martedì 24 settembre 2013

Spitzbergen - La banca del seme dei colossi che stanno distruggendo ogni seme


Se ne parla anche in questo libro


....la memoria è nel seme...

L’analisi sistematica delle specie vegetali presenti nel mondo iniziò nella fredda Svezia nella metà del ’700, dove Linneo e la schiera dei suoi discepoli si presero la briga di raccogliere informazioni sulle specie arboree, sistemando un catalogo botanico di tutto ciò che cresce sulla faccia della Terra. 

Potremmo dire che Linneo avviò la prima "banca del seme" egli era un ricercatore amante della natura e la sua opera era a vantaggio di tutta l’umanità.

Oggi, strano a dirsi, l’onere dello studio e della conservazione  delle erbe commestibili ed officinali è passata dai ricercatori erboristici alle multinazionali, fra cui la Fondazione Rockefeller, Monsanto e Syngenta, i due colossi del geneticamente modificato.  Infatti non distante dalla patria di Linneo, nelle fredda isola di Spitzbergen nel mare di Barents, esse hanno costruito una mastodontica superbanca di tutte le sementi presenti nel mondo.

"Una banca scavata nel granito, con speciali aeratori, portelloni e muraglie in cemento armato a prova di bomba" 

Forse ci si aspetta la fine del mondo? Oppure semplicemente si cerca attraverso i brevetti di appropriarsi dei diritti d’autore della vita sul pianeta? 


Non voglio però assumere un atteggiamento catastrofista,
poiché di situazioni drammatiche il pianeta Terra ne ha vissute ben altre. Quello che conta è il mantenimento dell’intelligenza e della capacità di sopravvivenza e tale capacità, come abbiamo visto accadere nell’isola di Bikini, sede degli esperimenti nucleari francesi, ha una forza inimmaginabile. Infatti lì dove ci si aspettava la morte si è
invece scoperto un ecosistema eccezionalmente vitale e prospero, soprattutto in "assenza" dell’uomo.

L’isola dei pazzi di Spitsbergen sarà come la torre di Babele, ne son certo, in quel fortilizio del "valore aggiunto" resterà solo un accumulo morto di informazioni. La capacità elaborativa della vita si farà beffe dell’arroganza "scientifica" e, malgrado l’apparente cecità, l’uomo non potrà distruggere la vita (di cui egli stesso è emanazione). E questo malgrado la sterile raccolta umana di informazioni, che ha preso il sopravvento sulla capacità di riscoprire giorno per giorno la freschezza della vita, alla fine la capacità di conservazione saprà "affermarsi". Lo vedo in quel che succede negli
interstizi dell’asfalto, in mezzo alle immondizie, tra i veleni più pestilenziali di questa società opulenta e un po’ tonta…

Eppure l’uomo è la somma di una complicata rete di complessi, psicosi, nevrosi, istinti, fissazioni e intuizioni. Ora pare che le multinazionali, le stesse che provvedono ad avvelenare e distruggere il pianeta, vogliono conservare l’intero patrimonio genetico della terra? 


Vediamo cosa succede!

Ma intanto vi ricordare il racconto "la Giara" in cui compare Titta dopo aver fatto riparare una grande giara crepata da un vasaio che era dovuto entrarvi dentro si rende conto che per far uscire il vasaio occorreva rompere di nuovo la giara? 


Sapete poi come le scimmie vengono prese in trappola? Si mette nella foresta una gabbietta inchiodata al suolo in cui è ben visibile un grosso frutto, la scimmia l’afferra con la mano ma poi non può più estrarla, se non lasciando il frutto, ma la sua avidità è talmente forte che preferisce restar lì finché arriva l’ideatore della trappola e afferra la scimmia per la
collottola….

Nessuna cosa viva è in grado di condurre in se stessa un’esistenza separata, distaccata, dal resto della vita. Attraverso la virtualizzazione si misura l’esistente sul piano dell’illusione, del glamour, della distorsione, dell’accumulo di conoscenze utilitaristiche, creando così confusione fra l’identità provvisoria e quella permanente. In sanscrito questo processo-trappola si chiama "aham vritti" ovvero proiezione speculativa dell’io che si identifica con le tendenze con cui viene in contatto. 


Ma in natura "ogni cosa ha il suo posto ed ogni posto ha la sua cosa" era il motto del nostro Linneo, stretto osservatore non interventista….. ed il mio con lui.


Paolo D'Arpini


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Di questi argomenti se ne parlerà durante l'incontro che si tiene a Macerata,  presso il Centro Natura di Mauro Garbuglia, Via della Pace 83,   il 19 ottobre 2013 alle. h. 17.30 - 
Info. bioregionalismo.treia@gmail.com - 0733/216293  - 0733/230387



Paolo D'Arpini in campagna, vicino Treia


Qui di seguito il nostro manuale di sopravvivenza in termini naturali:

La nostra pratica di vita quotidiana ci ha insegnato a riconoscere il
valore e l’importanza del cibo. Sia nella sua produzione che nel modo
di consumarlo. Se il nostro cibo è caricato di energia spirituale
naturale, che viene cioè da una spontanea manifestazione vitale, è
sicuramente idoneo a mantenere il nostro equilibrio psicofisico.
Questo cibo è quello che cresce nel luogo in cui viviamo (bioregione),
in modo il più possibile naturale, e che viene consumato nella sua
propria stagione di maturazione, in quantità moderate. Una dieta
"satvica" (cioè spirituale) è basata su vegetali, cereali, legumi,
frutta, semi, miele, latte materno e talvolta anche uova e derivati
del latte. Questa è la dieta naturale dell’uomo, come dimostra anche
l’anatomia comparata e le analisi coprologiche negli antichi
insediamenti umani.

Per quanto riguarda la produzione del nostro cibo il primo passo da
fare è divenire consapevoli di quello che spontaneamente cresce nel
territorio in cui viviamo. Questo iniziale processo di osservazione e
accomunamento con la terra è necessario per scoprire quali erbe e
frutti eduli siano già disponibili in natura, cresciuti in armonia
organolettica con il suolo e quindi esprimenti un vero cibo integrato
per chi là vive. Lo stesso approccio conoscitivo va applicato verso la
fauna selvatica che condivide la presenza in equilibrio naturale.

Il passo successivo è quello di sperimentare l’inserimento nel terreno
prescelto di piante imparentate con quelle autoctone od in sintonia
con esse. Questa graduale "promozione" non può essere vissuta con
l’occhio distaccato di un agronomo, va invece interiorizzata come
un’opera di alchimia fra noi e l’ambiente. Scopriamo così la nostra
comune appartenenza alla vita che ci circonda nelle varie forme.

Il mio consiglio, dopo qualche passeggiata assieme a noi per
riconoscere erbe e piante selvatiche commestibili, è quello di fare i
compiti a casa, organizzando sul terrazzo, in giardino, ovunque sia
possibile in città, piccole coltivazioni integrative, come il
prezzemolo, il basilico, peperoncino, salvia, topinambur, zucche
rampicanti, etc. che servono anche ad alzare la qualità spirituale del
cibo reperibile in città.


http://www.circolovegetarianocalcata.it/alimentazione-ed-ecologia/

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