martedì 26 marzo 2013

Ecosistemi da salvare - L'agricoltura biologica assorbe più CO2 di quella industriale


Campo di vetiver biologico


"Nella conversione dall'agricoltura convenzionale a quella biologica, mediamente c'e' un guadagno netto di 0,5 tonnellate di carbonio per ettaro l'anno". Lo dichiara Bernardo De Bernardinis, presidente dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.

Secondo De Bernardinis, se tutte le aree agricole che rientrano nei confini dei siti Natura 2000 (le zone protette che ammontano a circa 1,2 milioni di ettari, ovvero il 10% delle aree agricole italiane), "fossero coltivate secondo le regole 'bio', ci sarebbe un assorbimento di circa 0,6 milioni di tonnellate di carbonio, pari a 2,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica l'anno. Beneficio - sottolinea - che potrebbe trovare una valorizzazione economica nell'ambito dei programmi volontari Pes, i Payment for Ecosystem Services". Ma non solo. Restando in tema di aree protette, attualmente le foreste all'interno della Rete Natura 2000 sono circa il 39%.

"Uno studio del dipartimento Difesa della natura di Ispra ha stimato che queste foreste svolgono una rilevante funzione di fissazione del carbonio - aggiunge De Bernardinis - Nelle piante, nella necromassa e nel suolo sono immagazzinate poco più di 285 milioni di tonnellate di carbonio, il cosiddetto carbon stock, con un incremento annuo di circa 2,6 milioni di tonnellate di carbonio, equivalenti a 9,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente, ovvero il carbon sink". 

Per dare un'idea della grandezza di questi numeri, e' utile ricordare che nel 2011 l'Italia ha emesso 433 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente.

Oltre alla importante funzione di mitigazione dell'effetto serra, la rete Natura 2000 svolge un ruolo importante nelle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici, sia per il contributo che gli interventi forestali possono dare alle comunità per affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici, sia per quelli volti a ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici sulle aree Sic (Siti d'importanza comunitaria) e ZPS (Zone Speciali di Conservazione).

Riguardo al primo aspetto, i siti Natura 2000 possono ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici fornendo protezione alle colture e agli animali, riducendo i fenomeni erosivi e gli effetti degli eventi climatici estremi come alluvioni e tempeste, migliorando le caratteristiche fisiche e chimiche dell'acqua, concorrendo alla costruzione del reddito delle comunità rurali colpite dai cambiamenti climatici. Rispetto al secondo punto, "occorre sviluppare nuovi approcci di gestione delle aree Natura 2000 per affrontare le minacce legate ai cambiamenti climatici in corso: siccità, aumento delle patologie, eventi meteo estremi e incendi", sottolinea il presidente dell'Ispra.

"Il ruolo della ricerca - conclude - e' importante per le politiche di messa in sicurezza del territorio, di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici; per comprendere meglio la vulnerabilità degli ecosistemi agli stress multipli; per definire le priorità su dove e quando intervenire e la combinazione più efficace di misure di conservazione in base al livello di spesa disponibile".

(Notizie Adnkronos)


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Di questo e simili temi se ne parlerà durante la Festa dei Precursori che si tiene a Treia dal 25 al 28 aprile 2013 - http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2013/03/essere-natura-nella-natura-nel-costante.html





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