martedì 7 gennaio 2014

Treia (Macerata) - Indicazioni della LAV sul benessere dei cani di proprietà comunale



Alla Dott.ssa Tiziana Tombesi, Commissario Prefettizio, Comune di Treia

E, p.c.
Alla Dott.ssa Barbara Foglia,  Comune di Treia

Alla Dott.ssa Gaetana Ferri, Direttore Sanità Animale, Ministero della Salute . Roma

Gentile Dott.ssa Tombesi, essendo venuta a conoscenza che è stato indetto dall’Amministrazione comunale un bando per l’affidamento ad idonea struttura dei cani di proprietà comunale, mi permetto, in pieno spirito di collaborazione, di inviare alcune indicazioni che hanno l’obiettivo di garantire il benessere degli animali inteso nel suo senso più ampio anche come concreta possibilità di una loro adozione (si veda in proposito la circolare del Ministero della Sanità n.5 del 14.5.2001, ove si legge testualmente che “ferma restando l'assunzione in proprio, da parte dei Comuni dei relativi oneri di legge, si ritiene che la legge 281/1991 debba essere interpretata considerando i principi generali stabiliti dall'articolo 1, secondo il quale lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali da affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente. Partendo da tale considerazione il criterio della economicità che legittima la scelta della concessione della gestione dei canili da parte dei comuni, non deve essere valutato unicamente come criterio economico ma deve essere inteso in riferimento al citato articolo 1, in sostanza l’economicità deve essere riferita non solamente a chi garantisce i minori costi di gestione dei canili ma soprattutto a chi garantisce anche il benessere animale. Il benessere animale dei cani randagi riguarda sia le loro condizioni di vita nelle strutture che li ospitano che le attività dirette al loro affidamento e al relativo controllo. Pertanto l’articolo 2, comma 11 e l’articolo 4, comma 1,della legge 281 devono essere intesi nel senso che le convenzioni per la gestione dei canili e dei rifugi devono essere concesse prioritariamente alle associazioni o agli enti aventi finalità di protezione degli animali”), atteso che non è accettabile né dal punto di vista etico, né sostenibile dal punto di vista finanziario, che un cane debba trascorrere tutta la vita rinchiuso in un canile a spese dei cittadini.

Dal momento che il Comune di Treia non si è dotato di una propria struttura e, di conseguenza si deve rivolgere a strutture private, è di primaria importanza che la struttura prescelta garantisca agli propri animali (già vittime di comportamenti irresponsabili dell’uomo come abbandoni, maltrattamenti ecc…) un soddisfacente livello di benessere psico-fisico, non solo perché la legge e l’etica lo impongono, ma perché solo in tal modo si possono realizzare le condizioni per promuovere la loro adozione: cani maltenuti, non socializzati, intimoriti o affetti da zoonosi come la leishmania o da altre patologie non curate hanno davvero poche possibilità di essere adottati, e rischiano pertanto di rimanere in carico alla amministrazione comunale e quindi ai cittadini per tutta la vita.

Nella scelta della struttura si dovranno pertanto tenere nella dovuta considerazione una serie di condizioni indispensabili perché si possano realizzare le finalità di cui alla L. 281/91 e alla L.R. 10/97 e relativo regolamento:

1) la presenza di un numero sufficiente di addetti al canile in relazione al numero dei cani ospitati:

è impensabile che 1 o 2 persone riescano ad accudire, far sgambare giornalmente (come stabilito dalla legge) e socializzare un numero medio di 200 cani;

2) controlli sanitari puntuali e frequenti documentati da libretti sanitari da parte di un veterinario di fiducia del Comune: per far adottare facilmente un cane è necessario garantirgli adeguate cure veterinarie perché i cani affetti da malattie o zoonosi (es .leishmania)che sono trasmissibili all’uomo, non sono quasi mai prescelti per una adozione.

Sul punto si lamenta che spesso i gestori, che debbono sostenere le spese veterinarie necessarie, non vi provvedono per ovvi motivi di convenienza economica;

3) la presenza di zone per la sgambatura a cui si possa accedere direttamene dai box (art.3 RR 2/2001);

4) la presenza dei volontari delle associazioni protezionistiche a cui l’art.19 della L.R. 10/97 attribuisce compiti istituzionali di viglianza e a cui l’ art. 4 della L.281/91 attribuisce il compito di gestire le adozioni, in assenza dei quali i comuni non sono legittimati a stipulare convenzioni.

In proposito il Comune deve pretendere dal gestore che questi collabori con le associazioni di volontariato consentendo l’accesso dei volontari nella struttura per conoscere i cani, socializzare con essi, fotografarli e schedarli in base all’indole e alle caratteristiche fisiologiche, in modo da poter promuovere in modo responsabile quante più adozioni possibili.

Purtroppo troppo spesso si è constatato che nei canili gestiti da privati la presenza e l’azione dei volontari viene osteggiate con forza proprio per contrastare l’effetto dell’azione di volontariato consistente nell’aumento del numero delle adozioni (più adozioni= meno guadagni per il gestore);

5) che l’ orario di apertura della struttura, deciso dal Comune sentite le associazioni di volontariato e il gestore, sia quotidiano ed il più ampio possibile, così come prevede la legge (art.5,comma2, R.R. 2/2001) quindi non si possono predisporre orari differenti;

6) dare preferenza ai rifugi gestiti da Associazioni come prescritto dalla sopra menzionata circolare del Ministero della Sanità (peraltro con la LR 15 del 30 /5/2013 è previsto indire bandi riservati alle associazioni – si veda circolare regionale inviata a tutti i comuni in data 3/4/2013):

le Associazioni che gestiscono i canili essendo ONLUS prestano la loro attività avendo come fine prioritario il benessere animale e le adozioni dei cani da loro ospitati, mentre il privato opera a scopo di lucro in evidente conflitto di interessi con l’amministrazione comunale (più cani, meno spese = più guadagni); inoltre alle associazioni non deve essere corrisposta l’IVA, con un risparmio netto sul costo finale del servizio pari al 22%.

7) considerare con attenzione i casi in cui i gestori delle strutture abbiano precedenti penali per reati di maltrattamento, o abbiano pendenze giudiziarie in corso per tali reati.

Si ricorda che i comuni sono titolari in proprio di poteri di vigilanza e controllo in base alla L.R.10/97, e che l’accertamento dei reati in danno degli animali di cui alla L. 189/2004 compete a tutte le Forze di Polizia, comprese quelle comunali.

Tali funzioni non possono essere demandate alla ASUR, che è organo tecnico, e che l’accertamento di tali reati è compito dell’autorità giudiziaria.

In proposito si fa presente che quasi tutti i canili e gli allevamenti che nelle Marche sono stati oggetto negli ultimi anni di sequestro penale, avevano tutti dalla loro parte relazioni ASUR che non evidenziavano alcuna criticità.

E’ noto che nei confronti del gestore del canile ove al momento sono affidati i cani del comune di Treia è in corso un procedimento penale per maltrattamento (art.544 ter cp), e risulta che, anche di recente, alcuni cani ivi ricoverati, adottati da associazioni, cani di cui il Sindaco ha la responsabilità per legge, sono stati trovati in condizioni sanitarie gravissime, documentate da referti medici e foto (della questione credo si occuperà nuovamente l’autorità giudiziaria); inoltre si rileva l’elevato numero di cani in carico al comune (80 cani circa per un comune di meno di 10.000 abitanti! Il doppio, in proporzione, rispetto ad altri comuni marchigiani che si avvalgono del servizio di rifugi gestiti o seguiti da associazioni che hanno visto negli anni ridurre drasticamente il numero dei cani da mantenere!)

Mi auguro che in sede di affidamento del servizio si tengano conto delle osservazioni testè svolte, che il bando sia stato esteso o possa essere esteso anche ad altre strutture che attualmente non abbiano la disponibilità numerica ben potendo frazionare l’affidamento . Mi auguro, inoltre, che il servizio sia affidato a strutture che, senza il minimo dubbio, diano la massima garanzia di correttezza e di corrispondenza a quanto disposto dalle leggi, anche a dimostrazione di un corretto uso del denaro pubblico di cui un’Amministrazione comunale deve rendere conto ai propri cittadini.

RingraziandoLa per l’attenzione, a disposizione per eventuali chiarimenti, Le invio distinti saluti.

5 gennaio 2014 - Dott.ssa Maria Aquila

Referente LAV per le Istituzioni delle Marche
E.mail: maria.aquila@tiscali.

1 commento:

  1. Sono pienamente d'accordo con la Dott.ssa Aquila.
    I Comuni sono i primi che devono vigilare sul benessere, sia fisico che psichico (cibo adeguato, sgambatura,ecc.) dei cani dati in affidamento.
    La famiglia (o il privato) che si reca al canile desidera avere a che fare con cani il più possibile adottabili e docili, e non cani provati dalla detenzione, diffidenti o troppo esuberanti.

    Il canile dovrebbe essere un passaggio, un posto dove i cani vengono "preparati" ad essere adottati, e non luoghi di detenzione a vita.

    L'interesse delle Associazioni è aiutare i Comuni a far adottare i cani, e a farli stare meglio di come stanno. Sostenerle (facilitando, per esempio, il loro ingresso nei canili privati) significa aumentare le adozioni e gravare meno sulle casse comunali.
    Dott. ssa Chiara Palanca - Educatrice cinofila S.I.U.A.

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