domenica 8 giugno 2014

ISTAT: "Sicurezza alimentare a rischio. In Italia diminuisce sempre più la superficie agricola"


Treia - Campagna abbandonata e pannelli solari a terra

I dati forniti dall’ISTAT, con il VI Censimento dell’agricoltura, rilevano ancora una volta, le cattive politiche di pianificazione e di programmazione seguite da decenni, le quali hanno prodotto una forte perdita di superficie agricola e i cui effetti hanno provocato danni all’ambiente, al paesaggio e alla produzione agricola, mettendo in serio pericolo la sicurezza alimentare della popolazione italiana.

Tra il 1971 e il 2010 si è avuta una diminuzione di superficie agricola utilizzata (S.A.U.) di 5 milioni di ettari, pari al territorio occupato dalla Lombardia, dalla Liguria e dall’Emilia Romagna. Le cause che maggiormente incidono sulla perdita di superficie agricola sono da attribuirsi essenzialmente a due fenomeni: il continuo abbandono dei terreni, e l’impermeabilizzazione del suolo. Quest’ultimo fenomeno ogni giorno interessa 100 ettari di suolo, provocando danni irreversibili in modo particolare proprio ai terreni migliori, quelli delle aree pianeggianti.

Dal 1970 la S.A.U. è diminuita del 28% interessando soprattutto le superfici coltivate a seminativi (-26%) e prati permanenti (-34) vale a dire i prodotti di base dell’alimentazione degli italiani quali: pane, pasta, riso, carne, verdure, latte e tutto questo è avvenuto mentre si registra un aumento della popolazione.

La continua perdita di terreno agricolo condurrà senza alcun dubbio, il nostro Paese a dipendere sempre di più dall’estero per l’approvvigionamento alimentare.

Il Trattato di Roma del 1957, art. 33, poneva l’obiettivo prioritario di “garantire la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari” ai propri cittadini, raggiunto dopo anni tale obiettivo, oggi esso è messo in serio pericolo tanto che l’insufficienza della produzione agricola può condurre l’Italia a dover dipendere per la sua alimentazione da paesi esteri!

Se si esaminano non solo ai prodotti alimentari ma l’insieme dei beni colturali quali: fibre tessili, biocarburanti, si evidenzia come il nostro paese consumi più di quanto, il proprio suolo agricolo è in grado di produrre. Ciò è dovuto al forte “deficit di suolo agricolo” infatti, l’Italia, è il terzo Paese nell’Unione per deficit di suolo agricolo e il quinto nel mondo.

In altri termini abbiamo appena 12 milioni di ettari di suolo agricolo a fronte di 61 milioni di ettari di suolo necessari per coprire i consumi della popolazione in termini di cibo, fibre tessili e biocarburanti. Quali sono quindi le conseguenze di un deficit di 49 milioni di ettari di suolo?

La dipendenza alimentare dell’Italia potrebbe divenire una variabile delle dinamiche economiche, demografiche, sociali e geopolitiche dei paesi produttori di risorse alimentari che nel breve periodo avrà una forte influenza sui prezzi dei prodotti e nel medio lungo-periodo potrà accrescere il rischio di scarsità alimentare. Da una stima fatta dell’European Commission nel 2011, è stato calcolato che nel 2050, cioè fra trentasette anni, la domanda dei prodotti agricoli su scala mondiale crescerà del 70% mettendo sottopressione i sistemi ambientali agro-alimentare.

Possiamo ancora permetterci di non difendere i nostri suoli, e in modo particolare quelli più produttivi, dai processi di cementificazione che da anni avvengono su tutto il territorio nazionale? Infatti, i fattori che maggiormente provocano la sottrazione di suolo agricolo in Italia, sono essenzialmente due: l’abbandono delle terre e la cementificazione. Quest’ultimo fattore incide notevolmente sulla minore produzione agricola poiché interessa i terreni fertili e posti in pianura, nonché quelli limitrofi alle città ricche d’infrastrutture e di facile accesso.

La cementificazione o impermeabilizzazione dei suoli, non è altro che il risultato delle più scellerate politiche di pianificazione del territorio fatte da anni in Italia. Essa denota la mancanza culturale attribuendo all’ambiente e all’agricoltura uno scarso valore, economico, sociale, ambientale.

Dal 1950 a oggi la popolazione è cresciuta del 28% mentre la cementificazione del 166%, che in termini di superficie vuol dire aver coperto, un territorio grande quanto la Calabria.

In Italia in 15 anni dal 1995 al 2009 i comuni hanno rilasciato complessivamente permessi per costruire 3,8 milioni di metri cubi, un’urbanizzazione che in molte realtà italiane ha significato cementificare l’intera città.

Senza volere approfondire gli effetti che la continua sottrazione di suolo ha sull’ambiente, sia in termini di alterazione del paesaggio che di compromissione dell’ecosistema, mi preme rilevare come la continua sottrazione di suolo sta creando seri problemi alle produzioni agricole minacciando la sicurezza alimentare della nostra popolazione. È un tema per certi aspetti inedito nel panorama culturale del nostro bel Paese, che richiede la più totale attenzione da parte delle forze politiche, istituzionali e dei cittadini per evitare di trovarsi a dipendere per il proprio fabbisogno alimentare da paesi di altri Continenti.

È auspicabile e necessario che una legge sul contenimento del consumo di suolo e sulla valorizzazione delle aree agricole sia approvata dal Parlamento in occasione dell’apertura dell’Expo2015: questo sarebbe un modo reale e concreto per rispondere al tema posto dall’evento mondiale “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.

Giuseppe Sarracino

(Fonte A.K.)

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