venerdì 31 ottobre 2014

Evo Morales in Italia cerca collaborazione per progetti ecologici



Evo Morales è un leader indiscusso della Bolivia e di tutta l’America Latina che nelle recentissime elezioni ha vinto in maniera netta. Il suo popolo lo ama profondamente, riconoscendogli di aver portato dal 2004 ad aggi una nazione che veniva annoverata tra le più povere del continente americano ad una tra le più ricche dell’America Latina. Il suo PIL oggi è al +7% e il livello di disoccupazione a meno del 3%. Tutto ciò è avvenuto grazie alla politica coraggiosa di Morales che non ha ceduto ai ricatti delle grandi multinazionali che estraevano i minerali dalla ricca terra andina per concedere poi le briciole al governo boliviano. Con una serie di leggi coraggiose ha ridato alla Bolivia tutte le vaste miniere di rame, stagno, oro e altri minerali, mandando a casa imprese d’estrazione USA, cinesi e australiane. Da quel momento l’economia della Bolivia ha preso a crescere in maniera esponenziale.

Evo Morales, in pochi anni concedendo assegni statali, ha alfabetizzato tutto il territorio andino. Con altri contributi a fondo perduto donati alle famiglie più povere, ha consentito di aprire delle attività nel settore agroalimentare e del commercio in genere. Oltre a ciò, tra gli articoli contenuti nella costituzione del suo Paese, ha introdotto una norma vincolante: “il diritto alla natura di esistere”. Tutto ciò che contrasta con questa regola è vietato. Per questo motivo Accademia Kronos lo scorso anno conferì al Presidente Morales il premio internazionale “Un Bosco per Kyoto”. Da allora si sono susseguiti vari rapporti costruttivi tra l’associazione e i vertici della Bolivia, fino a giungere all’incontro del 30 ottobre 2014 a Roma con presidente Evo Morales e il presidente di Accademia Kronos Ennio La Malfa e il responsabile scientifico dell’associazione Roberto Minervini. Ad Accademia Kronos è’ stato chiesto di costituire un gruppo di esperti capaci di vagliare attentamente vari progetti innovativi per l’applicazione di energie rinnovabili nel Paese andino e di cercare insieme ai tecnici locali metodologie d’avanguardia per migliorare la distribuzione dell’energia. E’ stato ribadito, ma questo era già in un precedente accordo, di cooperare con le realtà locali nell’individuazione di aree della foresta amazzonica da destinare a zone di tutela biogenetica. Si è anche paventata l’opportunità di indagare sul vasto territorio andino per scoprire nuove vestigia di antichissime civiltà, come quella misteriose di Tiwanaku e, quindi, realizzare documentari capaci di far conoscere i misteri della Bolivia al mondo intero.
E’ nato così un rapporto di stretta collaborazione tra Accademia Kronos e la Bolivia, un’opportunità di aprire nuovi canali culturali, economici ed occupazionali.


Al fine di costituire un team scientifico di collaborazione con questa nazione, Accademia Kronos cerca esperti nel settore delle rinnovabili che conoscano bene la lingua spagnola. Per informazioni la mattina tel. alla segreteria di Accademia Kronos al n. 0761.093080.

Accademia Kronos

giovedì 30 ottobre 2014

Recanati - Pensaci Giacomino .... - A Giacomo Leopardi, ovunque egli sia.


  

“Non so se il riso o la pietà prevale.” - (G. Leopardi La ginestra  v.201 - 1836)

      Ci avresti pensato, Giacomino, che t’avrebbero costretto a
diventare Main Sponsor della regione Marche? Cominciarono con le
milionarie dustinhoffmanate e ti storpiarono all’infinito; continuano
oggi col martoniano film, tormentone d’autunno. “Operazione di
legittimazione della nostra comunità”, vaneggia pubblicamente il
Presidente di Regione, passando per il “rafforzamento dell’identità
dei marchigiani”, proseguendo con la “maggiore consapevolezza di noi
stessi” e andando a parare, va da sé, sul chiodo fisso del turismo che
il film pomperà, perché prima chi se lo immaginava che eri nato da
queste parti, eh?

Adesso sarà tutto un prenotarsi dagli Appennini alle Ande per venire a
visitar le Marche, perché dobbiamo essere proprio speciali se
scegliesti di nascere presso di noi popolo eletto. A patto di
dimenticarsi che di questi luoghi e del tuo borgo selvaggio odiasti
con tutto te stesso il soffocante bigottismo, il clima reazionario e
la ristrettezza culturale, tanto da fuggirtene appena potevi (salvo
esservi riportato per la collottola) e da andartene infine per non
tonare mai più, e scegliere di morire niente meno che a Napoli.

      Ma ci vuol altro, per fermare la gioiosa carovana del marketing;
le Marche organizzano proiezioni per le scuole (me li figuro, gli
studenti alla scampagnata cinematografica coi prof,
che-nessuno-marchi-visita-che-gliene-faccio-pentire-agli-scrutini).
Ancona offre “biglietti per i musei a prezzo ridotto a chi assiste al
film su Leopardi” (sic); non ci stupiremo se a Natale i supermarket
nostrani faranno sconti-leopardi. Come sempre, la stampa indigena
raccoglie e, arf arf, riporta, e suona la grancassa: record di
presenze, di partecipazioni, di sponsor, di biglietti venduti, signore
e signori venite ad ammirare le Marche, la regione plurale più bella
del mondo, sempre in cima a ogni classifica!

      Ti rivolteresti nella tomba, Giacomino, se ne avessi una e non
quella finta che fanno credere ai turisti a Napoli. Tu che denunciasti
il tuo “secol superbo e sciocco”, le mistificazioni antropocentriche e
le “superbe fole”, l’ottimismo consolatorio delle sue fedi e i miti
illusori, quale orrore proveresti per questo nostro oggi che tutto
mercifica, e allo scopo gli torni buono anche tu?

      Cos’hanno da spartire con te questi politici, le loro logiche da
Strapaese e il loro medievale municipalismo, questa imprenditoria
ignorante dalle dita adunche e dalle teste a forma di portafoglio?
Sono gli stessi, Giacomino, che sul Colle dell’Infinito vogliono
piazzarci un Resort, perché è il mercato bellezza. Cos’hanno a che
fare costoro con la modernità sconvolgente del tuo pensiero, con la
tua consapevolezza tragica che non cerca risarcimenti?

      Non ho visto né vedrò il film che ti riguarda: che sia buono o
pessimo poco mi cale (certo era brutta in modo imbarazzante, ma
osannatissima da tutti i media, la trasposizione teatrale che delle
tue Operette Morali ci inflisse un anno fa lo stesso regista). Corre
voce che faccia innamorare di te folle di giovani. Perbacco. Eppure
vidi innamorarsi di te gli studenti più scavezzacollo, che
semplicemente ti lessero e ti capirono, senza vederti sugli schermi.
Lo capivano, che il tuo amore per la vita, la titanica fede in una
dignità umana fondata sul vero, il bisogno di rapporti nuovi fra gli
uomini, parlavano da lontano alla loro e alla nostra disperata
fragilità, e perché tu entrassi in loro bastava solo che ti
leggessero.

      Oggi le Marche ti vogliono loro sponsor, gli vai a fagiolo per
passerelle e mercati, ed è il punto di non ritorno.

Perdonali e perdonaci, immenso Giacomino, ovunque tu sia.

Sara Di Giuseppe
faxivostri.wordpres.com


Recanati - Turisti con sfondo del monumento a Giacomo Leopardi

mercoledì 29 ottobre 2014

2014 Tempo impazzito: "Da giugno a ottobre: allagamenti improvvisi"



Non c’è che dire, gran parte dell’estate e inizio autunno è stato ancora caratterizzato dai "flash flood", ossia improvvisi allagamenti causati da precipitazioni intense che scaricano a terra una quantità d’acqua che normalmente cadrebbe in un mese o giù di lì. Questi disastri naturali che si abbattono sulle nostre città, sono causati da fenomeni che fino a dieci anni fa erano ritenuti rari e, purtroppo, stanno diventando una consuetudine sempre più evidente.

Quest’anno l’Italia, oltre ad altri suoi record negativi in molti settori, dall’economia, all’occupazione fino ai disastri climatici, deve annoverare un dato unico da quando la meteorologia è diventata una metodologia scientifica applicata: dal 21 giugno al 30 settembre nel Mediterraneo e ovviamente sull’Italia si sono registrati i passaggi di ben 27 perturbazioni. Se ognuna di queste, soprattutto al nord e al centro, ha comportato 2 o 3 giorni di cattivo tempo, dobbiamo affermare che su 100 giorni, 80 di questi hanno registrato cieli coperti, venti e piogge, nonché nubifragi. Un dato, ma soprattutto una realtà, che ha fortemente danneggiato il nostro turismo e la nostra agricoltura.

Purtroppo per i climatologi più realisti l’estate appena trascorsa non è un fenomeno transitorio con i suoi flash flood, ma l’inizio di una nuova situazione climatica nel nostro Paese dalla quale dovremmo abituarci a convivere. Naturalmente questo fenomeno non è solo mediterraneo, ma planetario. Per questo motivo in Nazioni come Usa, Gran Bretagna e Australia, sono nati i servizi di “warning”, cioè di preavviso del verificarsi di fenomeni meteo che possono causare alluvioni improvvisi, tenendo presente che anche da piccoli corsi d’acqua possono avvenire dei disastri.

Per gli scienziati, ma questo già lo sapevamo, ciò che stiamo vivendo è la conseguenza dell’aumento della concentrazione della CO2 e dei gas serra in atmosfera". Purtroppo anche se da oggi non immettessimo più gas serra in atmosfera, il processo di riscaldamento del pianeta non si arresterebbe, ci vorrebbero decenni e decenni prima di ritrovare un certo equilibrio. Dobbiamo quindi pensare ad adattarci a quello che verrà e, quindi, alla prevenzione su fenomeni meteo estremi che potrebbero causare altri disastri climatici nelle nostre città. Città che grazie “all’intelligenza” dei suoi amministratori, negli anni hanno imbrigliato fiumi e torrenti nel cemento, cancellando così i normali spazi di espansione in caso di maggior apporto di acqua. Ma mentre noi ci piangiamo addosso e i vari governi fanno “orecchi da mercante” per concedere i contributi a cittadini e commercianti vittime di alluvioni e frane, in Gran Bretagna si lavora da tempo proprio sui fiumi, con il coinvolgimento anche del mondo agricolo per individuare le coltivazioni più adatte in prossimità di un argine, ad esempio escludendo il mais che richiede molta acqua ma impermeabilizza il suolo, trasformandolo in una potenziale autostrada per l'acqua in caso di alluvione. Non solo, ma anche altri Paesi europei hanno trovato soluzioni concrete nell’assistere i cittadini colpiti dalle alluvioni, trovando le coperture finanziarie attraverso le compagnie di assicurazione.

Accademia Kronos


(Noi come Accademia Kronos abbiamo da oltre un anno depositato presso il Ministero dell’Ambiente un progetto che abbiamo battezzato “Ganesha” che affronta questa tematica, dando anche delle soluzioni e offrendo nuovi posti di lavoro, ma ad oggi nessuna risposta…
 

martedì 28 ottobre 2014

Roma, 15 novembre 2014 - Incontro di Lista Civica Italiana


Alcuni movimenti,  cercano di rendere più efficaci gli sforzi di coloro che a vario titolo sono  impegnati per migliorare questo paese. La nostra formazione, lista civica italiana, propone un incontro tra tutti coloro che sono disponibili ad unire gli sforzi secondo alcuni principi comuni.

Il 15 novembre 2014, a Roma,  prevediamo di fare, in contemporanea con la nostra Assemblea Nazionale, un congresso aperto a tutti gli interessati per iniziare questo nuovo ciclo politico-territoriale.   
Consultate il sito per aver informazioni aggiornate: 

Giuseppe Brizzi - membro del coordinamento di lista civica italiana 

LETTERA APERTA ALLE PERSONE DEI COMITATI E DEI MOVIMENTI AMBIENTALISTI, ANTIMAFIE, NONVIOLENTI , SOLIDALI ETC.

Sono almeno venti anni che viviamo in Italia una situazione paradossale: 

- crescono in numero e in gravità i problemi ambientali e sociali (dall’acqua ai rifiuti, dal razzismo alla criminalità organizzata, fino agli attentati alla Costituzione e alla democrazia per non parlare della penosa situazione dei senza lavoro, dei pensionati e del reddito fisso);

- si moltiplicano le iniziative locali e nazionali per affrontarli: Forum e Referendum nazionali e locali su acqua ed energia o sulla finanza; associazioni contro la criminalità organizzata;Reti contro inceneritori, centrali a biomasse e per la riduzione e il riciclo dei rifiuti; associazione a difesa dell’Art.53; pedoni e ciclisti organizzati; difensori del Paesaggio, contro Grandi Opere inutili e dannose; nuovi contadini biologici, Comitati a difesa/per l’attuazione della Costituzione; Gruppi d’Acquisto solidale; Banche del tempo e Centri di Solidarietà; ecc.);

- tutto questo fa una fatica indicibile a trovare una “sponda politica” seria e non superficiale, duratura e non mutante ad ogni elezione, rispettosa dei differenti ruoli tra chi sta nelle istituzioni e chi lavora nei territori e non elitaria/auto-referenziale.

Le illusioni e successive dis-illusioni si ripetono: Italia dei Valori, Lista Tsipras, Movimento 5 Stelle, PD, Rivoluzione Civile, SEL, Verdi: nonostante i buonissimi propositi e le dichiarazioni di massima apertura, si sono rivelati (salvo rare, lodevoli ma solo locali eccezioni) come piccoli gruppi di apparati che mirano a mantenere/allargare la propria influenza con i soliti vecchi metodi della cooptazione tra “amici” e la censura o espulsione del dibattito e del dissenso.

Respirare aria pulita in politica e nelle istituzioni significa, invece, collegare in maniera paritaria, “mettere in rete” le migliaia di esperienze organizzate, che sono il sale della nostra società, il cuore di una vera democrazia, la prefigurazione di un futuro più giusto e più sobrio.

Perché non provarci, senza egemonie, primogeniture, sotterfugi e furbizie?
E’ davvero impossibile dar modo di esprimere la propria voce, soprattutto con gli strumenti della democrazia diretta, alla marea di persone che ora si sente (salvo rarissimi momenti) totalmente estranea ai “rappresentanti” politici?

A livello comunale, regionale e perfino nazionale si possono costruire sia strumenti referendari che liste politiche del tutto indipendenti dai partiti responsabili dell’attuale sfacelo economico-ambientale e morale.

Vogliamo provarci?

Se vogliamo farlo c'è un solo modo: tutti i singoli cittadini e gli enti politici organizzati interessati a questo progetto devono essere disposti a lasciare da parte i propri chiodi fissi* e simboli (pur mantenendo le loro identità e attività parallelamente) e dar vita a un progetto condiviso basato su un patto fondato sulla decisione di non voler ripetere gli stessi errori delle precedenti esperienze:

- Nessun capo, ma solo delegati scelti dalle assemblee territoriali e revocabili in qualsiasi momento

- Nessuna decisione presa da gruppi ristretti senza l'approvazione delle assemblee territoriali

- Nessun accordo e alleanza con i gruppi di potere e i partiti esistenti al di fuori delle scelte approvate

- Nessun privilegio di casta per i rappresentanti dei cittadini

- La partecipazione a funzioni istituzionali è a termine e rappresenta un impegno dopo il quale si ritorna alle attività svolte in precedenza

I chiodi fissi, specie se diversi l’uno dall’altro, e.g. la moneta, le banche, la democrazia diretta, ecc. pur rivelando anomale incrostazioni nell’evoluzione sociale, hanno il potere di attrarre e di bloccare “insiemi” di persone che vi aderiscono, si attivano, se ne fanno una ragione di lotta politica rischiando così di farli diventare totem inossidabili.

Questi ottengono il consueto ed amaro risultato di dividere le energie “potenzialmente” innovatrici e di aprire la strada ai “professionisti della politica”

 

lunedì 27 ottobre 2014

Mobilitazione per salvare la Riserva naturale di Torre Guaceto



La Riserva di  Torre Guaceto è una riserva naturale statale situata sulla costa adriatica dell'alto Salento, a pochi chilometri dai centri di Carovigno e San Vito dei Normanni e 27 km da Brindisi. Consta anche di una sua riserva naturale marina.

E’ questo, insieme alla sua riserva marina, un gioiello naturale del Salento che rischia di finire come area altamente inquinata. Il tutto per lo scellerato progetto di un depuratore che scarica i liquami nel limpido mare della riserva naturale. Per fortuna che semplici cittadini, studiosi, professionisti e associazioni hanno detto: Basta! Si è quindi costituito un comitato di salvaguardia di tutto il comprensorio.

E’ stata inviata alla Procura della Repubblica di Brindisi un esposto denuncia per grave danno ambientale. Nell’esposto si sottolinea che nel regolamento della riserva naturale di Torre Guaceto, ma questo vale per tutte le riserve terrestri e marine italiane, “Il divieto di alterazione con qualsiasi mezzo, diretta o indiretta, dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e biologiche delle acque, nonché la discarica di rifiuti solidi o liquidi e in genere l’immissione di qualsiasi sostanza che possa modificare, anche transitoriamente, le caratteristiche dell’ambiente, nonché la escavazione e la raccolta di materiali inerti”; e poi il divieto di apportare “qualsiasi mutamento dell’utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quanto altro possa incidere sulla morfologia del territorio sugli equilibri ecologici, idraulici e idrogeotermici e sulle finalità istitutive di cui all’articolo 2 del decreto”.

Norme tanto chiare quanto logiche, ma che gli amministratori del comune di Carovigno hanno disatteso. Per questo venerdì sera scorso si è riunita una folta delegazione di cittadini per dimostrare il loro secco diniego agli scarichi del depuratore nella zona protetta. Accademia Kronos con le sue sezioni pugliesi condivide la protesta del comitato per la salvezza di Torre Guaceto e si dichiara disposta a collaborare attivamente.

domenica 26 ottobre 2014

"Un'altra difesa è possibile" - Campagna nonviolenta programmata



Carissimi, come annunciato a Verona, in conclusione dell'Arena di Pace e Disarmo dello scorso 25 aprile, siamo finalmente in grado di mettere in pista la Campagna per la difesa civile, non armata e nonviolenta.

Tutto è pronto: il testo di Legge di iniziativa popolare, i moduli sui cui raccogliere le firme (tempo 6 mesi, dal 28 novembre 2014 al 28 maggio 2015), il sito di riferimento, la Segreteria nazionale.


Ora è indispensabile (altrimenti la Campagna non decollerà) che si formino e si attivino i Comitati promotori locali.


Vi preghiamo di attivarvi subito, insieme alle altre associazioni presenti sul vostro territorio, per dare vita al Comitato regionale e ai comitati provinciali, dandocene poi tempestiva comunicazione (dalla Segreteria invieremo i moduli solo ai 20 Comitati regionali, per poi procedere alla vidimazione e distribuzione).


La Campagna, come sapete, è promossa da 6 Reti nazionali per la pace, il disarmo, la nonviolenza, il servizio civile, che raggruppano centinaia di associazioni, grandi e piccole, rappresentate su tutto il territorio italiano (vedi elenco dettagliato in allegato).

Sul sito www.difesacivilenonviolenta.org, in continuo aggiornamento, troverete il testo di Legge, il Vademecum, e altre indicazioni utili.

Stiamo predisponendo i materiali necessari, una locandina e un numero speciale di Azione nonviolenta.  Ci sarà anche bisogno di finanziare la Campagna, per cui già vi chiediamo di cercare specifiche risorse.

Buon lavoro a tutti noi.

Per la Campagna "Un'altra difesa è possibile"
Mao Valpiana - 
mao@sis.it




sabato 25 ottobre 2014

TTIP è morte.... Firmate e fate firmare la petizione per fermare l'accordo transatlantico


L''11 ottobre è stata lanciata una raccolta di firme a livello europeo per una petizione contro il TTIP (l'accordo di libero commercio tra UE e USA) e il CETA (idem con il Canada). Per capire di che si tratta, leggete sotto un articolo di Lori Wallach di Public Citizen.

Ho ricevuto, letto (faticosamente) e firmato - ad oggi sono 700.000 le firme raccolte!

Non abbiamo altra arma che quella di far sentire la nostra "piccola voce" e come recita la fine del bellissimo articolo incollato sotto:

"...Come hanno mostrato le disavventure del Mai, del Ftaa e alcuni cicli di negoziati del Wto, l’utilizzo del «commercio» come cavallo di Troia per smantellare le protezioni sociali e instaurare una giunta di incaricati d’affari in passato ha fallito a più riprese. Nulla ci dice che non possa succedere la stessa cosa anche questa volta."


PER FIRMARE -------> Ecco il link:  http://stop-ttip.org/firma/
Io ho firmato. Se siete d'accordo aderite e fate girare ai vostri indirizzari.

Gloria Germani



.......................


di Lori Wallach*, Le Monde Diplomatique

Possiamo immaginare delle multinazionali trascinare in giudizio i governi i cui orientamenti politici avessero come effetto la diminuzione dei loro profitti? Si può concepire il fatto che queste possano reclamare – e ottenere! – una generosa compensazione per il mancato guadagno indotto da un diritto del lavoro troppo vincolante o da una legislazione ambientale troppo rigorosa? Per quanto inverosimile possa apparire, questo scenario non risale a ieri. Esso compariva già a chiare lettere nel progetto di accordo multilaterale sugli investimenti (Mai) negoziato segretamente tra il 1995 e il 1997 dai ventinove stati membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) (1).

Divulgato in extremis, in particolare daLe Monde diplomatique, il documento sollevò un’ondata di proteste senza precedenti, costringendo i suoi promotori ad accantonarlo. Quindici anni più tardi, essa fa il suo ritorno sotto nuove sembianze. L’accordo di partenariato transatlantico (Ttip) negoziato a partire dal luglio 2013 tra Stati uniti e Unione europea è una versione modificata del Mai. Esso prevede che le legislazioni in vigore sulle due coste dell’Atlantico si pieghino alle regole del libero scambio stabilite da e per le grandi aziende europee e statunitensi, sotto pena di sanzioni commerciali per il paese trasgressore, o di una riparazione di diversi milioni di euro a favore dei querelanti.

Secondo il calendario ufficiale, i negoziati non dovrebbero concludersi che entro due anni. Il Ttip unisce aggravandoli gli elementi più nefasti degli accordi conclusi in passato. Se dovesse entrare in vigore, i privilegi delle multinazionali avrebbero forza di legge e legherebbero completamente le mani dei governanti. Impermeabile alle alternanze politiche e alle mobilitazioni popolari, esso si applicherebbe per amore o per forza poiché le sue disposizioni potrebbero essere emendate solo con il consenso unanime di tutti i paesi firmatari. Ciò riprodurrebbe in Europa lo spirito e le modalità del suo modello asiatico, l’Accordo di partenariato transpacifico (Trans-pacific partnership, Tpp), attualmente in corso di adozione in dodici paesi dopo essere stato fortemente promosso dagli ambienti d’affari.

Insieme, il Ttip e il Tpp formerebbero un impero economico capace di dettare le proprie condizioni al di fuori delle sue frontiere: qualunque paese cercasse di tessere relazioni commerciali con gli Stati uniti e l’Unione europea si troverebbe costretto ad adottare tali e quali le regole vigenti all’interno del loro mercato comune.

Tribunali appositamente creati

Dato che mirano a liquidare interi compartimenti del settore non mercantile, i negoziati intorno al Ttip e al Tpp si svolgono a porte chiuse. Le delegazioni statunitensi contano più di seicento consulenti delegati dalle multinazionali, che dispongono di un accesso illimitato ai documenti preparatori e ai rappresentanti dell’amministrazione. Nulla deve sfuggire. Sono state date istruzioni di lasciare giornalisti e cittadini ai margini delle discussioni: essi saranno informati in tempo utile, alla firma del trattato, quando sarà troppo tardi per reagire. In uno slancio di candore, l’ex ministro del commercio statunitense Ronald («Ron») Kirk ha fatto valere l’interesse «pratico» di «mantenere un certo grado di discrezione di confidenzialità (2)». Ha sottolineato che l’ultima volta che la bozza di un accordo in corso di formalizzazione è stata resa pubblica, i negoziati sono falliti – un’allusione alla Zona di libero scambio delle Americhe (Ftaa), versione estesa dell’Accordo di libero scambio nordamericano (Nafta). Il progetto, difeso accanitamente da George W. Bush, fu svelato sul sito internet dell’amministrazione nel 2001.A Kirk, la senatrice Elizabeth Warren ribatte che un accordo negoziato senza alcun esame democratico non dovrebbe mai essere firmato (3).

L’imperiosa volontà di sottrarre il cantiere del trattato statunitense-europeo all’attenzione del pubblico si comprende facilmente. Meglio prendere tempo prima di annunciare al paese gli effetti che esso produrrà a tutti i livelli: dal vertice dello Stato federale fino ai consigli municipali passando per i governatorati e le assemblee locali, gli eletti dovranno ridefinire da cima a fondo le loro politiche pubbliche per soddisfare gli appetiti del privato nei settori che in parte gli sfuggono ancora.Sicurezza degli alimenti, norme sulla tossicità, assicurazione sanitaria, prezzo dei medicinali, libertà della rete, protezione della privacy, energia, cultura, diritti d’autore, risorse naturali, formazione professionale, strutture pubbliche, immigrazione: non c’è una sfera di interesse generale che non passerà sotto le forche caudine del libero scambio istituzionalizzato. L’azione politica degli eletti si limiterà a negoziare presso le aziende o i loro mandatari locali le briciole di sovranità che questi vorranno concedere loro. È già stipulato che i paesi firmatari assicureranno la «messa in conformità delle loro leggi, dei loro regolamenti e delle loro procedure» con le disposizioni del trattato. Non vi è dubbio che essi vigileranno scrupolosamente per onorare tale impegno. In caso contrario, potranno essere l’oggetto di denunce davanti a uno dei tribunali appositamente creati per arbitrare i litigi tra investitori e Stati, e dotati del potere di emettere sanzioni commerciali contro questi ultimi.

L’idea può sembrare inverosimile: si inscrive tuttavia nella filosofia dei trattati commerciali già in vigore. Lo scorso anno, l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), ha condannato gli Stati uniti per le loro scatole di tonno etichettate «senza pericolo per i delfini», per l’indicazione del paese d’origine sulle carni importate, e ancora per il divieto del tabacco aromatizzato alla caramella, dal momento che tali misure di tutela sono state considerate degli ostacoli al libero scambio. Il Wto ha inflitto anche all’Unione europea delle penalità di diverse centinaia di milioni di euro per il suo rifiuto di importare organismi geneticamente modificati (Ogm).

La novità introdotta dal Ttip e dal Tpp consiste nel permettere alle multinazionali di denunciare a loro nome un paese firmatario la cui politica avrebbe un effetto restrittivo sulla loro vitalità commerciale. Sotto un tale regime, le aziende sarebbero in grado di opporsi alle politiche sanitarie, di protezione dell’ambiente e di regolamentazione della finanzaattivate in questo o quel paese reclamando danni e interessi davanti a tribunali extragiudiziari. Composte da tre avvocati d’affari, queste corti speciali rispondenti alle leggi della Banca mondiale e dell’Organizzazione delle Nazioni unite (Onu) sarebbero abilitate a condannare il contribuente a pesanti riparazioni qualora la sua legislazione riducesse i «futuri profitti sperati» di una società.Questo sistema «investitore contro stato», che sembrava essere stato cancellato dopo l’abbandono del Mai nel 1998, è stato restaurato di soppiatto nel corso degli anni. In virtù di numerosi accordi commerciali firmati da Washington, 400 milioni di dollari sono passati dalle tasche del contribuente a quelle delle multinazionali a causa del divieto di prodotti tossici, delle normative sull’utilizzo dell’acqua, del suolo o del legname ecc. (4).

Sotto l’egida di questi stessi trattati, le procedure attualmente in corso – nelle questioni di interesse generale come i brevetti medici, la lotta all’inquinamento e le leggi sul clima e sulle energie fossili – fanno schizzare le richieste di danni e interessi a 14 miliardi di dollari. Il Ttip aggraverebbe ulteriormente il peso di questa estorsione legalizzata,tenuto conto degli interessi in gioco nel commercio transatlantico. Sul suolo statunitense sono presenti tremilatrecento aziende europee con ventiquattromila filiali, ciascuna delle quali può ritenere di avere buone ragioni per chiedere, un giorno o l’altro, riparazione per un pregiudizio commerciale. Un tale effetto a cascata supererebbe di gran lunga i costi causati dai trattati precedenti. Dal canto loro, i paesi membri dell’Unione europea si vedrebbero esposti a un rischio finanziario ancora più grande, sapendo che 14.400 compagnie statunitensi dispongono in Europa di una rete di 50.800 filiali. In totale, sono 75.000 le società che potrebbero gettarsi nella caccia ai tesori pubblici.

Ufficialmente, questo regime doveva servire inizialmente a consolidare la posizione degli investitori nei paesi in via di sviluppo sprovvisti di un sistema giuridico affidabile; esso avrebbe permesso di fare valere i loro diritti in caso di esproprio. Ma l’Unione europea e gli Stati uniti non sono esattamente delle zone di non-diritto; al contrario, dispongono di una giustizia funzionale e pienamente rispettosa del diritto di proprietà. Ponendoli malgrado tutto sotto la tutela di tribunali speciali, il Ttip dimostra che il suo obiettivo non è quello di proteggere gli investitori ma di aumentare il potere delle multinazionali.

Processo per aumento del salario minimo

Ovviamente gli avvocati che compongono questi tribunali non devono rendere conto a nessun elettorato. Invertendo allegramente i ruoli, possono sia fungere da giudici che perorare la causa dei loro potenti clienti (5). Quello dei giuristi degli investimenti internazionali è un piccolo mondo: sono solo quindici a dividersi il 55% delle questioni trattate fino a oggi.Evidentemente, le loro decisioni sono inappellabili. I «diritti» che essi hanno il compito di proteggere sono formulati in modo deliberatamente approssimativo, e la loro interpretazione raramente tutela gli interessi della maggioranza. Come quello accordato all’investitore di beneficiare di un quadro normativo conforme alle sue «previsioni» – per il quale va inteso che il governo si vieterà di modificare la propria politica una volta che l’investimento ha avuto luogo. Quanto al diritto di ottenere una compensazione in caso di «espropriazione indiretta», ciò significa che i poteri pubblici dovranno mettere mano al portafoglio se la loro legislazione ha per effetto la riduzione del valore di un investimento, anche quando questa stessa legislazione si applica alle aziende locali.

I tribunali riconoscono anche il diritto del capitale ad acquistare sempre più terre, risorse naturali, strutture, fabbriche, ecc. Non vi è nessuna contropartita da parte delle multinazionali: queste non hanno alcun obbligo verso gli Stati e possono avviare delle cause dove e quando preferiscono. Alcuni investitori hanno una concezione molto estesa dei loro diritti inalienabili. Si è potuto recentemente vedere società europee avviare cause contro l’aumento del salario minimo in Egitto o contro la limitazioni delle emissioni tossiche in Perú, dato che il Nafta serve in quest’ultimo caso a proteggere il diritto a inquinare del gruppo statunitense Renco (6). Un altro esempio: il gigante delle sigarette Philip Morris, contrariato dalla legislazione antitabacco dell’Uruguay e dell’Australia, ha portato i due paesi davanti a un tribunale speciale. Il gruppo farmaceutico americano Eli Lilly intende farsi giustizia contro il Canada, colpevole di avere posto in essere un sistema di brevetti che rende alcuni medicinali più accessibili. Il fornitore svedese di elettricità Vattenfall esige diversi miliardi di euro dalla Germania per la sua «svolta energetica», che norma più severamente le centrali a carbone e promette un’uscita dal nucleare.

Non ci sono limiti alle pene che un tribunale può infliggere a uno Stato a beneficio di una multinazionale. Un anno fa, l’Ecuador si è visto condannato a versare la somma record di 2 miliardi di euro a una compagnia petrolifera (7). Anche quando i governi vincono il processo, essi devono farsi carico delle spese giudiziarie e di varie commissioni che ammontano mediamente a 8 milioni di dollari per caso, dilapidati a discapito del cittadino. Calcolando ciò, i poteri pubblici preferiscono spesso negoziare con il querelante piuttosto che perorare la propria causa davanti al tribunale. Lo stato canadese si è così risparmiato una convocazione alla sbarra abrogando velocemente il divieto di un additivo tossico utilizzato dall’industria petrolifera.

Eppure, i reclami continuano a crescere. Secondo la Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), a partire dal 2000 il numero di questioni sottoposte ai tribunali speciali è decuplicato. Se il sistema di arbitraggio commerciale è stato concepito negli anni ’50, non ha mai servito gli interessi privati quanto a partire dal 2012, anno eccezionale in termini di depositi di pratiche. Questo boom ha creato un fiorente vivaio di consulenti finanziari e avvocati d’affari. Il progetto di un grande mercato americano-europeo è sostenuto da lungo tempo da Dialogo economico transatlantico (Trans-atlantic business dialogue, Tabd), una lobby meglio conosciuta con il nome di Trans-atlantic business council (Tabc). Creata nel 1995 con il patrocinio della Commissione europea e del ministero del commercio americano, questo raggruppamento di ricchi imprenditori è impegnato per un «dialogo» altamente costruttivo tra le élite economiche dei due continenti, l’amministrazione di Washington e i commissari di Bruxelles. Il Tabc è un forum permanente che permette alle multinazionali di coordinare i loro attacchi contro le politiche di interesse generale che restano ancora in piedi sulle due coste dell’Atlantico. Il suo obiettivo, pubblicamente dichiarato, è di eliminare quelle che definisce come «discordie commerciali» (trade irritants), vale a dire di operare sui due continenti secondo le stesse regole e senza interferenze da parte dei poteri pubblici.

«Convergenza regolativa» e «riconoscimento reciproco» fanno parte dei quadri semantici che Tabc brandisce per incitare i governi ad autorizzare i prodotti e i servizi che trasgrediscono le legislazioni locali. Ma invece di auspicare un semplice ammorbidimento delle leggi esistenti, gli attivisti del mercato transatlantico si propongono senza mezzi termini di riscriverle loro stessi. La Camera americana di commercio e BusinessEurope, due tra le più grandi organizzazioni imprenditoriali del pianeta, hanno richiesto ai negoziatori del Ttip di riunire attorno a un tavolo di lavoro un campionario di grossi azionisti e di responsabili politici affinché questi «redigano insieme i testi di regolamentazione» che avranno successivamente forza di legge negli Stati uniti e in Unione europea. C’è da chiedersi, del resto, se la presenza dei politici in questo laboratorio di scrittura commerciale sia veramente indispensabile…

Di fatto, le multinazionali mostrano una notevole franchezza nell’esporre le loro intenzioni. Sulla questione degli Ogm, ad esempio. Mentre negli Stati uniti uno stato su due pensa di rendere obbligatoria un’etichetta indicante la presenza di organismi geneticamente modificati in un alimento – misura auspicata dall’80% dei consumatori del paese –, gli industriali del settore agroalimentare, là come in Europa, spingono per l’interdizione di questo tipo di etichettatura. L’Associazione nazionale dei confettieri non usa mezzi termini: «L’industria statunitense vorrebbe che il Ttip progredisse su tale questione sopprimendo l’etichettatura Ogm e le norme relative alla tracciabilità». L’influente Associazione dell’industria biotecnologica (Biotechnology industry organization, Bio), di cui fa parte il colosso Monsanto, dal canto suo si indigna perché alcuni prodotti contenenti Ogm e venduti negli Stati uniti possano subire un rifiuto sul mercato europeo. Essa desidera di conseguenza che il «baratro che si è scavato tra la deregolamentazione dei nuovi prodotti biotecnologici negli Stati uniti e la loro accoglienza in Europa» sia presto colmato (8). Monsanto e i suoi amici non nascondono la speranza che la zona di libero scambio transatlantico permetta di imporre agli europei il loro «catalogo ricco di prodotti Ogm in attesa di approvazione e di utilizzo (9)».

Le rivelazioni sul Datagate

L’offensiva non è meno vigorosa sul fronte della privacy. La Coalizione del commercio digitale (Digital Trade Coalition, Dtc), che raggruppa industriali del Net e del hi-tech, preme sui negoziatori del Ttip per togliere le barriere che impediscono ai flussi di dati personali di riversarsi liberamente dall’Europa verso gli Stati uniti (si legga l’articolo a pagina 20). I lobbisti si spazientiscono: «L’attuale punto di vista dell’Unione, secondo cui gli Stati uniti non forniscono una protezione “adeguata” della privacy, non è ragionevole».

Alla luce delle rivelazioni di Edward Snowden sul sistema di spionaggio dell’Agenzia nazionale di sicurezza (National security agency, Nsa), tale opinione risoluta è certo interessante. Tuttavia, non eguaglia la dichiarazione dell’Us council for international business (Uscib), un gruppo di società che, seguendo l’esempio di Verizon, ha massicciamente rifornito la Nsa di dati personali: «L’accordo dovrebbe cercare di circoscrivere le eccezioni, come la sicurezza e la privacy, al fine di assicurarsi che esse non siano ostacoli cammuffati al commercio».

Anche le norme sulla qualità nell’alimentazione sono prese di mira. L’industria statunitense della carne vuole ottenere la soppressione della regola europea che vieta i polli disinfettati al cloro.All’avanguardia di questa battaglia, il gruppo Yum!, proprietario della catena di fast food Kentucky fried chicken (Kfc), può contare sulla forza d’urto delle organizzazioni imprenditoriali. L’Associazione nordamericana della carne protesta: «L’Unione autorizza soltanto l’uso di acqua e vapore sulle carcasse». Un altro gruppo di pressione, l’Istituto americano della carne, deplora «il rifiuto ingiustificato [da parte di Bruxelles] delle carni addizionate di beta-agonisti, come il cloridrato di ractopamina». La ractopamina è un medicinale utilizzato per gonfiare il tasso di carne magra di suini e bovini. A causa dei rischi per la salute degli animali e dei consumatori, è stata bandita in centosessanta paesi, tra cui gli stati membri dell’Unione, la Russia e la Cina. Per la filiera statunitense del suino, tale misura di protezione costituisce una distorsione della libera concorrenza a cui il Ttip deve urgentemente porre fine. Il Consiglio nazionale dei produttori di suino (National pork producers council, Nppc) minaccia: «I produttori americani di carne di suino non accetteranno altro risultato che non sia la rimozione del divieto europeo della ractopamina».

Nel frattempo, dall’altra parte dell’Atlantico, gli industriali raggruppati in BusinessEurope, denunciano le «barriere che colpiscono le esportazioni europee verso gli Stati uniti, come la legge americana sulla sicurezza alimentare». Dal 2011, essa autorizza infatti i servizi di controllo a ritirare dal mercato i prodotti d’importazione contaminati. Anche in questo caso, i negoziatori del Ttip sono pregati di fare tabula rasa. Si ripete lo stesso con i gas a effetto serra. L’organizzazione Airlines for America (A4A), braccio armato dei trasportatori aerei statunitensi, ha steso una lista di «regolamenti inutili che portano un pregiudizio considerevole alla [loro] industria» e che il Ttip, ovviamente, ha la missione di cancellare. Al primo posto di questa lista compare il sistema europeo di scambio di quote di emissioni, che obbliga le compagnie aeree a pagare per il loro inquinamento a carbone. Bruxelles ha provvisoriamente sospeso questo programma; A4A esige la sua soppressione definitiva in nome del «progresso».

Ma è nel settore della finanza che la crociata dei mercati è più virulenta, Cinque anni dopo l’esplosione della crisi dei subprime, i negoziatori americani ed europei si sono trovati d’accordo sul fatto che le velleità di regolamentazione dell’industria finanziaria avevano fatto il loro tempo. Il quadro che essi vogliono delineare prevede di levare tutti i paletti in materia di investimenti a rischio e di impedire ai governi di controllare il volume, la natura e l’origine dei prodotti finanziari messi sul mercato. Insomma si tratta puramente e semplicemente di cancellare la parola «regolamentazione».

Da dove viene questo stravagante ritorno alle vecchie idee thatcheriane? Esso risponde in particolare ai desideri dell’Associazione delle banche tedesche, che non manca di esprimere le sue «inquietudini» a proposito della tuttavia timida riforma di Wall street adottata all’indomani della crisi del 2008. Uno dei suoi membri più intraprendenti sul tema è la Deutsche bank, che ha tuttavia ricevuto nel 2009 centinaia di miliardi di dollari dalla Federal reserve statunitense in cambio di titoli addossati a crediti ipotecari (10). Il mastodonte tedesco vuole farla finita con la regolamentazione Volcker, chiave di volta della riforma di Wall street, che a suo avviso sovraccarica un «peso troppo grave sulle banche non statunitensi». Insurance Europe, punta di lancia delle società assicurative europee, dal canto suo auspica che il Ttip «sopprima» le garanzie collaterali che dissuadono il settore dall’avventurarsi negli investimenti ad alto rischio. Quanto al Forum dei servizi europei (l’organizzazione padronale di cui fa parte la Deutsche bank), questi si agita dietro le quinte delle trattative transatlantiche affinché le autorità di controllo statunitensi cessino di ficcare il naso negli affari delle grandi banche straniere operanti sul loro territorio.

Da parte degli Usa, si spera soprattutto che il Ttip affossi davvero il progetto europeo di tassare le transazioni finanziarie. La questione pare essere già intesa, dal momento che la stessa Commissione europea ha giudicato tale tassa non conforme alle regole del Wto (11). Nella misura in cui la zona di libero scambio transatlantica promette un liberismo ancora più sfrenato di quello del Wto, e dato che il Fondo monetario internazionale (Fmi) si oppone a qualunque forma di controllo sui movimenti di capitali, negli Stati uniti la debole «Tobin tax» non preoccupa più nessuno.

Ma le sirene della deregolamentazione non si fanno ascoltare solo nell’industria finanziaria. Il Ttip intende aprire alla concorrenza tutti i settori «invisibili» e di interesse generale. Gli stati firmatari si vedranno costretti non soltanto a sottomettere i loro servizi pubblici alla logica del mercato, ma anche a rinunciare a qualunque intervento sui fornitori stranieri di servizi che ambiscono ai loro mercati. I margini politici di manovra in materia di sanità, energia, educazione, acqua e trasporti si ridurrebbero progressivamente.

La febbre commerciale non risparmia nemmeno l’immigrazione, poiché gli istigatori del Ttip si arrogano il potere di stabilire una politica comune alle frontiere – senza dubbio per facilitare l’ingresso di un bene o un servizio da vendere, a svantaggio degli altri.

Da qualche mese si è intensificato il ritmo dei negoziati. A Washington, si hanno buone ragioni di credere che i dirigenti europei siano pronti a qualunque cosa per ravvivare una crescita economica moribonda, anche a costo di rinnegare il loro patto sociale. L’argomento dei promotori del Ttip, secondo cui il libero scambio deregolamentato faciliterebbe i commerci e sarebbe dunque creatore di impieghi, apparentemente ha maggior peso del timore di uno scisma sociale. Le barriere doganali che sussistono ancora tra l’Europa e gli Stati uniti sono tuttavia già «abbastanza basse», come riconosce il rappresentante statunitense al commercio (12). I fautori del Ttip ammettono che il loro principale obiettivo non è quello di alleggerire i vincoli doganali, comunque insignificanti, ma di imporre «l’eliminazione, la riduzione e la prevenzione di politiche nazionali superflue (13)», dal momento che viene considerato «superfluo» tutto ciò che rallenta la circolazione delle merci, come la regolazione della finanza, la lotta contro il riscaldamento climatico o l’esercizio della democrazia. In realtà i rari studi dedicati alle conseguenze del Ttip non si attardano per nulla sulle sue ricadute sociali ed economiche.

Un rapporto frequentemente citato, proveniente dal Centro europeo di economia politica internazionale (European centre for international political economy, Ecipe), afferma con l’autorevolezza di un Nostradamus da scuola commerciale che il Ttip darà alla popolazione del mercato transatlantico un aumento di ricchezza di 3 centesimi pro-capite al giorno… a partire dal 2029 (14). A dispetto del suo ottimismo, lo stesso studio valuta ad appena 0,06% l’aumento del prodotto interno lordo (Pil) in Europa e negli Stati uniti in seguito all’entrata in vigore del Ttip. Ancora, un tale «impatto» è decisamente non realistico dato che i suoi autori postulano che il libero scambio «dinamizza» la crescita economica: una teoria regolarmente confutata dai fatti. Un aumento così infinitesimale sarebbe d’altronde impercettibile. A titolo di paragone, la quinta versione dell’iPhone di Apple ha generato negli Stati uniti una crescita del Pil otto volte più importante.

Pressoché tutti gli studi sul Ttip sono stati finanziati da istituzioni favorevoli al libero scambio o da organizzazioni imprenditoriali, ragione per cui i costi sociali del trattato non appaiono mai, così come le sue vittime dirette,che potrebbero tuttavia ammontare a centinaia di milioni. Ma i giochi non sono ancora conclusi. Come hanno mostrato le disavventure del Mai, del Ftaa e alcuni cicli di negoziati del Wto, l’utilizzo del «commercio» come cavallo di Troia per smantellare le protezioni sociali e instaurare una giunta di incaricati d’affari in passato ha fallito a più riprese. Nulla ci dice che non possa succedere la stessa cosa anche questa volta.

* Direttrice del Public Citizen’s Global Trade Watch, Washington, DC

venerdì 24 ottobre 2014

Gli insegnamenti bioregionali di Don Totò le Mokò



bongiorn paol quest li so scritt ier , ni sacce coma e'  vid mpo tu', bbona jurnat!



Nel film toto le moko, nella casba di una citta del marocco toto intona questo canto: io non ci volevo venire…stavo così bene a napoli…! 
(https://www.youtube.com/watch?v=W-bZvUI2dQQ)

E anch io non ci volevo venire, stavo così bene nell iperuranio!

…ohi..ohi…mio olivello spinoso mi hanno messo al mondo senza istruzioni per l uso…ahi non mi ci raccapezzo!
mi sento come una lattuga sbattuta sulla lettiga!
le istruzioni sono semplici prima della nascita formiamo una unita perfetta maschile e femminile, una sfera separata in due parti. le due parti vengono mandate sulla terra con il desiderio di ricongiungersi alla meta’ perduta. qualcuno la ritrova, qualcun altro non la trova mai. 


e’ come la storia di astolfo che va sulla luna a cercare il senno di orlando, trova una montagna gigantesca degli uomini senza senno e un mucchietto piccolino degli uomini col senno, così per l amore, un mucchietto piccolissimo di quelli che hanno ricomposto l unita perfetta, la sfera e un mucchio gigantesco delle parti mancanti che vagano tutta la vita senza trovarsi.

noi siamo quel che siamo su una terra che non ce’, 

il cielo e’ blu i sogni sono blu
rosso cuore per il viandante come il fiore per l'amore
cantavo qualche anno fa con la mia chitarra!

una anziana signora mi dice spesso che siamo di passaggio.. siamo tutti di passaggio!

un anziano signore ripete spesso
..andiamo avanti…poi di seguito…il formaggio!

con il formaggio o senza formaggio andiamo avanti!

tempo fa ho scritto una poesia in dialetto


lu cucitor

mo nghi lu petrosin

mo nghi la majuran

li bardisce li cummann


s intitola: il senso delle cose.


Il sarto ora con una scusa ora con un altra,
manda i ragazzi a fare commissioni.
allo stesso modo dio illude gli uomini,
come bambini ora con il prezzemolo
ora con la maggiorana.


un altra poesia in dialetto:

a giuann..!

ddu saggicce

quattr zocch di liv

na fronn d anzalat

e mi vaj a durmi’

scalz e scapill

e bbona nott coccia pilat

nu salut a tutt quind




Ferdinando Renzetti  (poeta bioregionale di Pescara,  ed oltre)

giovedì 23 ottobre 2014

Ebola, il virus... che viene dal verde



Ebola è un virus estremamente aggressivo che provoca una serie complessa e rapidissima di sintomi:  febbre, forte mal di testa, dolore muscolare, diarrea, vomito, dolori addominali ed emorragie inspiegabili. 

Il periodo di incubazione (dal momento del contagio all'insorgenza dei primi sintomi) va da 2 a 21 giorni. La morte è fulminante e sopraggiunge nello stesso periodo (2-21 giorni).

Ebola si trasmette attraverso il contatto diretto con i fluidi corporei infetti di una persona malata. Quindi la trasmissione può avvenire attraverso il contatto col sangue, la saliva, lo sperma, il vomito, le lacrime, l’urina, le feci e il latte materno. Questo significa che si è esposti al virus se uno di questi fluidi entra in contatto con una ferita aperta e con le mucose del nostro organismo altrimenti non c’è verso di ammalarsi. Il virus non si trasmette per via aerea e questo riduce moltissimo la possibilità di contagio su larga scala.

Qualche esempio su come si può contrarre ebola:
- se si fa sesso con una persona malata è molto probabile che si contragga il virus, che può sopravvivere fino a 3 mesi circa nello sperma anche di chi ha superato la malattia;
- se ci si bacia o si condivide del cibo con una persona malata;
- se si entra in contatto con una superficie sulla quale si è depositato un fluido corporeo di una persona malata, come la maniglia di una porta o la tastiera di un bancomat; il virus sopravvive alcune ore all’esterno di un organismo, se si tocca la superficie infetta e poco dopo ci si toccano gli occhi o si mettono le dita in bocca potrebbe avvenire il contagio;
- se si viene punti da un ago di una siringa usata per trattare un paziente con ebola, cosa che può più che altro accadere se si è un operatore sanitario;
- se si partecipa ai riti per la pulizia del cadavere di una persona morta a causa di ebola, e quindi se si entra in contatto diretto con i fluidi del cadavere, uno dei modi in cui si diffonde più facilmente il virus nei paesi africani dove si seguono particolari rituali durante i funerali.

Esempi di come NON si può contrarre il virus Ebola:
 - se si entra in contatto con persone senza sintomi (ma che poi sviluppano la febbre emorragica). Ebola si può prendere solo da persone che hanno già i sintomi della malattia: prima il virus non è presente nei fluidi  perché non ha ancora colonizzato con alte concentrazioni l’organismo.
 - se si viaggia in aereo con una persona che poi ha sviluppato i sintomi.
  - attraverso la puntura di una zanzara. Ebola si diffonde solo tra mammiferi e non non ci sono prove dirette che venga trasportato dagli insetti come avviene per esempio per la malaria con le zanzare. 

Al momento solo uomini, scimmie, primati e pipistrelli possono venire contagiati (e trasmettere) il virus.
 
Fonti: Videonews  
http://www.gruppocinqueterre.it

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mercoledì 22 ottobre 2014

Fano - Report del coordinamento economico/ecologista del 4 ottobre 2014 (presso Emporio AltraEconomia)



Care/i tutte/i  - Invio il REPORT dell'incontro dello scorso 4 ottobre con le proposte emerse dalle esperienze presentate. Il report è diviso in due documenti :
PARTE TESTUALE con le proposte sono ben dettagliate e una sintesi delle considerazioni emerse nei vostri interventi. Questo documento contiene delle domande a cui siete invitati a rispondere.
Vi chiedo di farmi riavere anche in PRIVATO, se non volete intasare le mail di tutti,  la vostra risposta e quella dei vostri gruppi di riferimento in merito alle domande contenute nel report.
A questo punto decidiamo insieme SE e come procedere tutti insieme e con quale metodo e strumenti. Il mio compito finisce qui nel rispetto del principio in cui credo dove "procede solo ciò per cui ci adoperiamo spontaneamente e che sentiamo veramente nostro e non ciò che necessita per forza dell'impegno di alcuni"
Grazie per avermi letta ed ascoltata fino a qui 
Ora a tutti noi il testimone, Katya - katya.mastantuono@gmail.com

Foto del profilo di Katya Mastantuono



INTRODUZIONE a cura di Katya Mastantuono

CONTESTO LOCALE
Il territorio marchigiano è ricco di esperienze locali sviluppatisi armoniosamente. Alcune più recenti sono state accompagnate da altre storicamente più radicate. Tutte concorrono a promuovere nei valori e nella pratica a manutenere reti tra persone e realtà fondate su una società giusta che sviluppa non solo buona economia ma anche buona cultura, buon territorio consapevoli che questo è possibile se vi è coesione sociale, partecipazione e processi democratici, in alcuni casi anche con azioni ben riuscite di autogoverno.
Da qualche tempo TRA le reti marchigiane in vari ambiti, si è esplicitata la esigenza, e conseguente riflessione, sulla necessità di connettersi maggiormente in una ipotesi di cammino comune che includa anche altre realtà avvcinate nelle innumerovoli attività culturali ed economiche di questi ultimi anni.

PRIORITA' e OPPORTUNITA'
Alcune sollecitazioni interne ai nostri territori e che ci provengono a livello nazionale in questi mesi potrebbero dare origine ad una proposta plurale e varia che, se ben coordinata attraverso un metodo di lavoro, potrebbe rappresentare un buona esperienza per ciò che le reti locali richiedono:
a livello culturale e politico ---> potenziare a livello locale le sinergie già attive tra le varie esperienze delle nostre comunità di azione economica e di cittadinanza
a livello economico ---> produrre significativi risultati in termini di costruzione di filiere solide e solidali

PARTECIPANTI
In prima battuta sono state invitate persone che collaborano e partecipano al Laboratorio Nazionale di Nuova Economia e ad ITALIA CHE CAMBIA, alla rete di Economia Solidale, ai GIT di Banca Etica, ai Circoli per la Decrescita, alle comunità in Transizione, ad alcuni consorzi di imprese, agli imprenditori dell'Economia di Comunione, alle imprese sociali e alcune cooperative, a persone che stanno approfondendo l'Economia del Bene Comune, a realtà di progettazione territoriale, ai referenti della rete per il Bioregionalismo, a chi segue l'esperienza di Genuino Clandestino, a reti e associazioni che si occupano della difesa dei diritti e dei beni comuni, ai Gruppi di Acquisto Solidale, ad organizzazioni che si preoccupano di povertà e disagio sociale.
Siamo 56,  e 2 persone non presenti ci hanno affidato il loro contributo.

OBIETTIVO dell'INCONTRO
Questo incontro ha carattere informativo e consultivo per valutare l'interesse di agire verso un coordinamento di tutte le reti oggi presenti e sulla ipotesi di avviare nelle Marche una percorso collettivo ovvero un processo, animato e sviluppato dalle reti locali, per potenziare la collaborazione di carattere economico e culturale tra i percorsi attivi per aumentarne il potenziale.
Inoltre per conoscere le proposte del Laboratorio nazionale di Nuova Economia e quella di Italia che cambia per verificare se possono rappresentare utili strumenti e metodi di lavoro per questo percorso.
A queste due proposte si aggiunge un terzo sostegno che è quello della Scuola di AltraEcnomia che partirà nei prossimi mesi a cura dell'Università della Pace e che potrebbe rappresentare il pilastro FORMATIVO di questa proposta.

PRIMA PROPOSTA : PRESENTAZIONE DEL LABORATORIO DI NUOVA ECONOMIA
a cura di FRANCA BRUGLIA per REES MARCHE, di SOANA TORTORA per SOLIDARIUS ITALIA e EMILIANA RENELLA per area socio-culturale di BANCA ETICA

Il laboratorio nasce tra alcune realtà che avevano partecipato fattivamente alla costruzione dell'esperienza di TERRA FUTURA. Parte come percorso di conoscenza che vuole attraversare l'Italia e incontra oltre realtà di diverso genere, dimensione e identità che eidenziano -MOLTEPLICITA', CREATIVITA' e VIVACITA' al SUD,
-SOSTENIBILITA' e IMPORTANTI ESPERIENZE SOCIALI al NORD,
-COESIONE e FITTE RETI al CENTRO.
I risultati hanno mostrato che:
-La nuova economia è già una realtà matura in molti territori ed è un mix del miglior agire in ambito profit e non profit orientato al bene comune diffuso.
-Abbiamo bisogno di reimparare per leggere in modo unitario tutta questa polvere di belle esperienze e comprendere come divulgarle e farne patrimonio comune
Il laboratorio nazionale continuerà in una elaborazione di carattere più teorico le cui priorità sono rappresentate da OCCUPAZIONE/LAVORO/GIOVANI
L'idea emersa è inoltre quella di proseguire questa osservazione attraverso la stimolazione e il sostegno di LABORATORI LOCALI che ciascun territorio potrà interpretare secondo i soggetti presenti, le priorità e le azioni possibili da percorrere.
Gli strumenti che il laboratorio nazionale sarà in grado di fornire alle esperienze locali sono:
  • azione di coordinamento e sintesi tra esperienze laboratoriali locali
  • indicatori e valori capaci di interpretare la sostenibilità socio-ambientale ed economica a livello locale;
  • indicatori di economia di comunità per potenziare la dimensione di rete e di prossimità;
  • migrare esperienze relative la legalità, sviluppo e innovazione
Il 17 ottobre a NOVO MODO, Firenze si comprenderà meglio la proposta che per ora è così sintetizzabile :
  • metodo: ricerca-azione
  • fase 1: emersione dei bisogni da parte del territorio
  • fase 2: definizione condivisa delle priorità
  • fase 3: azione di restituzione costante alle realtà partecipanti
  • fase 4; definizione del ruolo delle risorse disponibili (umane, materiali e immateriali, economiche)
  • fase 5: definizione condivisa dell'azione da intraprendere (per il raggiungimento degli obiettivi defniti prioritari)


La domanda esplicita sulla quale dobbiamo esprimerci è:
  • Alle reti presenti all'incontro, questa proposta rappresenta una metodologia/strumento di lavoro utile agli obiettivi che ci proponiamo?
  • Rappresenta una priorità?
  • Chi si rende disponibile a seguire con continuità e responsabilità l'avvio di questa sperimentazione locale (qualora la si ritenga utile e prioritaria)?

Abbiamo chiesto delle schede di dettaglio di questa proposta ma non ci sono giunte. Non sappiamo per esempio come dovrebbe finanziarsi un laboratorio locale ed eventualmente sono state fatte delle valutazioni in merito. Andrea Ceccarelli di Coop. Gerico, Emporio AE è stato presente all'incontro di Firenze e se vuole può intervenire per aumentare il livello di consapevolezza di tutte/i noi rispetto a questa proposta.
SECONDA PROPOSTA: PRESENTAZIONE DEL PROGETTO ITALIA CHE CAMBIA / MARCHE CHE CAMBIANO a cura di DANIEL TAROZZI e ANDREA DEGLI INNOCENTI

Italia che Cambia è un gruppo di giornalisti, attivisti e professionisti della comunicazione web ed audiovisiva che si è formato in 12 anni (viene dalle esperienze di Terranauta.it e de IlCambiamento.it, entrambi progettati da me e dalla scrittura di due libri, Io Faccio Così e Islanda chiama Italia).
Su
www.italiachecambia.org il curriculum e la mission dell'associazione/testata giornalistica.
Dopo il mio viaggio di sette mesi in camper e il secondo viaggio di due mesi in camper con Andrea Degl'Innocenti e i quasi due anni di vagabondaggi vari con i treni abbiamo percorso l'Italia in lungo e in largo testimoniando che esiste un pezzo di Paese totalmente trascurato dai mass media che FUNZIONA:
Imprenditori che mettono al centro la sostenibilità e sentono meno la crisi (e in molti casi stanno addirittura assumendo)Sindaci che realizzano politiche straordinarie nonostante l'assenza di budget,Comitati di cittadini che vincono battaglie straordinarie per la tutela dei territori e dei beni comuni
Gruppi che si attivano nelle
periferie difficili e portano a compimento progetti di integrazione o di cittadinanza attiva
Singoli che si licenziano per motivi etici, che cambiano stile di vita, che ripopolano territori abbandonatiGiovani che scelgono di tornare a coltivare la terra perché lo trovano la cosa migliore e non per obbligo
E molto altro ancora

I mondi della
decrescita, della transizione, della permacultura, dell'economia solidale, del bioregionalismo, dell'ecologia profonda, della finanza etica e così via toccano, nella più pessimistica delle stime, sei milioni di persone.

Nelle Marche, come ho potuto tastare con mano, si è sviluppato uno dei "movimenti" più maturi e concreti La Rete, qui, è già viva e pulsante anche se molti dei protagonisti della rete stessa non ne sono consapevoli.
Ecco perché, una volta deciso di partire con i progetti regionali (Puglia che Cambia, Lazio che Cambia ecc) si è deciso di partire come territorio pilota proprio con le Marche
Qui vorremmo costruire
- un portale web su base regionale che mappi, racconti e faccia interagire le realtà che si muovono sul territorio fornendo loro "strumenti" di comunicazione e interazione che spinga le persone a "fare cose" sui territori
- un vero e proprio
social destinato all'azione anziché alla chiacchiera e all'incontro con chi è vicino anziché al parlare con chi è lontano
- un
contenitore collettivo di tutti quei saperi utili per passare all'azione e mettersi in movimento (schede e video delle esperienze più interessanti che si muovono in Italia con possibilità di contattare e "copiare" o prendere ispirazione).
-
un giornale web che racconti e valorizzi tutto quanto si muove nei mondi cangianti delle Marche
Questo portale (Marche che cambiano) sarà all'interno di Italia che Cambia, ma avrà anchbe una sua identità specifica.
In questo modo si ottiene il doppio risultato
- si costruisce uno strumento
a forte valenza locale
- si mantiene il contatto lo
scambio e il contatto con il nazionale
Noi forniamo strumenti, contatti, reti, competenze ma non ci sostituiamo minimamente a chi fa le cose. Non arriviamo da fuori con l'arroganza di sostituirsci ma con l'obiettivo di metterci al
servizio.
Ecco perché, una volta realizzata l'infrastruttura e i video, pensiamo ad una gestione ordinaria del progetto che sia portata avanti da una persona in loco scelta su vostra indicazione e da una nostra che "da Roma" coordina e rende funzionale il tutto nella visione più ampia.
La filosofia che ci muove è sempre quella del
cooperare e mai quella del competere.
Per quel che ci riguarda la possibilità di collaborare con il Laboratorio di "Nuova Economia" e/o con Scuola di AltraEconomia de l'Università della Pace è in piena linea con la nostra filosofia e il nostro modus operandi.

Daniel e Andrea ci hanno anche inviato un budget per questo servizio che non è assolutamente trascurabile. Ma prima di addentrarci nella questione del budget sarebbe importante sapere la vostra opinione. Come prima la domanda è la stessa

  • Alle reti presenti all'incontro, questa proposta rappresenta una metodologia/strumento di lavoro utile agli obiettivi che ci proponiamo?
  • Rappresenta una priorità?
  • Chi si rende disponibile a seguire con continuità e responsabilità l'avvio di questa sperimentazione locale (qualora la si ritenga utile e prioritaria)?



TERZA PROPOSTA : avvio verso la SCUOLA DI ALTRAECONOMIA promossa dall'UNIVERSITA' della PACE riferita da colloquio con il promotore ROBERTO MANCINI

La Scuola di AltraEconomia è una proposta che promuovere la ricerca di un nuovo modello economico, non mira a qualificare le esperienze attive che a vario titolo tendono ad un aggiustamento/correzione di quello esistente e offrirà percorsi formativi inerenti.
Rappresentapertanto un utile terzo pilastro relativo alla ricerca teorica e alla formazione.

Il percorso è finanziato dall'Università della Pace ma non sappiamo quando verrà attivato, chi saranno i destinatari delle varie azioni formative e come si accederà ad esse. In ogni caso rappresenta alivello regional eun ulteriore pezzo di costruzione del puzzle di ciò che è attivo nel ns territorio anche a livello di pensiero sistemico e non solo di buone prassi.

La domanda è sempre la stessa

  • Alle reti presenti all'incontro, questa proposta rappresenta una metodologia/strumento di lavoro utile agli obiettivi che ci proponiamo?
  • Rappresenta una priorità?
  • Chi si rende disponibile a seguire con continuità e responsabilità l'avvio di questa sperimentazione locale (qualora la si ritenga utile e prioritaria)?



Ora il domandone finale

  • Ritenete che queste proposte possano connettersi tra loro?
  • Tutte? Solo alcune tra queste?
  • Perchè ne escludiamo alcune?
  • Chi le coordina a livello locale?


SINTESI DEI VOSTRI INTERVENTI

Tutti gli interventi sono orientati a promuovere un percorso collaborativo a livello territoriale.
Gli ambiti di intervento evidenziati sono di vario genere
  • ambito valoriale-culturale-politico: trovare un linguaggio comune e capire il senso che assegniamo alle nostre pratiche. C'è bisogno di tornare a riconoscerci, a trasmettere e scambiare le nostre pratiche e strumenti di valutazione e di analisi. Occorre meticciarsi, confondersi, compenetrare le reti e i percorsi che dovranno essere sempre più plurali. Al consumo critico e alla produzione ecologica occorre avanzare nel recupero del senso di comunità, di cittadinanza, di gestione democratica. Essere in prima linea nella difesa dei beni collettivi e comuni come il lavoro, le terre, l'acqua e la salubrità dell'aria. La difesa di una gestione pubblica e con finalità sociali dei servizi per le comunità, la lotta contro la svendita dei beni di tutti, nel sostenere decisioni che mantengano equilibrio tra progresso e risorse disponibili. Qui si colloca il potenziale della proposta di Laboratorio terrritoriale di nuova economia e le nostre azioni di reti in ambito valoriale e culturale
  • Ambito economico : creare strumenti operativi per costruire filiere tra le realtà che condividono un altro modo di produrre, di intendere il lavoro, di vendere e di acquistare dove ci sia spazio per sperimentare cooperazione inedita anche tra realtà miste (profit e no profit). Avere partner finanziari che siano nodi di rete e capaci di relazionarsi questo NUOVO SISTEMA ormai non più di nicchia ma variegato e diffuso, difficile, critico, ma innovatore. Progettare non più singolarmente ma a livello di territorio (non può più essere al centro una impresa, un gruppo di imprese, un settore, ma deve essere al centro un territorio intero). Aumenta la complessità e dobbiamo essere capacità a sostenerla. Qui si collocano TUTTE le nostre esperienze di rete in ambito operativo.
Le aziende presenti evidenziano che realtà che innovano dal punto di vista produttivo e sociale esistono e vogliono far parte di questo percorso ma devo essere sostenute nei fatti: ecco perche servono filiere vere, di fornitori e di consumatori responsabili e non solo enunciazioni di principio. Dobbiamo fare un salto: con le sole enunciazioni di principio le aziende chiudono! I consumatori hanno bisogno di potersi fidare e di essere sostenute anche da organizzazioni di consumatori che divulgano informano e aumentano la penetrazione di nuove pratiche e favoriscono imprese virtuose.

  • ambito comunicativo: conoscere, sapere, divulgare, diffondere maggiormente le nostre realtà. Saper attrarre con metodiche comunicative nuove e ecologiche. Usare le tecnologie spinte ma non trascurare gli incontri e le relazioni che dovranno essere frequenti, intesi, durevoli, proficui, produttivi, empatici. Così come le tecnologie dovranno essere accessibili, friendly, semplici, senza filtri. In questo caso il portale Italia che cambia è molto utile. Qui ben si colloca la proposta di MARCHE che cambiano. Finora in questo ambito siamo stati tutti abbastanza carenti
  • Ambito sistemico: elevarsi dal singolo sperimentare pratiche sulle quali ciascuna esperienza ha maturato una buona competenza ma tentare di proporsi per sperimentare un modello sistemico nato dalla conciliazione e integrazione di quanto fatto da tutti fino ad oggi. Ciascuno per la sua parte e per ciò che sa fare, Dunque Ricerca, scuola, formazione. E tanta informazione. Occorre inoltre capire il ruolo del settore pubblico e se esiste una funzione pubblica sana da sostenere e con la quale collaborare e far leva. Qui si colloca la proposta della Scuola di AltraEconomia. Finora in questo ambito siamo stati tutti abbastanza carenti