venerdì 23 maggio 2014

Altragricoltura Nordest: "Carta d'intenti per la biodiversità e contro gli Ogm"



Cari amici bioregionalisti, dopo gli incontri di Vicenza al Terre Resistenti festival e di Roma, per Genuino Clandestino, vi mandiamo  la bozza della “Carta d'intenti per la tutela della biodiversità e contro la diffusione degli Ogm”, curata da Altragricoltura Nordest e aperta al contributo di
tutte e tutti.

Vi aspettiamo inoltre  sabato 24 maggio 2014, giornata internazionale di boicottaggio della Monsanto. A presto,

Chiara Spadaro

347.9087538,  spadaro.chiara@gmail.com 




Carta d'intenti per la tutela della biodiversità e contro la diffusione di Ogm

Bozza in costruzione a cura di Altragricoltura Nordest

Noi cittadini, consumatori e produttori, associazioni e movimenti contrari alla coltivazione e alla commercializzazione di Organismi geneticamente modificati (Ogm), riteniamo necessario e urgente intervenire subito a tutela della salute umana e animale, dell'ambiente e della biodiversità, per costruire un modello agroalimentare ecologicamente e socialmente sostenibile.
Sottoscrivendo questa carta di intenti ci impegnano ad affermarne i principi e lo spirito in tutti gli ambiti della società in cui siamo inseriti, nonché a costruire un movimento sociale ampio e incisivo, organizzando o sostenendo tutte quelle pratiche e forme di lotta che permettano di incidere a tutela della biodiversità e di fermare la diffusione degli Ogm in Italia e all'estero.

1. Premesso che
  • gli Organismi geneticamente modificati sono il prodotto di tecniche di ingegneria genetica che permettono di inserire nel patrimonio genetico di una specie, geni provenienti da una specie completamente diversa, modificandoli se necessario;
  • le tecniche di manipolazione genetica che producono Ogm non sono assimilabili né a quelle che utilizzano processi biologici (come innesti e incroci) - da sempre utilizzate per selezionare piante e animali con caratteri più adatti all'ambiente o in grado di aumentare la produttività -, né alle più recenti tecniche di mutazione genetica, che producono varianti dello stesso patrimonio genetico e non inseriscono nuovi geni;
  • gli Ogm - come le tecniche per ottenerli e riprodurli, nonché i geni utilizzati per ottenere il nuovo organismo - sono stati brevettati da grandi aziende multinazionali che, nonostante il principio della non brevettabilità di organismi viventi, sono riuscite ad ottenere il diritto esclusivo al loro sfruttamento. Ogni persona che coltivi, anche senza saperlo, una pianta geneticamente modificata deve pagare quindi all'azienda produttrice delle royalties;
  • la soia e il mais Ogm sono utilizzati principalmente per la produzione di mangimi animali;
  • tra le piante geneticamente modificate, 4 hanno un impatto significativo sulla produzione mondiale: si tratta di soia, cotone, mais e colza. Due di queste - soia e cotone - hanno conquistato il mercato con rispettivamente il 79% e il 70%, mentre il 32% del mais e il 24% della colza sono Ogm1.
  • I Paesi in cui sono presenti coltivazioni transgeniche sono 27; in 5 Paesi - Stati Uniti, Brasile, Argentina, India e Canada - vi sono coltivazioni di ampie dimensioni che coprono gran parte dei circa 175 milioni di ettari seminati a Ogm2.
  • L'Unione Europea, a seguito delle pressioni delle multinazionali e di un'azione formale presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC-WTO) di alcuni grandi paesi produttori (USA, Argentina e Canada), ha rivisto la politica della “moratoria di fatto” introducendo un nuovo quadro regolamentare che, a partire dal 2004, ha portato all’autorizzazione all'importazione e alla coltivazione di alcuni Ogm: principalmente varietà di soia, mais, cotone e colza3.
  • A oggi, 8 Paesi dell'Unione Europea - Francia, Germania, Lussemburgo, Ungheria, Grecia, Bulgaria, Polonia, Austria - hanno adottato la clausola di salvaguardia per vietare la coltivazione di Ogm. L’Austria ha anche adottato una moratoria sull'importazione dei mais Mon810 e T25, e ha raggiunto un accordo volontario con le maggiori catene di supermercati e le aziende dei mangimi per l'esclusione dalla loro filiera alimentare di prodotti derivanti da Ogm.
  • L'Italia ha garantito fino al 2013 una moratoria di fatto sulla coltivazione di Ogm. Allo stesso tempo però ha permesso l’importazione di materia prima e derivati da Ogm autorizzati dall’Unione Europea (in particolare mangimi animali).
  • Nel maggio del 2013 la Corte di Giustizia Europea ha sentenziato che l'Italia non può sottoporre ad autorizzazione la coltivazione di una pianta modificata geneticamente già autorizzata dall'Unione Europea. Questa decisione ha incentivato un piccolo gruppo agricoltori del Friuli Venezia Giulia a piantare il mais Ogm prodotto dalla Monsanto, Mon810. La posizione ambigua del Governo non ha evitato il raccolto e la messa in commercio di questo mais. Le analisi effettuate dal Corpo forestale allo scopo di verificare eventuali contaminazioni ambientali nei terreni limitrofi a quelli coltivati a mais Ogm hanno dimostrato un “inquinamento genetico” fino al 10%.
  • Attualmente gli Ogm arrivano negli scaffali dei supermercati direttamente all’interno di prodotti di largo consumo, come derivati (amido modificato di mais, sciroppo di mais, mono e digliceridi degli acidi grassi, destrosio, lecitina di soia [E322], olio di soia, olii vegetali, olio di mais, malto di mais per la produzione di birra) o indirettamente, perché gli animali sono stati alimentati con mangimi (l'80% dei mangimi italiani ed europei contiene soia e mais Ogm).

2. Consapevoli che gli Ogm
  • rappresentano un pericolo per la salute umana e animale. Ormai numerosi studi indipendenti mostrano che vi sono rischi di insorgenza di allergie e intolleranze, rischi di sviluppo di resistenza ad antibiotici da parte di batteri patogeni presenti nel nostro organismo (resistenza conferita da un gene marker utilizzato per verificare che l'inserimento del transgene sia andato a buon fine); rischi derivanti da metaboliti dei diserbanti (malformazioni; il linfoma non Hodgkin è correlato all'uso di glifosato e circa il 75% delle coltivazioni Ogm contengono il gene resistente al glifosato). Inoltre esiste un serio rischio da alterazione del funzionamento dei geni. Come ha affermato il premio Nobel per la Medicina, Renato Dulbecco, è stato dimostrato che introducendo un nuovo gene in una cellula, la funzione di un gran numero di altri geni viene alterata; non è sufficiente introdurre un gene nell'organismo per determinarne l'effetto, che invece dipende da quali altri geni sono già presenti4. Ovviamente, allo stato attuale delle conoscenze, non sappiamo quali geni e quando saranno alterati.
  • Non evitano l'uso di pesticidi e sono una grave minaccia per l'ambiente: tre quarti degli Ogm commercializzati sono resistenti ad erbicidi, i quali di norma sono venduti dalle stesse compagnie multinazionali che producono le sementi transgeniche. Non solo queste piante presuppongono l'uso di questi prodotti chimici (fitofarmaci, antiparassitari e fertilizzanti) dannosi per l'ambiente, gli eco-sistemi agricoli e gli esseri umani (agricoltori e consumatori), ma i dati mostrano una proliferazione di piante infestanti sempre più resistenti5 e un aumento nel consumo di biocidi. Le piante modificate con geni per la resistenza agli insetti (l'altra grande famiglia di Ogm) producono la tossina non solo in loro presenza, ma sempre e su tutta la pianta. La tossina quindi ammazza anche insetti o altri piccoli animali non dannosi se non utili e seleziona nel tempo insetti resistenti alla tossina vanificando la caratteristica della modificazione genetica.
Recenti studi6, inoltre, dimostrano che la contaminazione da Ogm è in continuo aumento: sono state trovate piante transgeniche in ambienti naturali o agricoli nei quali non dovrebbero essere presenti e aumentano le tracce di Ogm nei prodotti alimentari e nei mangimi. La contaminazione è tanto più dannosa se avviene in ecosistemi dove sono presenti piante selvatiche simili a quelle transgeniche coltivate: in questo caso è stata riscontrata un'incontrollata diffusione dei geni transgenici tra le piante. Gli Ogm partecipano alla riduzione della biodiversità agricola e più in generale a quella naturale che rappresenta la nostra vera ricchezza: la biodiversità è infatti a un tempo condizione per l'adattamento delle specie al variare dell'ambiente e garanzia di mantenimento della complessità degli equilibri ambientali.
  • Non sono più economici, non aumentano la produttività delle colture e non aiutano a risolvere il problema della fame nel mondo. Nonostante l'enfasi sugli impatti economici e sociali con i quali vengono spesso presentati, gli Ogm non sembrano essere vantaggiosi: se non per le poche grandi multinazionali che li producono. Le sementi transgeniche sono coperte da brevetto e quindi chi le coltiva, anche se involontariamente (contaminazione), deve pagare delle royalties. Le sementi transgeniche quindi costano di più delle sementi convenzionali e come dimostra l’esperienza statunitense, chi ha acquistato sementi brevettate deve per contratto continuare a farlo per un periodo determinato. Così, negli USA, la Monsanto ha già fatto causa a numerosi agricoltori per violazione contrattuale7. Molti studi evidenziano che le piante transgeniche non sono più produttive delle varietà convenzionali8, anzi una ricerca recente9 sostiene che diano rese inferiori. Gli Ogm ovviamente non risolvono la fame nel mondo: sono utilizzati per lo più nella mangimistica animale destinata ai Paesi dove è maggiore il potere d’acquisto e per di più non si tratta nemmeno di piante ingegnerizzate per essere coltivate in condizioni svantaggiose. Ad ogni modo è evidente che la povertà è il principale motivo della fame e delle carenze alimentari che continuano ad affliggere il mondo: milioni di famiglie non hanno denaro a sufficienza per permettersi di acquistare un cibo sano, nutriente e buono o le attrezzature agricole per produrlo. I problemi di accesso alle risorse sono frutto delle disuguaglianze sociali e della logica liberista nel sistema agroalimentare che considera il cibo, la terra e le risorse naturali come una qualsiasi merce e non come dei beni comuni ai quali devono potere avere accesso tutti gli esseri umani.
  • Sono l'ultima frontiera della “rivoluzione verde” e della strategia di conquista dell'agricoltura da parte delle multinazionali. Gli ogm sono la prosecuzione di quella grande rivoluzione che a partire dagli anni '60 e '70 del secolo appena passato ha permesso ad alcune grandi industrie della chimica una rapida riconversione nella nuova fase postbelica10. Nella rivoluzione verde queste multinazionali hanno trovato una straordinaria opportunità di profitto costruita sulla conquista dei processi produttivi e nella conseguente dipendenza degli agricoltori da input esterni (sementi ibride, fertilizzanti, insetticidi, tecnologia, conoscenza, piani di produzione). Industrializzazione, monocultura e intensificazione della produzione, concimi di sintesi e pesticidi, standardizzazione delle varietà coltivate e sementi ibride, finanziarizzazione delle commodities, sono stati questi gli assi portanti della nuova agricoltura. Una rivoluzione che ha investito violentemente i modi di produzione e di organizzazione sociale, i consumi alimentari e le forme di approvvigionamento e non per ultimo gli ecosistemi agricoli e naturali. La bandiera ideologica del progresso ha imposto la dismissione dei principi della sovranità alimentare, dell'agricoltura conservativa e del diritto di ogni essere umano ad accedere ad un cibo sano e nutriente, mentre ha sostenuto la mercificazione e il controllo gerarchico del cibo. Con gli Ogm le multinazionali cercano una nuova strada per rilanciare i loro già cospicui profitti: da una parte promettendo di risolvere alcuni “problemi” generati della rivoluzione verde (basse rese dovute alla desertificazione dei suoli e dall'utilizzo di ibridi non adatti all'ambiente in cui vengono coltivati), da un'altra intensificando la strategia di controllo dell'agricoltura passando alla brevettazione degli organismi viventi. Un modello nel quale la possibilità di avere accesso ai semi, alla terra e ad un cibo sano, non è un diritto uguale per tutti, ma dipende dalla capacità di pagare.

3. Ci poniamo l’obbiettivo di contrastare gli Ogm nei punti nevralgici della loro produzione e distribuzione. Nello specifico riteniamo indispensabile:
  • Fermare il processo di produzione degli Ogm: dalla creazione di semi transgenici a fini riproduttivi in laboratorio, alla loro brevettazione da parte delle multinazionali dell’ agroindustria; dalla riproduzione in campo di sementi madre per la vendita agli agricoltori, fino alla coltivazione in campo aperto per la produzione di materia prima.
  • Fermare il processo di trasformazione degli Ogm: sia all’interno dell’industria alimentare che li utilizza come ingredienti primari o come derivati nei prodotti destinati direttamente al consumo umano, che per quanto riguarda l’utilizzo sotto forma di mangimi nell’industria zootecnica, che fornisce comunque buona parte della nostra alimentazione (carne, uova, latte e derivati, ecc).
  • Fermare la commercializzazione e il consumo di Ogm: imponendo un’etichettatura completa e trasparente dei prodotti finiti, anche laddove gli ogm non costituiscono un ingrediente principale (granella, olio, ecc), ma sono un derivato ottenuto da piante ogm (lecitine, glucosio, amidi, ecc…)11. Esigendo, nel caso dei prodotti animali e loro derivati, una tracciabilità completa dei mangimi utilizzati. Scegliendo per la nostra alimentazione prodotti rispettosi dell’ambiente, della salute umana e del benessere animale, che escludano esplicitamente l’uso di ogm. Sostenendo attivamente e sviluppando filiere agroalimentari alternative e virtuose.

4. Per raggiungere questi obbiettivi ci proponiamo di:
  • creare un movimento di cittadini attivi, consapevoli dei rischi rappresentati dagli Ogm e da una agricoltura dipendente dal commercio estero, dalle multinazionali e dalla chimica;
  • sviluppare, diffondere e sostenere sistemi produttivi e distributivi rispettosi dell’essere umano e dell’ambiente, che mettono al centro la sovranità alimentare, l’agricoltura di conservazione e la difesa della terra come bene comune;
  • portare avanti con continuità azioni radicate sul territorio, capaci di coinvolgere la popolazione e creare una mobilitazione ampia sia da parte dei consumatori sia da parte dei produttori/trasformatori. Intendiamo articolare nella quotidianità della vita il rifiuto degli ogm e di un modello agricolo e alimentare distruttivo e spersonalizzante. Riteniamo che per affrontare un problema così grande e complesso non ci si possa limitare ad eventi mediatici estemporanei di comunicazione del dissenso, né sperare che la faccenda si risolva solo su un piano normativo astratto. Privilegiamo dunque l'azione diretta, non limitandoci alla delega istituzionale, ricostruendo una presenza reale e continua nei campi e nei luoghi di produzione, diffusione e consumo di cibo, ovvero dove gli ogm circolano ed hanno rilevanza economica.
  • Individuare nello spazio europeo il terreno strategico della mobilitazione, nella consapevolezza che i territori in cui viviamo e l’Italia potranno essere realmente liberi dagli ogm solo se riusciremo a cambiare i rapporti di forza almeno al livello in cui si decidono le politiche in materia di agricoltura e commercio.
  • Contrastare tutti quegli accordi internazionali (multilaterali o bilaterali) - come quello che ha costituito l’OMC-WTO o il trattato di partenariato transatlantico (Ttip) che stanno discutendo Stati Uniti ed Unione Europea - sul commercio mondiale che impongono il primato del libero scambio sul principio di precauzione e in generale sui vincoli posti a tutela dell’ambiente e della salute umana.
  • Stringere legami di solidarietà fra le realtà che condividono gli obiettivi sopra menzionati, accettando la diversità delle pratiche e sostenendo le forme di lotta che hanno come fine il raggiungimento degli obbiettivi sopracitati.

    5. Nella pratica, sottoscrivendo questa carta, ci impegniamo attraverso una partecipazione attiva e costante a:
      5.1. fare pressione sulle istituzioni locali, nazionali ed europee:
  • perché siano aumentati i controlli sulla presenza di ogm negli alimenti, in particolare su quei prodotti che in base alla loro composizione (presenza di: amido modificato di mais, sciroppo di mais, mono e digliceridi degli acidi grassi, destrosio, lecitina di soia [E322], olio di soia, olii vegetali, olio di mais, ecc) sono a rischio di contaminazione, anche accidentale;
  • perché sia applicato il principio di precauzione e venga vietata e sanzionata la produzione, la coltivazione, le importazioni e la commercializzazione di Ogm;
  • perché sia resa obbligatoria una etichettatura trasparente che permetta di sapere se i prodotti che troviamo nei supermercati contengano derivati di ogm e se gli animali da cui derivano certi prodotti (come il latte, la carne, le uova, ecc.) siano stati alimentati con mangimi Ogm;
  • perché tutti i prodotti che vengono qualificati come Made in Italy ed in particolare quelli che si fregiano del marchio DOP (ad es.: Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Asiago, Prosciutto di Parma, Prosciutto San Daniele) garantiscano l'assenza di tracce di Ogm e nel caso di derivati animali certifichino che l'alimentazione degli animali provenga da filiere free ogm al 100%;
  • perché vengano adottate tutte quelle misure e politiche che permettono di bloccare concretamente la diffusione degli ogm nei diversi punti della loro catena di produzione e commercializzazione.
5.2. Fare pressione sui punti strategici della catena del valore degli Ogm (multinazionali produttrici di semi e piante, mangimifici, consorzi agrari, supermercati, agricoltori):
  • organizzando campagne di informazione e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle categorie professionali direttamente coinvolte;
  • aprendo delle vertenze contro chi produce e distribuisce prodotti Ogm e derivati;
  • lanciando campagne di boicottaggio (ad esempio segnando con etichette “rischio Ogm” i prodotti presenti nei supermercati sui quali esiste un serio dubbio sul fatto che contengano derivati di Ogm).
5.3. fare rispettare, con l’azione diretta o con il sostegno a chi la pratica, il “principio di precauzione”, in assenza della mancanza di interventi concreti da parte delle istituzioni:
  • nei campi, attraverso controsemine o il taglio delle piante, per evitare la contaminazione delle piante nei terreni circostanti;
  • nei punti in cui vengono commercializzati (mangimifici, consorzi agrari, supermercati) bloccandone la vendita.

5.4. Valorizzare e far crescere quantitativamente e qualitativamente le filiere alimentari che escludono gli Ogm, rispettano l’ambiente, la saluta umana e il benessere animale:
  • recuperando, riproducendo e condividendo su una scala congrua le sementi e le piante autoctone, frutto del lavoro di selezione delle generazioni che ci hanno preceduto e adattate alle condizioni dei nostri territori. Tale ricchezza deve essere messa a disposizione dei coltivatori e delle reti sociali (Gruppi d'acquisto solidale, orti sociali, mercati dei produttori) con l’ambizione di fare arrivare cibo sano, nutriente, buono e sostenibile sulle tavole di tutti.


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Questa bozza per una Carta d'intenti per la tutela della biodiversità e contro la diffusione degli Ogm
è stata scritta da Altragricoltura Nordest e discussa in assemblea al Terre Resistenti festival il 26 aprile scorso.
Si tratta di un documento aperto al contributo di tutte e tutti,
che guarda ai percorsi resistenti a tutela della biodiversità diffusi sul territorio italiano e all'estero.

Per informazioni e contributi:


1 Fonte ISAAA (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications), 2014.
2 USA (69,5 milioni di ettari, colture di mais, soia, cotone, colza, barbabietola da zucchero, alfalfa, papaia, zucchina); Brasile (36,6 milioni di ettari, colture di soia, mais, cotone); Argentina (23,9 miloni di ettari, coltivazioni di mais, soia, cotone); India (11 milioni di ettari, cotone); Canada (10,8 milioni di ettari, colza, mais, soia, barbabietola da zucchero). Fonte ISAAA, 2014.
3 Nel 2012 sono stati piantati in Europa 129mila ettari di masi transgenico. Fonte ISAAA.
4 Renato Dulbecco, in Scienza & Tecnologia, La Reppubblica, 22 novembre 2002: http://www.repubblica.it/online/scienza_e_tecnologia/artificiale/dulbecco/dulbecco.html.
5 Charles M Benbrook, 2012, Impacts of genetically engineered crops on pesticide use in the U.S. -- the first sixteen years, Environmental Sciences Europe: http://www.enveurope.com/content/24/1/24.
6 Fao, 2014, Technical Consultation on Low Levels of Genetically Modified (GM) Crops in International Food and Feed Trade; Test Biotech - Institute for Indipendent Impact Assessment in Biotechnology, 2013, Transgene Escape. Global atlas of uncontrolled spread of genetically engineered plants. Inoltre, non possiamo dimenticare la vicenda del mais transgenico “Starlink” dell’Aventis. Questa varietà nonostante fosse stata autorizzata esclusivamente per i mangimi animali e non per il consumo umano, in quanto già sospetta di essere potenzialmente allergenica, venne rinvenuta all’interno di prodotti commercializzati da Kraft, in seguito alla segnalazione di decine di casi di persone che avevano denunciato sintomi di tipo allergico dopo averli ingeriti.
9 Jack A. Heinemann, Melanie Massaro, Dorien S. Coray, Sarah Zanon Agapito-Tenfen, Jiajun Dale Wen, 2014, Sustainability and innovation in staple crop production in the US Midwest, International Journal of Agricultural Sustainability, 12:1: http://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/14735903.2013.806408.
10 L’industria agrochimica fattura intorno ai 45 miliardi di dollari. Solamente 6 multinazionali controllano il 75% del mercato: Monsanto, Syngenta, Bayer, DuPont, Basf e Dow.

11 Siamo consapevoli che la legislazione esistente già prevede l’etichettatura dei prodotti contenenti, composti o ottenuti da Ogm, ma è pur vero che i controlli posti in essere dal Ministero della Salute evidenziano un numero di positivà a tali organismi che è in continuo aumento.  

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