venerdì 15 marzo 2013

Il Tibet vive anche a Treia... durante i festeggiamenti per San Patrizio


Palazzo comunale di Treia

Ieri mattina, 14 marzo 2013, avevo ricevuto una mail da Andrea Mozzoni, un consigliere comunale di Treia che si occupa di attività culturali, in cui mi invitava ad una conferenza che si sarebbe tenuta la sera stessa al Comune dal titolo “Tibet, il cuore ferito dell'Asia”. Ho trovato un po' strano che un tema simile venisse trattato qui a Treia, non avevo mai sospettato che potesse esserci interesse per cose così distanti, visto anche che l'incontro si svolgeva all'interno dei festeggiamenti per San Patrizio, il patrono di Treia (di cui vi ho già parlato in una precedente storiella, vedi: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/search?q=san+patrizio++treia).

La conferenza veniva annunciata per le ore 21.00 e voi sapete che io sono una specie di cenerentolo, quando cala la sera, mi ritiro e non metto più il naso fuori. Ma trovando comunque interessante l'argomento ho chiesto consiglio a Caterina la quale, ovviamente, mi ha incoraggiato ad andare...

Più tardi, durante la passeggiata del tardo pomeriggio, passando per la piazza principale del paese, ho incontrato per strada lo stesso Andrea il quale mi ha rinnovato a voce l'invito a partecipare. Ho mormorato qualcosa senza dare un'assicurazione precisa ma poi alle 21, dopo aver mangiato due mele per cena, ecco che mi son trovato nella bella sala consiliare dove c'erano già i relatori pronti a ricevere il pubblico. A dire il vero in quel momento di pubblico ero il solo presente... Tant'è che abbiamo potuto presentarci e scambiarci qualche convenevole.

Nyima Dondhup, il rappresentante della comunità tibetana in Italia, mi ha detto “..sei arrivato perfettamente in orario...!” E per una bella mezz'ora sono stato lì seduto in attesa degli eventi, quasi temendo che -come era accaduto una volta a Calcata quando recitavo con il gruppo del Cinabro- i relatori dovessero indirizzare il loro repertorio solo verso la mia persona... 

Paolo D'Arpini, in veste cinese, che recita al Teatro Cinabro

Così fortunatamente non è stato, infatti pian piano alla spicciolata sono giunte una ventina di persone, sindaco compreso. Ed a quel punto si è dato il via all'incontro.

Ha iniziato Claudio Cardelli, presidente dell'Ass. Italia-Tibet, il quale ha mostrato un documentario girato in diversi momenti storici sul “Tetto del Mondo”, commentando i fatti avvenuti che portarono all'occupazione cinese ed alla fuga del Dalai Lama in India, nel 1959. Soprattutto crude e shokkanti le immagini dei bonzi che si davano fuoco per protestare contro l'oppressore. Di questi fatti e di altri retroscena ha poi parlato lo scrittore Carlo Buldrini, che ha voluto anche ricordare le  figure di due maceratesi illustri, Matteo Ricci e  Giuseppe Tucci,  in particolare quest'ultimo studioso si interessò alla cultura dell'estremo oriente e molto contribuì alla conoscenza delle società e religioni indiane, tibetane e nepalesi (ed anche di questo ve ne parlai in precedente racconto vedi: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/search?q=giuseppe+tucci). 


Dopo un excursus personale della sua trentennale permanenza in India, a studiare i reperti architettonici e la matrice storica del buddismo,  Buldrini ci ha parlato dei  numerosi approcci avuti con gli esuli tibetani che lì vivevano, venendo così a conoscere parecchi retroscena, vissuti dal vivo, di come si era svolta la lotta del popolo tibetano nel vano tentativo di recuperare la propria autonomia. Prima con la rivolta armata portata avanti da guerriglieri irriducibili poi -dietro ordine del Dalai Lama- con le azioni nonviolente e con la diplomazia.

Eppure le immagini precedentemente viste nel documentario, comprese le torce umane dei bonzi auto-immolati, davano una forte impressione di violenza -mi è venuto da pensare- ma il dubbio è stato subito fugato dalle spiegazioni di Boldrini che ha menzionato come “durante i disordini avvenuti a Lhasa nel 2008 alcuni tibetani avevano saccheggiato i negozi dei commercianti cinesi ma nulla era stato rubato, le merci venivano ammassate nella strade e poi incendiate, esattamente come fece Gandhi, l'apostolo della nonviolenza, nel 1921 bruciando gli abiti confezionati in Inghilterra per protestare contro l'occupazione inglese e contro l'importazione in India di una cultura e di un sistema economico che non erano autoctoni. 

In Tibet vivono 6 milioni di tibetani e la loro cultura viene distrutta dalle continue ingerenze coloniali e sfruttatrici del governo cinese ciò nonostante non c'è guerriglia per le strade, non ci sono attentati dinamitardi né kamikaze, è molto viva invece una campagna di recupero della propria tradizione ed identità che i tibetani portano avanti con iniziative pacifiche, come ad esempio il "mercoledì tibetano" in cui tutto si manifesta in piena sintonia con la “tibetanità”: cibo, lingua, vestiario, etc. 

I bonzi che si danno fuoco? “Essi uccidono se stessi e non le guardie cinesi” ed a questo punto -lo stesso Buldrini- ha ricordato come nella tradizione buddista ci sia stato l'esempio di auto-immolazione di alcuni santi che per il bene della comunità si sono sacrificati rinunciando alla loro propria vita...


Un po' ci ricorda il sacrificio di Gesù.. Peccato che in occidente questo spirito nobile sia andato perso.. svenduto per valori monetari... Come ha fatto notare in un suo intervento Nyima Dondhup.

Al termine della conferenza, di fronte ai pochi astanti commossi e silenziosi sino alla fine, lo stesso Nyima ha offerto al sindaco di Treia, Luigi Santalucia, la bandiera tibetana chiedendogli di esporla in piazza almeno un giorno all'anno. Per finire sono state offerte delle sciarpe bianche in segno di pace ai rappresentanti del Comune.

Una curiosa coincidenza, anch'io quella sera senza sapere di questo finalino indossavo una bella sciarpa bianca...

Paolo D'Arpini


Torre Onglavina di Treia - Notturno

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