due nodi lunari nord e sud, la Testa
e la Coda del Drago) prendono la loro rivincita sul sole
spadroneggiando indisturbati nel cosmo. Questi due nodi lunari, che
sono i due punti di intersezione tra l’orbita lunare attorno alla
terra e l’orbita terrestre attorno al sole (che anche Steiner e
l’Astrosophia tengono in grande considerazione) sono due “porte” dalle
quali forze demoniache annientatrici possono entrare sulla Terra.
Rahu, il nodo nord o Caput Draconis, in particolare è in relazione a
distruzione, guerre, epidemie, egoismo estremo, confusione ed oscurità
interiore.

Hugo De Paganis


lunedì 30 marzo 2015

Imparare dalla preistoria - Archeologia sperimentale a Prato il 20 e 21 giugno 2015

20 e 21 giugno 2015, Città di Prato - Imparare dalla preistoria


Il corso è rivolto ad archeologi, studenti di Scienze Umanistiche e
Naturali, insegnanti, operatori museali, guide archeologiche,
naturalistiche, ambientali o turistiche, operatori culturali,
praticanti survival o semplici appassionati. Tale corso tratta la
tecnologia dell'Uomo nella Preistoria.

All'interno di esso verranno affrontati diversi procedimenti
tecnologici dei nostri antenati.

Programma di massima:


PRIMO GIORNO: Riconoscere le materie prime adatte alla scheggiatura
(la selce, il diaspro, l'ossidiana, le quarziti...); analizzare le
varie tecniche di scheggiatura (diretta, indiretta, pressione e
ritocco) e le regole che determinano la scheggiatura. Verranno
spiegati alcuni strumenti in uso nel paleolitico come il chopper,
l'amigdala, la lama, il raschiatoio, il grattatoio, ecc...
Successivamente i partecipanti proveranno a produrre una scheggia a
percussione diretta dura da un nucleo di selce e, attraverso il
ritocco a pressione, qualche strumento che servirà per realizzare la
cruna dell'ago durante il corso.

Ai partecipanti verrà data la possibilità di realizzare una cordicella
ritorcendo budella di animali. Vedremo quali sono gli usi e i vantaggi
del fuoco, oltre alle tecniche di accensione (con percussione e
frizione), attraverso la dimostrazione e le prove pratiche. Si parlerà
dell'arte paleolitica, dei colori minerali e verranno presentati
l'ocra e altri ossidi e minerali; si spiegherà la loro preparazione
per l'utilizzo, così come quella dei pennelli, tamponi e delle
cannucce per la pittura a spruzzo.

SECONDO GIORNO: La lavorazione del palco di cervidi e dell'osso.
Verranno spiegati i vari metodi di come producevano i supporti d'osso
o di palco per realizzare vari strumenti come aghi, punteruoli,
arpioni, ami da pesca. Seguirà la realizzazione di un ago d'osso con
relativa cruna per mezzo della levigazione su pietra di arenaria e
foratura con il becco che i partecipanti avranno realizzato il primo
giorno attraverso il ritocco su una lamella di selce. Spiegazione dei
vari metodi di trapanatura per produrre fori su vari materiali:
utilizzeremo il becco, punta immanicata, trapano ad archetto, trapano
a volano. Prova pratica.

La caccia: analizzeremo quali erano gli scenari di caccia durante
l'ultima glaciazione e verrà spiegato e provato il propulsore. Si
finirà con eventuali domande da parte dei partecipanti.

I corsisti al termine dello stage avranno sperimentato personalmente
le varie attività e quindi saranno pronti per svolgere laboratori a
terzi sulla scheggiatura della selce, sull'accensione del fuoco con le
pietre focaie, su come usare i colori, sulla realizzazione di aghi
d'osso, sulla realizzazione di perforatori, grattatoi e raschiatoi in
selce, sulla produzione di cordicelle in budello e sul funzionamento
dei vari trapani in uso nella Preistoria. Se vi interessa in modo
particolare su uno dei sopra citati argomenti, potete comunicarmelo
per un approfondimento, nei limiti di tempo disponibile. Durante lo
stage, verranno illustrate le norme sulla sicurezza e le regole per
poter presentare le varie tecnologie ad un pubblico di ragazzi o
adulti in totale sicurezza. Inoltre potrò fornire materie prime come:
pietre focaie, selce, steatite e carbonato di calcio per realizzare
monili, ocra rossa o gialla. Gli oggetti prodotti durante lo stage
rimarranno ai partecipanti.




Per info scrivere a: info@archeologiasperimentale.it

domenica 29 marzo 2015

Brescia, 22 e 23 aprile 2015 - Le Tre Agricolture

Nei giorni 22 e 23 aprile 2015 si terrà, presso la Fondazione Luigi Micheletti di Brescia, micheletti@fondazionemicheletti.it, un convegno sulle "tre agricolture", quella industriale, quella "biologica" e una "agricoltura ecologica" che potrebbe risolvere molti problemi oggi insoluti. In vista di tale iniziativa è stato preparato un "Manifesto di Brescia" che qui si trascrive: eventuali adesioni possono essere inviate a nebbia@quipo.it.


Manifesto di Brescia 
 
Per tempi lunghissimi l’agricoltura contadina è stata in grado di soddisfare i bisogni umani di cibo e di materiali attraverso un legame organico con la natura, con l’energia solare, con i gas dell’atmosfera, con l’acqua, con la terra, con gli animali,  e come tale sopravvive in molti paesi dell’America Latina, dell’Asia e dell’Africa.

Negli ultimi due secoli si è verificata una rottura dei vincoli naturali con l’avvento di una modernizzazione che ha promesso di soddisfare i bisogni fondamentali di popolazioni in rapida crescita  attraverso l’industrializzazione dell’agricoltura, dell’allevamento e pesca, nonché della trasformazione e distribuzione degli alimenti.

Tale industrializzazione, facendo perno sulla meccanizzazione, sull’impiego di sostanze chimiche come concimi e pesticidi e su una selezione genetica orientata alle varietà a resa elevata, si è imposta nei paesi di più antico e consolidato sviluppo, come quelli europei e americani, con una forza capace di travolgere tutte le resistenze. L’agricoltura, nella visione corrente, è così diventata un reparto dell’industria, adottandone la logica di standardizzazione, uniformazione, economie di scala, espulsione e precarizzazione della manodopera.

L’agricoltura industriale si è imposta nei paesi capitalisti e nelle loro colonie, così come nei paesi socialisti o ex comunisti; il progresso dell’agricoltura industriale è stato presentato e visto come l’unica via percorribile per debellare la fame e la povertà, alimentare una popolazione mondiale in continua espansione demografica, consentire a tutti di poter godere del benessere che la produzione industriale nel suo complesso era in grado di mettere a disposizione.

L’agricoltura odierna non è più soltanto industriale ma tecnico-scientifica, non è più solo questione di meccanica, chimica e genetica tradizionale ma di biotecnologie, con intrecci inestricabili tra centri di ricerca e aziende chimiche e farmaceutiche, Stati, organismi sovranazionali, capitali di rischio, speculazioni sulle derrate, privatizzazione e commercializzazione di ogni risorsa naturale (e umana).

L’industrializzazione ha influenzato anche la distribuzione alimentare attraverso l’affermarsi dilagante delle catene di “supermercati” e la creazione di complesse filiere logistiche e di trasformazione lungo tutto il sistema agro-alimentare, oggi in gran parte  globalizzato e finanziarizzato.

Questa macchina sostenuta da una formidabile azione pubblicitaria, talvolta mascherata da informazione scientifica, presenta delle crepe e vibrazioni pericolose, sembra procedere alla cieca orientata solo dalla logica del profitto, creando guasti eccessivi sul suolo su cui  poggia, nella sua avanzata arreca danni alle forme viventi  e alle stesse persone che trascina nella sua marcia apparentemente inarrestabile.

Il sistema agro-industriale nella sua versione più avanzata è insostenibile per l’ambiente, a causa dello sperpero di risorse non rinnovabili e della sempre maggiore dipendenza da esse,  per i pesanti attacchi che porta alla diversità e vitalità degli ecosistemi terrestri e marini e ai relativi paesaggi storicamente costruiti; perché non rispetta la genetica e l’etologia degli animali  e  produce alimenti di bassa qualità, minando alle radici la varietà e ricchezza delle tradizioni alimentari locali e regionali; fomenta  conflitti politici e vere e proprie guerre; toglie posti di lavoro e moltiplica i lavori precari e semi-schiavili; diffonde la cultura dell’usa e getta e del consumo senza qualità e consapevolezza; influenza negativamente la salute dei consumatori; concorre a riprodurre la disuguaglianza, creando una divisione inaccettabile tra chi ha troppo e spreca alimenti e risorse  e chi manca del cibo o deve accontentarsi di alimenti scadenti e insufficienti. E’ una macchina formidabile e in continua espansione che promette di nutrire il pianeta mentre nella realtà riproduce una struttura di spreco e di ingiustizia.

L’agricoltura industrializzata è incompatibile con l’ecosfera e la vita degli ecosistemi come appare dalle crescenti manifestazioni di cambiamenti climatici, di erosione del suolo, di perdita di fertilità e di biodiversità, di inquinamento delle acque ad opera dei residui di concimi e pesticidi e dei residui della zootecnia.

L’agricoltura  “biologica” , nata come reazione all’agricoltura industriale, sta conseguendo successi, in certi casi, superiori alle produzioni ad alta intensità di additivi chimici e geneticamente modificate. La sua crescita è accompagnata dalla maturazione del comparto produttivo, dalla crescente consapevolezza dei consumatori circa le valenze ambientali e salutistiche degli alimenti biologici, ma anche da forti compagne mediatiche sostenute da portatori di interessi particolarmente robusti, da un sempre maggiore attenzione al biologico da parte della grande distribuzione, dell’industria alimentare e, in ultimo, della finanza che stanno investendo nel settore anche attraverso lo sviluppo di catene di supermercati specializzati.

Si pone quindi il problema di una possibile convergenza tra agricoltura biologica e sistema agro-industriale. L’aumento delle importazioni in competizione con le produzioni locali e regionali, le continue deroghe come quella sulle sementi e sulle metodologie agricole e zootecniche, lo sviluppo delle aziende “miste” biologiche e convenzionali, i continui casi di frode, lo scontro istituzionale testimoniano una situazione, quella attuale,  di grande conflittualità.

La speranza è quella della creazione, a partire da una tradizione agronomica scientifica quale quella dell’agricoltura biologica italiana, di un sistema agro-alimentare ecologico, alternativo rispetto a quello industriale e finanziario,  dove agricoltori, trasformatori, distributori, consumatori non agiscono in competizione gli uni contro gli altri per interessi esclusivamente economico-monetari, ma in cooperazione per finalità fondamentalmente economico-ecologiche.

Il successo di diversi modelli agro-alimentari alternativi, in Italia come in altri paesi, testimonia che la speranza è ben riposta. Una trasformazione ecologica  dei sistemi agro-alimentari è  non solo esperibile ma anche fattibile e tangibile.

Una economia agricola rinnovata,  ecologica, può assicurare un reddito dignitoso, un lavoro soddisfacente, la sperimentazione di nuove forme di convivenza sociale e un rapporto consapevole con l’ambiente di vita. Una trasformazione legata ai prodotti e ai produttori del territorio e dimensionata ad essi , una distribuzione veramente a servizio degli agricoltori e dei cittadini e volta a limitare gli sprechi materiali ed energetici.  

L’agricoltura ecologica, rispondente ai bisogni e alle necessità dell’oggi, può e deve raccogliere e superare l’eredità sia dell’agricoltura contadina  sia di quella industriale. E’ una transizione in cui è fondamentale il ruolo delle giovani generazioni e delle donne, come lo era stato all’origine delle agricolture contadine.

La sua affermazione, passando da situazioni di nicchia a fenomeno socialmente rilevante, le consentirà di svolgere un ruolo prezioso di rigenerazione sul piano culturale, ecologico ed economico rimettendo al centro dell’operare umano il valore del saper fare e della manualità, il valore del lavoro e del suo senso, il valore delle cose e delle relazioni, il valore del tempo, dei tempi dell’attesa, del silenzio e dell’otium come opportunità di conoscenza, come capacità di godere della vita senza consumarla.

Giorgio Nebbia
Alberto Berton
Guido Pollice
Pier Paolo Poggio
Giovanna Ricoveri

sabato 28 marzo 2015

Regione Marche - IV edizione del Premio Nazionale di Poesia "L'arte in versi"


IV edizione del Premio Nazionale di Poesia "L'arte in versi" 
L’Associazione Culturale PoetiKanten in collaborazione con la rivista di letteratura “Euterpe”, Deliri Progressivi con l’Alto Patrocinio della Universum Academy – Switzerland e il Patrocinio della Regione Marche, della Provincia di Ancona, dei Comuni di Ancona, Jesi e Senigallia, bandisce la IV edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” che destinerà parte dei fondi alla Fondazione “G. Salesi” Onlus di Ancona che supporta l’attività di ricerca relativa al bambino ospedalizzato.

Come ogni anno, l'iniziativa concorsuale sposa la causa umanitaria e quest'anno si è deciso di devolvere a concorso concluso parte dei ricavi derivanti dalla vendita della antologia del Premio alla Fondazione Salesi di Ancona che si occupa delle problematiche relative al bambino ospedalizzato.

Come ogni anno la data di scadenza è fissata al prossimo 15 maggio 2015; si potrà inviare le proprie adesioni a mezzo mail a arteinversi@gmail.com o in cartaceo (come si preferisce).

Le sezioni del premio sono due: a) poesia in lingua italiana e b) poesia in dialetto (con relativa traduzione).

E' possibile partecipare con un massimo di 3 poesie.

Per qualsiasi richiesta, resto a disposizione e ringrazio per l'attenzione.

Lorenzo Spurio

Presidente del Premio Naz.le di Poesia "L'arte in versi"




venerdì 27 marzo 2015

Vita naturale, gusto del potere e "uscita dal gregge" di Andrea Bizzocchi


Se guardiamo alla storia umana, ci accorgiamo che per circa tre milioni di anni (cioè per il 99,6 per cento del nostro tempo su questo pianeta), prima degli ultimi diecimila, gli esseri umani hanno vissuto in unione simbiotica con la Natura (per Natura intendo la totalità dei viventi e dei “non viventi”, il cosmo e le virtualmente infinite interrelazioni tra tutti… insomma il Tutto). Esisteva la Natura, non le risorse. Esisteva una comunione di soggetti, non uno sfruttamento di oggetti. L’essere umano era e non possedeva. Rotto questo rapporto simbiotico abbiamo preso a possedere la terra (agricoltura), poi gli animali (pastorizia-allevamento), quindi le donne (società patriarcale) e poi chiunque altro (schiavitù, lavoro dipendente, massificazione). Queste sono tutte forme di avere e per avere devi prima controllare. L’avere presuppone il controllo. Come non bastasse, quando si comincia ad avere, l’avere non basta mai. Ed è anche logico: tolte le reali necessita fisiologiche l’avere è irreale, un semplice parto della mente. Per questo non ha limiti, per questo non basta mai. L’avere è prima di tutto un concetto, una malattia mentale. Tutto il resto sono inevitabili conseguenze.

Dicevamo che quando si comincia a possedere tutto diventa possedibile. La Natura passa dunque da elemento vivente con cui gli umani (con)vivono a magazzino di risorse che poi diventano merci. La Natura è formata da milioni e milioni di soggetti, animati e inanimati (“inanimati” per la nostra mentalità ovviamente): sono tutti diventati oggetti, e quando si comincia a mercificare qualcosa si finisce inevitabilmente con il mercificare tutto, noi umani compresi, siamo diventati “risorse umane” e la definizione non ci fa neppure orrore. La merce è per definizione un qualcosa che viene scambiato o venduto e se non ci si scandalizza della logica della mercificazione non ha senso scandalizzarsi che qualche umano (le élites che comandano ad esempio) mercifichi, oggettivizzi, cioè controlli, sfrutti, domini per arrivare eventualmente ad uccidere altri umani (oltre a tutto il resto). La mercificazione, cosi come il possedere, il dominare e lo sfruttare, è prima di tutto un concetto mentale, proprio come l’avere. Tutto il resto, fino ad arrivare all’inenarrabile squallore in cui ci troviamo oggi, non è altro che un’inevitabile conseguenza di quel concetto, di quella forma di pensiero, di quella visione della vita.

Questo processo di mercificazione, avviatosi con le prime timide forme di agricoltura e con la conseguente rottura dell’unione con la Natura, conteneva in nuce i semi della moderna economia (prima c’era l’economia del dono, che è tutt’altra cosa e che infatti non andrebbe neppure definita “economia” ma semplicemente “dono”). La nascita dell’economia avviene con i primi surplus della produzione agricola, surplus che era necessario scambiare perché poneva problemi di conservazione. Con l’avvento dell’agricoltura si rende anche necessaria una prima elementare forma di organizzazione della società umana. Nascono le società a struttura piramidale, cioè società strutturate in modo gerarchico e militare (nessun popolo della natura ha una struttura gerarchica né militare); dove siamo arrivati oggi in quanto a gerarchia e militarizzazione della società è sotto gli occhi di tutti. Da allora ad oggi abbiamo percorso una strada senza senso e soprattutto senza futuro. Le conseguenze che stiamo pagando sono quelle di un consumo spietato della Natura, di un suo degrado inarrestabile, di un analogo degrado umano.

La degenerazione contemporanea rappresenta, a tutti i livelli, l’inevitabile conseguenza di una mentalità reificatrice e dominatrice.

Che questo sistema sia pilotato dall’alto è ormai chiaro anche per i seguaci più accaniti dell’“Isola dei Famosi”. La domanda è dunque: “Ma i “piloti” sono a loro volta pilotati dal processo stesso?” Mi spiego meglio. Il denaro e l’economia, ancor prima che essere mezzi concreti di sfruttamento, sono uno schema di pensiero, una logica. Io non credo che chi sta sulla cima della piramide, cioè chi manovra il gioco, ne tragga nella sua realtà un beneficio effettivo. Chi manovra è a sua volta schiavo del “gioco” che crede di manovrare, perché schiavo di quello schema di pensiero che gli fa credere di dover controllare e dominare sempre più. Se domandassimo ai “manovratori” che senso ha questo sfruttamento e questa distruzione che stanno arrecando all’umanità e al pianeta, non saprebbero darci una risposta; perché una risposta non c’è. Esattamente come nessuno di noi può dare una risposta se qualcuno ci domanda che senso ha comprare mutande firmate o cambiare il cellulare (con il carico di devastazione ambientale, inquinamento, sfruttamento umano, tumori e infinito altro ancora che questo si porta appresso) a ogni lancio di modello nuovo. Siamo fagocitati, ognuno al suo livello, dal meccanismo. E ognuno di noi, nessuno escluso, è vittima, prima che di tutto il resto, di uno schema di pensiero.

Se questo “controllo globale” con cui ci stiamo confrontando è prima di tutto uno schema di pensiero, un “concetto”, per cambiare qualcosa, credo sia doveroso domandarsi anzitutto se questo “concetto” ha un senso ed eventualmente quale sia questo senso.

Bisogna domandarsi se porta pace, gioia, serenità, benessere autentico, appagamento, felicità, sia a chi controlla sia a chi e controllato. La risposta e sempre negativa. Zero riporto zero. Nel mondo moderno nessuno sta autenticamente bene e non c’è bisogno di stare a tirar fuori le statistiche di omicidi, suicidi, depressione per provarlo: basta guardarsi attorno. Nessuno sorride, fischietta o canta più; una totale assenza di joie de vivre attanaglia le nostre esistenze moderne. La Vita, ben che vada, ci pare un accidente.

Si dirà che se una persona è controllata, dominata e sfruttata non può stare bene ed essere felice; e questo è pacifico. Ma nemmeno chi controlla sta bene, è felice e vive con gioia. Basta guardare le facce imbalsamate, di cera, vecchie, spente e morte fin da giovani dei vari controllori di vario grado (basterà guardare Berlisconi, Draghi, Hollande, la Merkel, tanto per fare dei nomi abbastanza a caso per capirlo). Il motivo e semplice: sono schiavi del meccanismo esattamente quanto lo siamo noi. Allo stesso esatto modo. Certo, ne traggono dei benefici materiali, ma questo non sposta minimamente i termini della questione e cioè che non sono mai le persone a controllare il meccanismo ma sempre il meccanismo a controllare le persone. Esattamente come il denaro è una logica e noi non controlliamo il denaro, bensì è il denaro a controllare noi (sia che lo si abbia sia che non lo si abbia), cosi ogni meccanismo è la realizzazione pratica di una logica e se sei schiavo di quella logica sei giocoforza schiavo del meccanismo.

Chi controlla e domina infatti non vede altro. Il processo del dominio e del controllo non solo non ha un fine, ma nemmeno una fine. Se l’avere non ha limiti e il denaro può essere infinito, allo stesso modo funzionano il potere e il controllo. Non ci sono confini alla sete di potere e alla mania di controllo (del resto il denaro rappresenta proprio potere e controllo). La vita di chi domina e controlla diventa funzionale all’obiettivo del dominio e del controllo che, non essendo reali, non hanno mai fine. Abbiamo conquistato la terra? Conquistiamo gli animali (del resto sono “inferiori”). Conquistati gli animali si possono conquistare le donne (anche loro sono inferiori). Poi chi conquistiamo? Conquistiamo altri umani (schiavitù). Conquistata tutta la terra, c’è la luna, lo spazio, le galassie. Letteralmente, non c’è fine. Controllare e dominare hanno le esatte caratteristiche di una droga (assuefazione); perché lo sono. E lo chiamano progresso. È una malattia mortale.

Controllare e dominare quindi disumanizzano chi è dominato ma anche chi domina. Per questo motivo l’oligarchia finanziaria di cui abbiamo trattato nel libro è sempre più feroce, violenta, priva di scrupoli, spietata, assetata di potere, ma anche sotto pressione. “Il potere logora chi non ce l’ha” era la frase ad effetto di Giulio Andreotti. In realtà, una persona sana di mente e di cuore senza potere vive benissimo e vive benissimo proprio perché non ha nessun potere. Il potere, il denaro, il “successo”, al contrario, logorano proprio chi ce l’ha. La cosa è indiscutibilmente vera, eppure le nostre menti sono talmente condizionate dal pensare che per essere felici si debba avere potere, denaro, “successo”, che quando qualche personaggio importante (di potere, ricco e di “successo”) arriva a togliersi la vita, e gli esempi abbondano), siamo quasi sempre portati a pensare che quel gesto non abbia un senso. “Non gli mancava nulla” è il commento di tutti. “Aveva Potere. Era ricco: aveva tutto!”. Già, aveva tutto tranne quello che è indispensabile per vivere bene: amore, gioia, serenità, relazioni sane con altri umani e con il mondo. Nella realtà, con la quale non si può bluffare, gli mancava tutto. E quel “tutto” gli mancava cosi tanto da togliersi la vita.

Il potere e il controllo sono malattie e di conseguenza, chi domina e controlla è malato (bisogna capirlo che chi domina e controlla è malato). Questa è la più intima essenza di una logica del dominio e del controllo che partendo qualche millennio addietro ci ha condotto dove siamo oggi. Concludevo “Pecore da tosare” con questa frase: “la felicità non è mai nella conquista del potere ma nella capacità di saper vivere senza”. Ne sono convinto sempre più perché è in quel senza che possiamo davvero aspirare a essere noi stessi. Prendersela con i dominatori rimane un esercizio sterile e inutile, una comprensibile valvola di sfogo ma nulla più. Prenderne atto è forse la sola cosa sensata da fare, perché questa presa di coscienza rappresenta la sola cosa che ogni essere umano può ragionevolmente aspirare a cambiare: se stesso.

Il problema dunque non è “la crisi” e nemmeno “la ripresa che non arriva mai”. Il senso della vita non è “allungarla” ma semmai “allargarla” e cioè vivere autenticamente bene. Il “dramma” non è morire a settant’anni piuttosto che a ottanta, ma come si è vissuto. Il “dramma” non è non potersi permettere l’ultimo modello di tecnogingillo idiota che buttano sul mercato, ma la mancanza di gioia con cui ci si alza al mattino, con cui si trascorrono le giornate, con cui si va a dormire la sera. Facendo ripartire la produzione industriale automaticamente riparte anche la gioia di esistere? No, perché la gioia di esistere non viene prodotta in fabbrica, non viene trasportata in un camion per finire sullo scaffale di un supermercato e infine non la si può acquistare. La gioia di esistere, a differenza di qualunque merce, non fa crescere l’economia. Semmai la fa decrescere, perché chi sta bene non compra cose di cui non ha alcun bisogno. Non lo capiamo solo perché “non lo vogliamo capire”; il rospo da ingoiare è troppo grosso. Ma per capirlo basta andare in paesi dove ancora non è arrivata l’economia a distruggere tutto. Scrivevo nell’introduzione del mio libro Pura Vida: “Nel 1993 feci il mio primo viaggio fuori dall’Europa. Ero solo e andai in Kenya. Lì constatai che i kenioti erano più felici di noi, che avevano più gioia di vivere e che, ad onta di condizioni di vita molto più difficili, erano anche altrettanto più sereni”. All’epoca ero un ragazzetto ancora imbevuto degli schemi di pensiero del mio mondo e non riuscivo a coglierne il perché. Oggi sì.

di Andrea Bizzocchi *

Questo articolo segnalato da Claudio Martinotti Doria  è in gran parte tratto dal libro “Euroballe” (Ed. Il Punto d’Incontro, 2014)

*Andrea Bizzocchi è nato a Fano. Ha scritto di molti temi, tra cui energia, decrescita, truffe bancarie, viaggi. Ha pubblicato, tra gli altri, Ritorno al Passato (Edizioni della decrescita felice), Pura Vida e Non prendeteci per il Pil! (Terra Nuova Edizioni) e la trilogia Pecore da tosare, E io non pago e Euroballe (Edizioni Il Punto d’Incontro). Vive con poco e in maniera nomadica tra Italia, Stati Uniti e Centroamerica. Il suo sito è andreabizzocchi.it

giovedì 26 marzo 2015

Fermo - "Corrispondenze: MILENKOVICH SUONA SIBELIUS" - Recensione

“Corrispondenze”


Sinfonica 2015
Teatro dell’Aquila - Fermo  - 22 Marzo 2015 h 17 
“MILENKOVICH SUONA SIBELIUS”
S.Santoni-Navigando I.Stravinskij-Pulcinella J.Sibelius-Concerto per violino e orchestra in re min. op.47
Violino Stefan Milenkovich - FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana, Direttore David Crescenzi
      
      Quanta natura possiamo vedere, sentire, toccare, nel chiuso d’un teatro? Infinita. L’abbiamo “navigata” con le note di Santoni, attraversata in volo con le gru di Sibelius, assaporata col suo primitivo vigore nel Pulcinella di Stravinskij.

  Navigando con l’Ouverture del venticinquenne Saverio Santoni, in una sorta di “deragliamento dei sensi” abbiamo solcato scenari di acque e di venti, visto onde fluire, udito dialoghi e fremiti di quel tempio che è la Natura, colto atmosfere alla Debussy: prezioso impianto impressionista di una giovanissima creazione che devotamente accoglie e fa sua la lezione dei grandi. Con sicuro talento l’autore ricrea musicalmente i rapporti e le suggestioni che emanano dalle cose, quelle “Correspondences” per le quali Baudelaire scriveva che è “con la poesia e attraverso la poesia, con e attraverso la musica che l’anima intravede gli splendori posti al di là della tomba”.

      Ed è ancora Natura, ma terrena e sanguigna, nel paesaggio a tinte forti e nella rutilante napoletanità del Pulcinella stravinskijano, Suite per orchestra che nella precedente versione in balletto aveva goduto, per le scene e i costumi, del genio di Picasso.  Tanto quest’ultimo pittoricamente scompone gli elementi fisici nello spazio, tanto Stravinskij musicalmente destruttura il rigoroso impianto delle creazioni del Pergolesi a cui si ispira, e innesta sulla leggiadria del modello settecentesco una sensibilità colta e, pur nella sua modernità, vicinissima alla popolana intensità della Commedia dell’Arte e della travolgente maschera acerrana. Genialità compositiva che del modello originale opera una metamorfosi straniante, ne altera le simmetrie, ne sposta gli accenti, e saldando presente e passato fa di questa Suite “la quintessenza del Neoclassicismo di Stravinskij”.

      La Filarmonica Marchigiana e la direzione di David Crescenzi (come sempre a memoria e giocando di fioretto con la bacchetta) ci restituiscono sapientemente, in un’eccellente esecuzione, la solarità dell’ispirazione stranviskijana, e dissonanze ed esuberanze di una strumentazione dagli effetti ricchissimi e sorprendenti, qua e là perfino caricaturali: l’intera gamma di colori di una struttura compositiva le cui asimmetrie hanno sullo sfondo l’intensa lezione di Picasso.

      Illumina e riempie di sé ogni spazio del teatro, il violino fatato di Milenkovich, nella seconda parte del concerto. Stefan Milenkovichartista in residenza, cittadino serbo e del mondo, “Most Human Person”, mago del violino che ci sembra di conoscere ormai da sempre: con lui siamo certi che voleremo. Il suo rosso papillon è già presagio di volo, nei cieli e sui paesaggi finnici trascorrenti nei suoni di Sibelius.

      Nitidamente nordica la melodia di questo Concerto dalla elaboratissima scrittura violinistica che in Milenkovich trova l’interprete ideale.Corrispondenze, ancora: nel dialogo del solista con l’orchestra echeggia il potente respiro della Natura, che Sibelius innalza a vette di impensato lirismo.

      Stefan sa trarre, dall’ultima corda del violino che usa con più intensità, acuti e fraseggi che stupiscono per agilità e tecnica ma soprattutto per la sensibilità unica. Vi cogliamo lo squillante grido delle gru dalle estenuanti migrazioni, che Sibelius sentiva irrompere in quei cieli. “La melodia del suo paese gli scorre dal cuore nella penna” scrisse di lui Ferruccio Busoni, e il violino che oggi ricrea quelle melodie nel dialogo concertante con l’orchestra è più di uno strumento, è voce stessa della natura, fluire di onde e alitare di vento, è grido di uccelli, strida di gru che “van cantando lor lai, / faccendo in aere di sé lunga riga…”.
      
Finisce, il concerto, ma non si può lasciarlo andare: e il giovane Stefan scherza col pubblico amabilmente sugli “otto bis” che ha preparato e che va bene, adesso vi farò tutti insieme; invita nel foyer dove farò il divo e firmerò autografi. Saranno invece tre, i pezzi che ci regala in appendice, tre magnifici preziosi assolo bachiani.

L’Orchestra ascolta, come noi deliziata, per una volta “pubblico” anch’essa.

 Sara Di Giuseppe


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mercoledì 25 marzo 2015

Pasqua ed oltre a Treia - Verso il Vegetarismo cominciando dalla "Dieta Mediterranea"




Durante il Festival di San Patrizio, che si è svolto recentemente a Treia, si è tenuto il 16 marzo 2015 un interessante convegno sulla Dieta Mediterranea (vedi https://www.facebook.com/cittaditreia/posts/874508722587817)  a cui anch'io ho partecipato. 

Dico la verità, essendo un vegetariano e bioregionalista convinto, preferisco una dieta alimentare più vicina ai miei ideali, ovvero senza carne né pesce ma ammettendo formaggi e uova,  purché ottenuti in modo biologico e naturale, allo stesso tempo non posso far a meno di apprezzare i tentativi di avvicinamento attraverso questa "dieta"  che oggi viene definita "mediterranea", io direi meglio "sistema di vita tradizionale". 

Poiché sappiamo tutti che sino a cinquanta anni fa la carne compariva raramente sulle nostre mense e ciò nonostante la società era prospera e la salute di molto migliore che ai nostri giorni.   Comunque il messaggio lanciato da Treia è positivo! 

Cercheremo di rinfocolarlo ed approfondirlo durante i giorni di Aprile, a cominciare dalla Pasqua (vedi articolo storico sul Corriere della Sera del 3 aprile 2015 
http://archiviostorico.corriere.it/1994/aprile/03/come_salvo_dal_forno_povero_co_10_9404033470.shtml), 

e in  una prossima occasione di festa: quella dei Precursori, che si tiene  dal 25 al 26 aprile 2015 

Paolo D'Arpini


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Stralcio di un articolo in sintonia:


Pane, frutta e verdura, carne e legumi. A Pasqua bandita ogni tipo di contaminazione, a dettare legge è la Dieta Mediterranea. Secondo Chef stellati e FoodBlogger sulle tavole degli italiani meno quantità e maggiore qualità, con un occhio di riguardo ai prodotti made in Italy.

Una Pasqua all’insegna della Dieta Mediterranea e del Made in Italy.  Secondo l’83% degli Chef e dei FoodBlogger gli italiani, anche in tempi di crisi, non rinunciano alla qualità dei prodotti nostrani. Influenze orientali, sapori africani e profumi americani non sono più così attraenti e gli italiani riscoprono i prodotti di casa.In questa occasione,per il 78% degli esperti,nulla conta come le tradizioni e la scelta del menù viene fortemente condizionata da tutti quegli alimenti  che caratterizzano la Dieta Mediterranea in quanto emblema di buona cucina e di benessere a tavola. .I vantaggi per chi mangia in stile mediterraneo sono numerosissimi: riduzione della possibilità di contrarre malattie (66%), facilità nel mantenere il peso forma ideale (64%) e minori livelli di stress (61%).

E’ quanto emerge da uno studio promosso dal Polli Cooking Lab, l’Osservatorio sulle tendenze alimentari dell’omonima azienda toscana, condotto mediante metodologia WOA (Web Opinion Analysis) su circa 130 esperti tra nutrizionisti, chef stellati e food blogger attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community per capire quale sarà la tendenza per il menù della prossima Pasqua.

“La Dieta Mediterranea è indiscutibilmente la più equilibrata e la più sana,la più genuina – afferma Enrico Cerea, executive chef del ristorante Da Vittorio. Come in tutte le cose, anche e soprattutto in cucina regna il detto‘la qualità è meglio della quantità’e noi italiani abbiamo la fortuna di vivere in un Paese che annovera fra i migliori prodotti al mondo. Dall’Alto Adige alla Sicilia abbiamo una varietà di verdure e frutta incredibile, non parliamo poi degli oltre 400 tipi di formaggi.

Olio extra vergine di oliva invidiatoci in tutto il mondo. Vini che competono con i maggiori produttori, carni e pesci esportati in ogni dove”.E allora quale potrebbe essere una ricetta perfetta per esprimere al meglio questi valori?Il consiglio: “Polentina di Castagne della Garfagnana con pomodori e pecorino toscano.Semplici prodotti, che riescono ad emozionarti quasi commuovendoti” – conclude lo chef Enrico Cerea.

In questa ricorrenza si riscoprono valori e sapori di un tempo(81%), ai propri ospiti si vuole offrire il meglio ed è così che si ha un incremento nel consumo dei prodotti Made in Italy che, in quella domenica, vengono scelti dall’83%, contro il 54% che è solito acquistarli durante tutto l’arco dell’anno.

Rinunciare a prodotti di qualità è difficile se non impossibile,a confermarlo gli esperti. Nel 79% delle tavole italiane ci saranno meno alimenti ma di qualità superiore. Per il 68% i piatti che verranno serviti saranno una rielaborazione di ricette tipiche ma sempre nel rispetto della tradizione.

Insieme a questi anche prodotti rustici come sfoglie, torte e focacce (78%). Una tendenza che si riscontra soprattutto per chi deciderà di pranzare a casa e non al ristorante. Alla base di queste scelte ruolo decisivo rivestono i valori della Dieta Mediterranea. Il 72% degli italiani infatti segue questo regime alimentare quotidianamente, percentuale che aumenta a Pasqua (74%).

“La dieta mediterranea è uno dei modelli alimentari più diffusi. Materie prime genuine ed sopratutto territoriali come verdure e frutta riempiono sempre più le nostre tavole in un’ottica nutrizionale più equilibrata.È fondamentale evolversi, creare sempre più opportunità di gusto ed una varietà di abbinamenti diversi senza dimenticarsi della Dieta Mediterranea e dei nostri più meravigliosi prodotti.

Non esiste innovazione senza tradizione”. –afferma Federico Comi premiato come Chef Emergente Lombardo e chef del ristorante Drogheria Parini 1915 – “I nostri alimenti sono tra i più invidiati in tutto il mondo, sia dal punto di vista gustativo sia da quello storico. Ogni regione possiede conoscenze tramandate di generazione in generazione ed essendo il nostro Paese molto attento alla qualità dei prodotti è quasi impossibile rinunciare a certe bontà e prelibatezze Made in Italy.

Si avvicina Pasqua, dove  il piatto principe è l'agnello accompagnato dai carciofi, ma quest' anno ho pensato di creare alternative valide e gustose senza rinunciare ai principi della Dieta Mediterranea. Una di queste: Agnolotto di pasta fresca ripieno di fonduta di parmigiano reggiano, crema montata d'uovo e porri fritti.” – aggiunge lo chef Federico Comi - . 

Ma quali saranno gli alimenti che caratterizzeranno le tavole pasquali?Non mancheranno le verdure: le più presenti saranno carciofi (75%), zucchine (74%), insalata(72%), melanzane (71%) peperoni (69%) e asparagi (56%). Particolare attenzione agli antipasti che sono la portata prediletta secondo il 68% degli esperti.

Non possono, infatti, mancare  formaggi (64%) accompagnati da sottoli (53%) e sottaceti (49%), con le olive tra le protagoniste principali (83%).Non verrà meno nemmeno la pasta (78%)che verrà servita sulla tavola insieme a pane (89%) e uova (90%).

Non mancheranno certo gli alimenti legati alla tradizione pasquale:a fare da padroni uova di cioccolato (93%)e colombe (85%), anche preparate in casa e non più acquistate (27%). Sempre più italiani, infatti, decidono di “fare da sé” risparmiando su prodotti dolciari di pasticceria altrimenti molto cari. Insieme a questi anche fragole (81%), arance (71%), mele (59%) e pere(41%) per un 80% che sceglie di servire frutta a fine pasto.

“Nonostante ci sia anche nelle case degli italiani la voglia di sperimentare ricette nuove, magari etniche, in occasione delle ricorrenze importanti come la Pasqua, quando ci si riunisce in famiglia, si ritrovano i sapori della tradizione, quelli delle nonne. E questi si rifanno comunque alle origini della cucina italiana, che è legata alla Dieta Mediterranea”.

Questo il parere di Anna Maria Simonini, food blogger di The kitchentimes, che aggiunge:“Assistiamo alla tendenza per cui la cucina dei grandi chef italiani si avvicina sempre più ai dettami di medici e nutrizionisti, al fine di proporre una cucina sana oltre che buona. C’è in generale una ricerca del gusto e qualità che non rinuncia alla leggerezza, per cui le ricette tradizionali vengono rivisitate anche attraverso l’utilizzo di nuove tecniche di cottura o nuove tecnologie che una volta non esistevano.

Questo vale per i grandi chef ma anche per le nostre cucine. Ecco perché gli italiani scelgono prodotti originali e di qualità, soprattutto per realizzare ricette Made in Italy.”

Ma non solo cibo, o meglio non solo cibo come alimento. La tendenza di questa Pasqua è infatti quella di addobbare la casa, ma soprattutto la tavola, con prodotti alimentari. Uova colorate e decorate (68%), frutta e verdura intagliate o usate per creare composizioni (42%), cesti di pane (35%).Ed è così che la Dieta Mediterranea influenza anche stile e decori.

Dal piatto alla tavola,la tradizione mediterranea emerge prepotentemente.“È innegabile che ci siano ingredienti tipici della cucina mediterranea particolarmente colorati ed attraenti, spiega la food blogger Simonini, pensiamo al rosso di peperoncini e pomodorini, ai colori sgargianti di arance e limoni, al verde acceso delle mele oppure al colore viola del cavolo.

Tutti questi ingredienti colorano in primo luogo i piatti, rendendoli divertenti oltre che appetitosi. Tanti di loro possono poi essere usati per creare centro tavola che mixano ortaggi, frutti e fiori. L’occasione della Pasqua, quando la Primavera scoppia con tutti i propri colori, è perfetta per sbizzarrirsi con gli abbinamenti.”

Come preparare quindi la tavola a Pasqua?Occorre puntare sulla tradizione (42%), evitando inutili sfarzosità, premendo sull’essenziale  (31%), con colori classici in cui predomini il giallo (24%) e il verde (21%), con oggetti funzionali (18%) ed emozionali (22%), non soltanto belli da vedere.

“Per me la Pasqua è assolutamente legata alle uova -afferma la foodblogger Paola Sucato - sia nella preparazione dei piatti come nel caso della torta salata, ripiena con formaggi e verdurine primaverili, sia nell’allestimento della casa, prendendo ad esempio uova sode, colorarle, decorarle e quindi collocarle in diversi punti della casa.

Per quanto riguarda la preparazione della tavola, si utilizzeranno pochi oggetti ma essenziali, in cui protagonisti saranno colori come il giallo uovo e il verde acido, i quali rimandano al concetto di luce del giorno e di primavera, dello stare fuori all’aria aperta”.

Pasqua e Dieta Mediterranea a braccetto per regalare ai commensali il miglior menù possibile. Gli italiani riscoprono il piacere delle tradizioni nel nome della qualità e della genuinità. Sempre meno prodotti sulla tavola, ma di fascia eccellente e preferibilmente Made in Italy, così l’alimentazione mediterranea si conferma la regina della tavola pasquale di quest’anno. 
(Fonte: La Tua Voce)




martedì 24 marzo 2015

Macerata, 11 aprile 2015 - Giancarlo Roscioli: "Scoprire la profondità della meditazione e della vita"



"Nella profondità della Meditazione, scopri la profondità della Vita". Stage a cura del prof. Giancarlo Roscioli - Sala Castiglioni Biblioteca Mozzi Borgetti,  Piazza Vittorio Veneto, 2 - Macerata - 11 Aprile 2015, dalle ore 15.00  alle 18.00

Il Seminario teorico pratico è rivolto sia a coloro che desiderano avvicinarsi o approfondire la pratica della meditazione, sia a coloro che desiderano conoscere la natura della mente secondo l'antica tradizione tantrica e la filosofia dello Shivaismo del Kashmir, con particolare riferimento al tema della energia Kundalini.

Il prof Giancarlo Roscioli, Fisico, è esperto di cultura indiana e di meditazione.
Pratica la meditazione da ben 45 anni. Ha soggiornato a lungo negli ashram in India e negli USA, e ha diretto numerosi centri di meditazione. Dotato di un'ampia conoscenza della ricerca scientifica e interiore, ha la capacità di integrare  le varie discipline e di esporre con facilità e completezza gli insegnamenti,  rendendoli oggetto di esperienza diretta.

Prenotazione necessaria:
Daniela 338.3716031
dansadan@libero.it


lunedì 23 marzo 2015

Fattoria didattica, un esempio sorto a Gallese




La fattoria didattica rientra in quello che è il "green job" (lavoro verde) e per le aziende agricole o zootecniche è un modo intelligente per arrotondare il proprio reddito. E’ soprattutto un nuovo modo di fare educazione ambientale attraverso percorsi didattici studiati appositamente per le scuole e non solo. Per i bambini delle grandi città una fattoria didattica rappresenta un’esperienza unica, che i libri di scuola non potranno mai dare. Non basta leggere o sentire una lezione in aula per apprendere da dove nasce o arriva il cibo che si consuma nelle proprie case. 

Non sono i libri o i video che possono offrire le sensazioni e le emozioni di un contatto diretto con gli animali delle fattorie. L’esperienza, il confronto e il contatto diretto con questa realtà valgono più di centro libri o video. Questo è lo scopo delle Fattorie didattiche. Negli ultimi anni le fattorie si sono anche specializzate nel settore energetico, realizzando percorsi che illustrano come dalla biomassa si può produrre energia e calore e come dalle deiezioni degli animali, in particolare bovini, si può produrre biogas per produrre energia calorica ed elettrica. Le più organizzate come fattorie didattiche a livello europeo sono quelle francesi, olandesi e tedesche, ma anche l’Italia non è da meno.

Purtroppo più della metà di queste fattorie nostrane offrono programmi molto semplici che poco influiscono sulla formazione dei giovani che le vanno a visitare. Alcune però sono di particolarmente eccellenti, soprattutto quelle che coinvolgono gli studenti in operazioni dirette come fare il vino, il pane, raccogliere la frutta e preparare le marmellate, il formaggio, ecc. Tra queste fattorie di eccellenza nel Lazio ne abbiamo individuata una e siamo andati a visitarla.

Si tratta della Fattoria Didattica Cupidi che è situata nel comune di Gallese Scalo in provincia di Viterbo. Ovviamente si trova all’interno di una grande azienda biologica dove si producono uova, vino ed olio, rigorosamente all’insegna delle regole ecocompatibili e biologiche. L’azienda è autosufficiente perché l’energia sia elettrica che calorica la produce da impianti a biomassa ( la biomassa è raccolta nella stessa azienda) e da pannelli fotovoltaici.

I visitatori vengono accolti dal fondatore della fattoria il sig. Alessio Cupidi che illustra il programma nei dettagli e come poi sarà articolata la giornata di esperienza in fattoria. Fatta la doverosa premessa, i visitatori, giovani o adulti ( a secondo delle classi scolastiche vengono effettuati programmi diversificati), vengono affidati alla giovane Claudia Cupidi, laureata in scienze agrarie, che li accompagnerà per tutto il periodo di esperienza in fattoria.

Si passa così dalle lezione in aula sui contenuti nutrizionali dei prodotti della terra fino a quelli che ci donano gli animali: dalle uova al latte. Dopo la teoria inizia la pratica, si visitano i molti animali e si incaricano i visitatori di accudirli, portandogli da mangiare. Si visitano i grandissimi pollai e si fanno vedere i pulcini nel momento della schiusa delle uova. Poi la signora Roberta insegna, nel laboratorio cucina, come si prepara il pane, come si fanno i dolci più elementari con facili ricette e poi con specifici tempi di cottura e poi pronti si possono mangiare. Se è il periodo della vendemmia si va tutti per la vigna a raccogliere l’uva e poi si pigia con i piedi, (opportunamente igienizzati prima), per fare il mosto. Se son pronte le noci si raccolgono e si gustano. Stessa cosa per altra frutta. All’ora di pranzo, allestito un angolo ombroso dell’azienda, ci si ferma a consumare il pranzo al sacco. Per i più grandi c’è anche il percorso per scoprire come si produce l’energia elettrica dalla biomassa e dal fotovoltaico.

Alla fine della giornata dopo aver visto animali e averli accuditi, dopo aver partecipato alla vita di un azienda agricola, imparato a fare pane e dolci i visitatori tornano a casa seppur stanchi, ma con tanta felicità nel cuore. Tanta è stata la gioia di vivere in una nuova realtà che non è il videogioco, né le tristi mura di un aula o le polverose strade delle proprie città, che una gran parte di loro ritorna a far visita all’azienda con i propri genitori.

Gabriele La Malfa




Per chi volesse fare questa esperienza ecco i riferimenti:
Azienda Agraria Biologica Cupidi. Email: bioagricupidi@virgilio.it Tel.0761.496239.