giovedì 28 febbraio 2013

Fantascienza o preveggenza? "Planet X Nibiru in avvicinamento al sistema solare entro giugno 2013"

L’Astrofisico McCanney dichiara: “Planet X esiste e fa parte di un mini sistema stellare che si avvicinerà entro Giugno 2013″
 

Come giustamente detto dall’amico Dan Keying, sappiamo bene che coloro che non vogliono rivelare certe verità,  hanno qualcosa di estremamente scottante da nascondere al pubblico. Il numero crescente di meteoriti infuocati che sfrecciano sopra i nostri cieli e che impattano sulla Terra aumentano i sospetti che possa realmente esserci, in fase di avvicinamento, un temibile “elemento scatenante” provenire dallo Spazio oscuro. Una forza gravitazionale misteriosa che sprigiona un’energia indefinibile sta spingendo numerosi frammenti rocciosi spaziali verso la Terra. Dietro quel velo di segretezza si nasconde un’incredibile realtà:  la presenza di un piccolo sistema stellare poco al di fuori del nostro sistema solare. 


A dare consistenza a questa teoria, la dichiarazione fatta dall’astrofisico Jim McCanney dell’osservatorio australiano di Learmonth.

UN “MINI SISTEMA SOLARE” STA ATTRAVERSANDO IL NOSTRO PIANO DELL’ECLITTICA!

Dalla foto Iras 05471-0411 del mini sistema solare, binario al nostro sistema, il nucleo centrale risulta attorniato da diversi satelliti a lui orbitanti. La natura “anomala” di questo “oggetto” è veramente particolare, non è facile definirne la sua tipologia, infatti questo lascio’ sconcertato lo stesso Gerry Neugebauer che, durante la sua intervista al Washington Post il 30 Dicembre del 1983, non seppe definire se il corpo centrale poteva essere un grosso asteroide, o una nana bruna, oppure una stella a neutroni. Questo è il commento di McCanney: … ”il suo nucleo esterno sembra essere di tipo “poroso”, caratterizzato da fessure o aperture, con una consistenza del tipo “barriera corallina”; la composizione della sua struttura esterna è di carattere minerale / ferroso. Un gas o una “polvere rossa” fuoriesce dal nucleo, attraverso delle fessure”.

“C’è un “mini sistema solare” costituito da “compagni” cometari, piccole lune satelliti e meteoriti, in entrata, assieme al Planet X / Ison, in arrivo entro la fine di giugno”.

Lo studio di questo mini sistema solare risale al periodo del lancio della sonda ad infrarossi Iras 1983. In questo periodo era stato rilevato dalla sonda un corpo “indefinito” che divenne subito oggetto di studio. Il codice di questo “oggetto” è: Iras 05471-0411, coordinate: 05;49;15.66 � 04;02;33.8.

Quindi le coordinate presentavano declinazione negativa; questo stava a significare che “l’oggetto” era in arrivo da sud, nel cielo australe.

Il sud del mondo divenne cosi’ meta di scienziati, astronomi e militari; de facto in Australia, nel 2003, fu avviato un progetto comune inerente la costruzione di un’Osservatorio; il Learmonth Solar Observatory (Project Wormwood).

Scopo dei militari US è quello di difendere gli Stati Uniti, questo è sempre stato il loro obbiettivo.

Ma se ora un governo come gli  Stati Uniti  lavora, spalla a spalla con un altro governo, quello Australiano, si potrebbe dire che il progetto ha a che fare non piu’ con la difesa interna di una nazione ma, bensì, con una difesa esterna o, per meglio dire, planetaria; a causa di questo “oggetto” in entrata.

A questo “oggetto” è ora possibile assegnare un nome: Wormwood, o Progetto Assenzio.

Il link di questo progetto, che sta compiendosi in questi giorni, è:
http://www.ips.gov.au/IPSHosted/neo/


Il  termine Assenzio si può ritrovare anche nella Bibbia:…”Il terzo angelo suonò la tromba e una grande stella, ardente come una torcia, cadde dal cielo su un terzo dei fiumi e sulle sorgenti d’acqua, Il nome della stella è Assenzio ( o Wormwood)”… Revelation 8 :10 -11.
In questo suo ultimo annuncio radiofonico, Mc Canney si rende portavoce di questa sconcertante notizia, occultata da almeno 30 anni e di cui sono seguite scomparse anomale di eccellenti Astronomi “ribelli” al dictat imposto dalla Nasa, in cui un mini sistema solare risulta essere entrato all’interno del nostro sistema solare.

Ma cosa intende piu’ precisamente Mc Canney?
Egli conferma che tale corpo celeste è la stella binaria al nostro sole, chiamata anche Nemesis (Dark Star); essa è identificata nei cieli australi e presenta un’orbita, estremamente allungata e molto inclinata rispetto al piano dell’eclittica, di almeno 3200 / 3600 anni.
La Ison è una delle “compagne” piu’ esterne di questo “mini sistema solare”.


Questo “mini sistema solare” proviene dal quadrante della costellazione dell’Acquario e in questo momento sta intersecando il piano dell’eclittica dove orbitano i pianeti del nostro sistema solare.

Nel 2009 tale corpo celeste era stato identificato nella costellazione Pictoris, salendo da sud, per raggiundere la costellazione dell’acquario, attraversando il piano dell’eclittica e proseguendo poi verso la direzione della costellazione di Ercole e Draco.


Quindi lo studio che stanno portando avanti in queste settimane presso l’Osservatorio  Learmonth, in Australia, si concentra sull’osservazione e il monitoraggio di questo corpo celeste di “passaggio”; gli scienziati coinvolti in questo progetto hanno ripreso le ricerche del compianto Harrington, che divenne noto per le sue pubblicazioni sul planet X / Hale Bopp, edite nel data base del Smithsonian center / the International Astronomical Union’s Central Bureau for Astronomical Telegrams.


All’epoca Hale Bopp era in realtà un mini sistema, di piccolissime dimensioni, composto da un compagno satellite; all’uscita della cometa dal sistema solare, verso la fine del 1997, questo “compagno” rimase prigioniero nelle immediate vicinanze del sole, vedi link the Orca:
http://www.tmgnow.com/repository/solar/orca.html

Quindi Planet X / Hale Bopp si ripropone oggi con planet X / Ison; con la differenza che quest’ultimo presenta delle dimensioni ben maggiori ( il nucleo di Hale Bopp era di 70 Km, mentre il nucleo stimato della Ison è di circa 2.300 Km / 1 arcsec / pixel, H. Sato Astronomer, link:http://www.csc.eps.harvard.edu/2012S1/index.html ).

Come fece negli anni 90 lo stesso Harrington, che organizzo’ una spedizione, nel periodo di Maggio / Giugno del 1991,  a Black Birch, in Nuova Zelanda, per osservare otticamente l’evento della futura Hale Bopp, cosi’ ora si stanno organizzando i preparativi per monitorare un altro evento similare, ma di portata ben piu’ grande nel sud del mondo, in Australia.

Ecco quindi spiegato il perché di tutto questo via vai registrato dalla popolazione del luogo, nei pressi dell’Osservatorio Learmonth.
Cio’ si puo’ mettere in relazione anche con l’evento, accaduto recentemente sul suolo russo, dove sono cadute le “avanguardie meteoriche” di questo mini sistema solare; staremo a vedere cosa ci riserveranno le prossime future novità…


Skywalk Survey



Riferimento articolo:

La Stella Binaria del Sole (Parte 1 di 2) � L’ombra del Pianeta X dietro la pioggia di meteoriti
I corpi rocciosi spaziali che colpiscono la Terra fanno ormai parte di una “nuova realtà” divenuta normale nel mondo in cui viviamo. Ma questa nuova realtà nasconde “un’ombra” assai più imponente di un qualsiasi corpo roccioso, un destino che molto presto potrebbe prendere parte all’intrigante scena planetaria. Un misterioso “astro” sta riducendo senza tregua le distanze tra sé e le orbite interne del Sistema Solare e trascinerebbe proprio quei detriti rocciosi dentro l’atmosfera terrestre. Da sempre lo definiamo Pianeta X.

La realtà dei fatti dimostra quanto siano pericolosamente aumentate le rocce spaziali infuocate che piovono dal cielo su tutto il mondo. Ciò che non sappiamo è fino a che punto arriveranno a danneggiarci.

Qualcosa di grosso viene custodito sotto il timbro del  “Cosmic Top Secret”

Sappiamo bene che coloro che non vogliono rivelare certe verità (cover-up) hanno qualcosa di estremamente scottante da nascondere al pubblico. Il numero crescente di meteoriti infuocati che sfrecciano sopra i nostri cieli e che impattano sulla Terra aumentano i sospetti che possa realmente esserci, in fase di avvicinamento, un temibile “elemento scatenante” provenire dallo Spazio oscuro. Una forza gravitazionale misteriosa che sprigiona un’energia indefinibile sta spingendo numerosi frammenti rocciosi spaziali verso la Terra. Dietro quel velo di segretezza si nasconde un’incredibile realtà:  la presenza di un Pianeta X dentro il Sistema Solare.

Un evento come quello del meteorite russo, precipitato il 15 Febbraio 2013, non era mai accaduto nella storia moderna, per trovarne uno antecedente a questo dobbiamo risalire all’evento di Tunguska del lontano 30 Giugno 1908, accaduto anch’esso in un’area distante da zone abitate (una coincidenza?). Le cadute di rocce infuocate provenienti dallo Spazio non possono essere tenute nascoste, risulta impossibile nascondere ciò che può essere visto ad occhio nudo o ripreso da videocamere e telefonini. Durante la caduta del grossissimo meteorite del 15 Febbraio 2013, abbiamo potuto assistere addirittura a qualcosa di unico nel genere; da più fonti video possiamo chiaramente notare come sia avvenuto, su quella “bomba spaziale”, un intervento mirato e deciso da parte di “Guardiani Extraterrestri”. Un “disco volante” ha colpito il grosso meteorite russo frantumandolo e deviandolo in una zona lontana dai centri abitati.

La “palla di fuoco” precipitata in Russia e tutti gli altri casi di esplosioni e bagliori che avvengono in ogni parte del mondo, sono casi destinati probabilmente ad aumentare. Non sappiamo fino a che punto potremo contare sull’aiuto di queste “forze invisibili extraterrestri”. Tutte le agenzie governative mondiali mostrano una più che evidente preoccupazione riguardo l’insidiosa minaccia rappresentata dai corpi spaziali ( e detriti spaziali) come meteore, asteroidi e comete, provenienti dallo Spazio.


Torniamo sul Crop Circle di Santena

Ora più che mai è d’obbligo fare un piccolo passo indietro nel tempo e tornare al crop circle comparso a Santena (TO) il 17 Giugno 2012. Non è necessario per ora sapere se la costellazione situata sul lato destro del pittogramma raffiguri o meno quella del Cancro. Ciò che è fondamentale capire è se il cerchio più grande, che dalla rappresentazione pare provenire proprio da quella costellazione, sia la Stella Binaria del Sole, una Nana Bruna; i sospetti a riguardo cominciano a diventare sempre più credibili.

Non possiamo sapere con esattezza quanti pianeti orbitano attorno a questa stella, ma uno di questi viene qui rappresentato in modo preciso e sembra essere quello che orbita nella zona più estrema di questa stella: il Pianeta X, che silenzioso ed invisibile si avvicina alle orbite interne del nostro Sistema Solare. Sappiamo bene che, in questo crop circle, la formazione dei nostri pianeti (Mercurio, Venere, Terra e Marte) raffigurava la data del 23 Dicembre 2012, ma questo non significa che si sarebbe verificato tutto in quel giorno, astronomicamente parlando è impossibile; quella data rappresentava il “passaggio di un confine” di grandi cambiamenti per l’umanità, connessi anche ad un possibile inasprimento climatico/atmosferico futuro, dovuto proprio a questa imponente presenza planetaria in fase di attraversamento.


Il messaggio di questo preziosissimo pittogramma sembra ora parlare chiaro. Le Entità Extraterrestri Multidimensionali ci hanno messo in guardia da un “periodo” di insidiose piogge di rocce spaziali che anche la Terra avrebbe dovuto incontrare, non possiamo sapere però quanto potrà durare tale periodo. In questo schema vi è rappresentato anche il “colpevole” di questo pericolo: il pianeta che orbita nella zona più lontana dalla propria stella, che per primo entra di fatto dentro al nostro Sistema Solare. Potrebbe quindi non essere l’unico pianeta ad avvicinarsi a noi in futuro.

Cerchiamo di capire come il Pianeta X potrebbe muoversi dentro il nostro Sistema Solare.

Forse non si tratta di un singolo pianeta errante che attraversa ciclicamente le nostre rotte, ma di un sistema stellare completo, forse meno “ingombrante” del nostro ma pur sempre composto da una stella coi propri pianeti orbitanti.

Abbiamo scelto di fare un paragone puramente casuale tra il pianeta più lontano (escludendo i pianeti nani) del Sistema Solare, Nettuno, ed il primo esopianeta, 2M1207 b, scoperto nel 2005 in orbita attorno ad una nana bruna. Da sottolineare che 2M1207, una nana bruna, è visibile nella costellazione del Centauro a circa 173 anni luce dalla Terra e pertanto non può assolutamente trattarsi del sistema stellare (la nana bruna compagna binaria del Sole) che “sarebbe” in fase di attraversamento col nostro Sistema Planetario. Questo paragone lo facciamo per portare esclusivamente dei reali dati astronomici e scientifici dentro ad un concetto che vorremmo assolutamente approfondire, al fine di sviluppare un’idea più o meno precisa su di un “movimento” plausibile da parte di un ipotetico “corpo celeste extrasolare” di passaggio dentro al nostro Sistema Solare.

Facendo un confronto tra due sistemi stellari “esistenti” differenti tra loro ed inserendoli in un possibile sistema binario (dentro il quale ci troveremmo), potremmo avvicinarci a capire meglio cosa esattamente starebbe avvenendo all’interno del nostro Sistema Solare.

Una simulazione di una stella binaria, le cui componenti hanno masse simili e orbitano intorno al comune centro di massa secondo orbite ellittiche.

Dicevamo che il pianeta più lontano del Sistema Solare è Nettuno; esso si trova ad una distanza dal Sole di 30.06 unità astronomiche ed impiega circa 165 anni per compiere una orbita intorno ad esso. Nettuno ha 17 volte la massa della Terra.

2M1207 b è un oggetto di massa planetaria (foto sopra) che orbita intorno a 2M1207, una nana bruna, ad una distanza da essa di circa 40 unità astronomiche, il che implica un periodo orbitale di circa 1700 anni. 2M1207 b ha un massa piuttosto elevata, compresa tra 3 e 10 volte quella di Giove. Tuttavia gli scienziati sono dell’idea che 2M1207 b andrebbe classificato come sub-nana bruna (oggetto di massa minore di una nana bruna) piuttosto che come pianeta, poiché presenta caratteristiche simili alla compagna attorno alla quale lui stesso orbita.


Da notare come la distanza orbitale della “sub-nana bruna 2M1207 b” dalla propria “stella nana bruna” sia addirittura maggiore rispetto alla distanza dell’orbita di Nettuno da quella del Sole (Nettuno:30 U.A. � 2M1207 b:40 U.A.); pertanto se una nana bruna risultasse essere in una fase di incrocio col nostro Sistema Solare, o più precisamente se l’ipotetica Stella Binaria del Sole (teoria ben più attendibile) dovesse trovarsi “nei pressi” del punto più vicino al comune centro di massa del sistema binario nel quale ci muoviamo (quindi in una zona piuttosto a ridosso del nostro Sistema Solare) allora ci troveremmo più di un singolo pianeta in fase di entrata dentro il nostro Sistema. Questo dipenderebbe dalla precisa quantità dei corpi celesti orbitanti e dal periodo di rivoluzione di ogni singolo pianeta appartenente a questo sistema stellare capitanato proprio da una nana bruna.


Sappiamo (dall’esempio sopra citato) che anche le nane brune possono avere pianeti dalle orbite molto distanti e che di logica conseguenza impiegano moltissimi anni a compiere una rivoluzione completa attorno alla propria stella; questo non può che rivoluzionare i “classici concetti di movimento” di un ipotetico Pianeta X presente nel nostro Sistema Solare, rendendo praticamente durissimo il compito di tracciarne una precisa rotta, fondamentale per identificarne i futuri passaggi ravvicinati al nostro sistema planetario.

Un “improbabile” singolo Pianeta Errante che si muove su di una orbita ellittica molto allungata

Nell’immaginario collettivo si crede, spesso troppo frettolosamente, che il Pianeta X possa essere semplicemente un grosso corpo celeste che percorre una lunghissima orbita ellittica e che questo arrivi a passare, come una cometa di lungo periodo, tra le orbite più vicine alla Terra e che spinto poi dalla gravità del Sole continuerebbe il suo cammino verso le profondità dello Spazio oscuro, allontanandosi lentamente dal nostro Sistema Solare. Certamente non si tratterebbe poi di una teoria così impossibile, sappiamo bene che esistono dei pianeti erranti nell’Universo che vengono “catturati” da altri sistemi stellari; tuttavia questa ipotesi definirebbe un concetto di movimento poco idoneo nell’offrire sviluppi sui quali approfondire ricerche credibili, e che se confrontata con gli ultimi studi pubblicati dagli astrofisici J. J. Matese e Daniel Whitmire, sulla ipotetica nana bruna (stella binaria del Sole) denominata “Tyche”, non troverebbe alcuna attendibilità.

Ricordiamo infatti che nel Novembre 2010, la rivista scientifica Icarus pubblicò un documento dei due astrofisici, in cui proponevano l’esistenza di una compagna binaria al nostro Sole, più grande di Giove, nei pressi della “Nube di Oort”, un lontano deposito di piccoli corpi ghiacciati ai margini del nostro Sistema Solare. Questa compagna del Sole denominata Tyche potrebbe avere fino ad un centinaio di lune, alcune abbastanza grandi da essere corpi come Plutone, Eris, MakeMake o Sedna e che trascinerebbe con sé anche un numero elevatissimo di meteoriti, asteroidi e comete. I dati relativi a Tyche sono in possesso da diversi anni del team di WISE (Wide-Field Infrared Survey Explorer), tali dati avrebbero dovuto smentire o confermare gli studi di Matese e Whitmire, ma ancora oggi, dopo approfondite analisi, non sono ancora stati resi pubblici. Tutto questo accentua i sospetti riguardanti una scottante realtà tenuta segreta, difficile (se non impossibile) da rendere pubblica.


L’ipotesi Nibiru


Fin dai tempi più remoti l’uomo è stato attratto dal cosmo; numerosi frammenti di antichi calcoli astronomici sono giunti integri fino ai giorni nostri. Un antico testo mesopotamico narra di un allineamento di sette pianeti “che irruppero nella fascia celeste”. Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone e Nibiru. Curioso ciò che affermò Berosso, sacerdote di Bel, astronomo storico babilonese: “quanto ereditato dalla terra verrà consegnato alle fiamme quando i cinque pianeti si riuniranno nel Cancro disposti in un’unica fila. Quando lo stesso allineamento avrà luogo nel Capricorno noi correremo il pericolo del diluvio”. Quanto alla storia umana, il diluvio universale rappresenta lo spartiacque tra due epoche ben distinte: i dieci sovrani antidiluviani avevano regnato per tempi lunghissimi, misurati in saroi, ossia in periodi di 3600 anni.


Altre ipotesi sono affiorate nel corso del tempo, alcune di esse sostengono che il pianeta Nibiru possa fare parte di un sistema stellare composto da ben sette pianeti che orbitano attorno alla propria stella. Spesso ci troviamo a pensare che il Pianeta X rappresenti Nibiru, il pianeta dell’antica cosmologia dei Sumeri, e che ogni 3600 anni compia la sua completa fase di attraversamento all’interno del nostro Sistema Solare…questa però potrebbe essere un’altra storia, uno tra diversi eventi che ciclicamente (o anche non necessariamente) il nostro Sistema Solare incontra. In realtà, di corpi celesti che incrociano le nostre orbite planetarie, potrebbero essercene altri e di eventi simili potrebbero accaderne molti di più di quanto pensiamo.

Non un singolo Pianeta X ma “differenti eventi” connessi a diversi periodi orbitali

Proviamo a focalizzarci soltanto sul concetto del Sistema Binario nel quale dovremmo (quasi certamente) trovarci. Se la stella binaria del Sole, una nana bruna, si trovasse davvero in una fase ravvicinata, potremmo seriamente ritrovarci uno dei suoi pianeti (precisamente quello dall’orbita più estrema) già dentro al nostro Sistema Solare… 
(fine prima parte)

Dan Keying


(Fonte: Segni dal Cielo)

8 marzo 2013 - In edicola il secondo numero di Barricate.. tutto al femminile



Uscirà l'8 Marzo 2013 in edicola il bimestrale indipendente BARRICATE - l'informazione in movimento.




Questo numero è dedicato alle Donne, in modo particolare alla violenza di genere. Non solo parliamo di donne, ma sono le donne stesse a parlare. Donne di diverse generazioni con competenze, esperienze, linguaggi e saperi differenti: il libero pensiero scientifico di Margherita Hack, il laicismo politico di Emma Bonino, la lungimiranza religiosa di suor Eugenia Bonetti, la passione ecologica e pacifista di Marinella Correggia, la grazia e l’ironia delle illustrazioni di Marilena Nardi, la storia della testimone di giustizia Maria C., il racconto di una vicenda che ancora grida vendetta, l’assassinio di Roberta Lanzino.
Una coralità di voci diverse che confluiscono in un unico accordo ed esprimono lo stesso concetto: un’altra civiltà è possibile.

Tra gli altri temi trattati:Politica- Sotto a chi tocca. Nuove elezioni, stessa Italia?Economia- E io (non) pago! quello che non si dice del debito pubblico Società - Le voci delle donneAmbiente  -Guerre e climaConsumatori - La verità sugli allevamenti intensiviSpeciale regione - Calabria. una regione, due voltiGrafica editoriale - I migliori disegnatori italiani: Giacon, Hurricane, La Forgia Pasquale, La Forgia Roberto, Squaz, Nardi, Pascutti, Persichetti bors, Petrucci, Ponchione, Tonetto, Zattera B!ragazzi – inserto staccabile per i più giovani
Seguiteci suwww.barricate.net
Scriveteci a redazione@barricate.net 

Italo campagnoli - La Redazione di Barricate

mercoledì 27 febbraio 2013

Riflessioni sul ritorno alla casa bioregionale, in cui tutti siamo



Quando si parla di bioregionalismo  si dice: "Riabitiamo il luogo, torniamo alla nostra casa..."  è una frase talmente comune che a qualcuno viene a dire “…va bene – è con questo?”.  
Entrando però più profondamente nel pensiero, subito  si scopre non solo il conflitto drammatico di quelli che vorrebbero tornare a casa, ma non possono, o quelli che non sono mai i benvenuti e sempre stranieri in un altro paese – l’aspetto più triste del tema – si scopre inoltre un’ampia varietà, del tutto soggettiva, al riguardo della domanda:  cosa significa per te tornare a casa?”
Così è successo a me – e vorrei parlare delle mie esperienze con il tentativo di avvicinarmi ad un tema che più che si pensa, va a toccare il fondo della nostra esistenza.
Ammetto che all’inizio delle mie indagini mi sono limitata a definire meglio cosa significa per me letteralmente la parola CASA insieme al suo senso figurato.
Ne so qualcosa, perché in vita mia ho cambiato tante volte casa – sebbene ho trascorso tutta la mia infanzia e fino a quasi venti anni in un piccolo paese, nel verde, ben protetta dai miei genitori.
Ma dopo mi piaceva questa vita un po’ da nomade – la diversità di case e luoghi mettevano le ali alla mia fantasia – la necessità di affrontarmi e integrarmi sempre di nuovo veniva incontro alla mia curiosità.
In questo senso ho vissuto questi anni come una esperienza positiva e senza grandi conflitti – se non siano quelli personali – ma non tutti questi posti mi sono rimasti nella mente e nel cuore come CASA – e in alcuni non ci vorrei più tornare proprio. Visto da ora li potrei definire passaggi – senza alcun rimpianto.
Solo due di questi posti nel mio passato (ed erano due città, non campagna) hanno creato dentro di me questa sensazione difficile da descrivere – un sentirsi bene, appagati e in un certo senso anche sereno e protetto – un’armonia fra le proprie ‘quattro mura’, l’ambiente, i contatti sociali ecc. nonostante le cose difficili di un quotidiano. In questi posto c’è stato qualcosa in più che mi attirava – un qualcosa come l’atmosfera o meglio l’Anima del luogo, come si dice in gergo – la quale si percepisce spesso prima del rendersene conto.  Solo per questi posti sento ancora la nostalgia e delle volte la voglia di tornarci. E certamente per la casa della mia infanzia della quale sento ancora l’ intensità di profumi e calore, l’incanto dei posti segreti della bambina e tanto amore – emozioni che risvegliano ancora in me la parola Casa in tutta la sua dolcezza.
Sono convinta che è stato questo ricordo insieme all’Anima del luogo che ad un punto della mia vita mi hanno chiamato e condotto qua – dove alcuni anni fa pensavo di aver trovato “L’isola che non c’è”. Un pezzo di terra quasi abbandonata in piena campagna nel verde della antica terra degli Etruschi. Una natura intatta, selvatica, con frutta di ogni tipo, florida e solare, e le notti di un silenzio profondo con un cielo avvolto sopra di me con un mare di stelle. Non conoscevo ancora nessuno, stavo solo con il mio cane e tre gatti, una immensità di lavoro, l’inverno freddo con un solo camino a legna, una vita abbastanza dura, ma io contenta e felice lo stesso, convinta di essere ritornata a casa.
Arrivata con le mie riflessioni a questo punto, l’eco di un diluvio di pensieri e emozioni sfiorò la mia mente.
Non avevo sentito un riverbero di questa sensazione, di questo ’sentirmi a casa’, anche in posti dove non ho mai vissuto? Posti conosciuti in un viaggio, certi posti o città dove sapevo con imperturbabile sicurezza le vie – o un dejà vu talmente forte da togliermi il fiato – lo spontaneo incontro con persone che mi sembravano subito famigliari – un effimero intrecciato che evocava in me gioia di vivere e energia.
O il grande deserto, il Sahara, con il suo maestoso silenzio che mi ha svegliato una mia identità fino ai più profondi sogni – un immensità trasformata in me come un riverbero di Antica memoria – un sorriso, un tocco leggero, il vento portatore di voci, di gioia e dolore – il tronco di un albero immenso nel suo splendore, un riflesso sull’acqua – il ritorno all’origine …
Il tocco dell’Antica memoria, conservatrice della storia della nostra terra e il suo posto nell’universo, che ci fa rammentare molto di più di quello che ci sembra così tanto apparente. Certo che Lei vive anche in noi come in ogni particella dell’esistenza.
Ed e Lei che ci fa percepire l’Anima del luogo (e anche l’Anima del prossimo) – e chi non crede in una rinascita potrebbe anche definirla come una memoria universale dove ogni particella, e certo anche quelle spirituali, riconoscono la loro origine e la loro ’stirpe’.
Il ritorno a casa come un percorso e una nostalgia che portiamo dentro di noi finché non abbiamo trovato gli ‘elementi’ che ci danno il segnale: Sei arrivato! Anche nel senso metaforico.
Pensare che L’Antica memoria si è nutrito da sempre di un oggi per un lontano futuro ci dovrebbe aprire la mente per la nostra esistenza. La parola “quello che hai fatto per il tuo prossimo hai fatto anche per te” non è un altruismo, anzi. Ci ricorda ai frutti del nostro fare nel bene e nel male – le tracce che lasciamo – ci ricorda la responsabilità dell’individuo verso la vita e quella Casa in comune che ci offre la nostra terra. La paura di perderla dovrebbe risvegliare l’amore per questa Madre Terra – maltrattata e sofferente.
Ma i suoi figli la sfruttano con arroganza e dispetto, calpestano e avvelenano i suoi frutti, odiano dove dovrebbero amare senza ricordarsi da dove vengono e dove vanno – ma La Madre ci offre ancora il suo abbraccio.
Ritorniamo allora a casa prima che si è fatto buio come ci dicevano le nostre madri quando siamo stati bambini. Torniamo tutti quanti insieme, a piccoli passi, prendendoci per mano. Passi come quello di oggi dove L’anima del luogo ci sorride e ognuno di noi porta il suo dono: sia dolore, amore, affetto, speranza.

Christa Efkemann


martedì 26 febbraio 2013

Esempio di bioregione culturalmente omogenea: l'Agro Falisco


Vista della valle del Treja da Calcata


Ricordo che abitando a Calcata,  la culla della civilizzazione falisca, ed avendo da poco contribuito alla fondazione della Rete Bioregionale Italiana, mi cimentai nel tentare di individuare la mia bioregione di appartenenza, considerando sia l'aspetto storico che geomorfologico. 

Infatti sapevo che negli USA, dove il concetto bioregionale era riemerso in seguito ad una presa di coscienza sull'identità dei luoghi, si interpretava il bioregionalismo più che altro in termini geografici, facendo combaciare i "limiti" bioregionali con quelli di un habitat naturalistico, un bacino fluviale, una pianura, un deserto, una montagna.. etc.  



Ovviamente la nostra matrice europea e la considerazione del Genius Loci di una specifica area fece sì che l'individuazione del territorio bioregionale in cui mi riconoscevo avesse sia le caratteristiche di uno specifico territorio caratterizzato da rocce tufacee, vegetazione e fauna, corsi d'acqua, etc,  ma soprattutto contraddistinto da una originale civiltà storica, quella dei Falisci. 

Quello che segue è un testo discusso e commentato durante un incontro bioregionale tenuto a Faleria, verso l'autunno del 2008, in cui si parlava tra l'altro della formazione di un "parco culturale  dell'Agro Falisco", un tema che era stato dibattuto in varie sedi e da parecchi anni (a cominciare dalla fine degli anni '70) in vari incontri tenuti a Calcata, a Civita Castellana, a Nepi, a Campagnano, etc.

La culla della civilizzazione falisca.

A valle della stretta di Orte, dopo aver ricevuto le acque del Nera, il fondovalle del lume Tevere si allarga gradatamente e, prima di compiere la grande ansa che si è dovuto aprire intorno al monte Soratte, viene accresciuto, quasi nello stesso punto, a sinistra dal torrente Aia ed a destra dal Treja. Questo luogo per secoli ha rappresentato il crocevia di due importanti civiltà italiche, quella Falisca e quella Sabina. Tutta l’area è dominata dalla massiccia presenza del Soratte, una montagna ritenuta sacra, che si solleva unica ed atipica, con il bianco del suo calcare, nel piatto paesaggio vulcanico che la circonda. Questa era la sede del Dio Soranus, l’antico nome di una divinità solare, che dall’alto protegge tutto l’Ager Faliscus.

I Falisci sono una popolazione di origine indoeuropea che prosperarono nell’area bagnata dal fiume Treja e dai suoi affluenti. Questo complesso sistema di corsi d’acqua forma un bacino idrografico piuttosto ampio che, infatti, coincide con la regione anticamente conosciuta come “Agro Falisco”.

Questo territorio è geograficamente delimitato da una serie di colline che si aprono verso nord-est. La parte interiore del bacino ha un andamento Est-ovest, mentre la parte più alta tende verso Nord-est. È in questo settore che si trovano i rilievi maggiori. quali la macchia di Monterosi (mt. 430), Il Monte Roccaromana (mt 812) ed il Monte Calvi, tutti appartenenti all’apparato vulcanico Sabatino; mentre Poggio Cavaliere (mt 809). Poggio Maggiore (mt. 622) ed il Monte San Rocco (mt. 700) fanno parte del complesso Vicano. Nella parte interiore del suo bacino il Treja scorre essenzialmente verso Nord, seguendo in senso inverso la direzione del primordiale percorso del Tevere (Paleotiber) mentre in prossimità di Civita Castellana cambia bruscamente direzione volgendosi a confluire nel Tevere.

Amministrativamente il bacino del Treja è compreso fra le due province di Roma (Rignano Flaminio, Sant’Oreste, Magliano Romano, Mazzano Romano, Campagnano di Roma, Sant’Oreste, Morlupo, Capena, ed altri) e Viterbo (Bassano Romano, Calcata, Capranica, Faleria, Corchiano, Caprarola, Castel Sant’Elia, Civita Castellana, Sutri, Monterosi, Nepi, Ronciglione, ed altri), complessivamente la popolazione residente nell’intero bacino è di circa 200.000 abitanti e la sua estensione è di poco più di 700 chilometri quadrati. Probabilmente questa è la ragione che ha permesso la conservazione degli ecosistemi vegetali delle forre del Treja, aree troppo impervie e di difficile utilizzazione agricola.

Le formazioni vegetali tipiche sono rappresentate da una mescolanza di alberi a foglie caduche e di sempreverdi, definite dai botanici come boschi di transizione di querceti misti. Nel nostro caso alla presenza dei querceti misti è connessa una situazione di microclima locale determinato dalla particolare situazione orografica e del suolo. Gli alberi di questi boschi sono per la parte sempreverde il leccio e per la componente caducifoglia la roverella, il ceno, il tarpino nero e l’acero campestre. Nella spalla di tufo, libera da vegetazione, nidificano i passeri, mentre il gatto selvatico riposa al sole di piccole radure. Nelle cavità ricoperte di edera e vitalba si trovano i nidi dell’allocco e del gufo e la tana invernale del gufo.

I ruderi abbandonati o le grotte offrono riparo ai tassi ed alle volpi.

Nel fori dei muri nidificano i barbagianni mentre le cime dei grandi alberi e le crepe delle rocce più ripide permettono ai rapaci, come il falco lanario, di nidificare. Le acque limpide di alcuni fossi ospitano il bel gambero di fiume, che ancora si nasconde sotto i massi di tufo ed è una preda notturna della puzzola. Ma la fauna è sempre più messa a repentaglio da una dissennata utilizzazione del territorio che non risparmia nell’uso di fertilizzanti, anticrittogamici ed insetticidi e diserbanti, mentre l’edilizia induce a tagliare sempre nuove fette di territorio vergine. È per tutti questi motivi che dalle associazioni protezioniste, soprattutto la Legambiente di Civita Castellana ed il Comitato per l’Agro Falisco di Calcata, giungono continue sollecitazioni per arrivare ad un ampliamento dell’area protetta, allargandola a tutte le forre del bacino del Treja.

Tutto questo territorio è oggi sede di importanti attività umane. L’utilizzazione prevalente è quella agricola. Le attività industriali sono concentrate nell’area che gravita attorno al comune di Civita Castellana. Altra attività caratteristica è quella estrattiva, con la presenza di numerose cave di tufo, che in alcuni casi hanno modificato radicalmente l’assetto originario del paesaggio.

Per quanto riguarda gli aspetti colturali si ha una netta divisione fra la parte alta del bacino, in cui prevalgono i noccioleti e castagneti, e quella inferiore con i prati-pascoli e seminativi. Un po’ ovunque sono distribuiti oliveti e vigneti.

Nel territorio di Nepi, dove maggiore è la disponibilità di acqua superficiale, è particolarmente praticata l’orticoltura. La ceramica è l’attività industriale più diffusa, una tradizione che si ricollega alla grande quantità di oggetti in terracotta rinvenuti sin dal periodo falisco, ma oggi essa è fonte di grave inquinamento, provocato dai residui chimici degli impasti e dei colori, tra cui desta preoccupazione la presenza di piombo e cadmio. Infatti, malgrado gli impianti debbano essere dotati di depuratori, spesso questi non funzionano a dovere o addirittura non vengono nemmeno azionati.

Di conseguenza si possono incontrare nei fossi che confluiscono nel Treja grandi chiazze giallastre o bianche. C’è da dire però che il maggiore danno ambientale viene causato dagli scarichi civili dei numerosi centri urbani, in quanto le loro reti fognanti scaricano nel fiume senza essere minimamente depurate. Tuttavia anche se questo territorio è considerato un ambiente fortemente antropizzato si rinvengono ancora formazioni vegetali di tipo forestale, per lo più localizzate nella parte centrale del bacino del Treja, dove i corsi d’acqua, incidendo profondamente i depositi vulcanici, danno origine ad una serie di forre, che rappresentano un’unità morfologica di grande interesse naturalistico. 

Su queste ruvide pareti tufacee sono state scolpite le necropoli e le dimore rupestri che sono la caratteristica del paesaggio dell’Agro Falisco, infatti i Falisci trasformarono le rupi in schiere di facciate architettoniche. L’esecuzione di scavi nella roccia tufacea ed il suo uso particolare ha rappresentato un archetipo che servì come modello per le popolazioni avvicendatesi sul territorio. Il primo vero e proprio insediamento arcaico, la mitica Fescennium, è una città policentrica (risalente al 1200 a.C.) che è stata localizzata fra Narce, Pizzopiede e Monte Lisanti, proprio sulle rive del Treja, in un’area che attualmente ricade nei comuni di Calcata e Mazzano Romano. È perciò da qui che ebbe origine la tribù dei Falisci ed è qui che, con decreto regionale del Lazio del 1982, fu costituito il primo lembo dell’area protetta delle forre, denominato Parco suburbano della Valle del Treja. Invero l’Agro Falisco pullula di siti naturali, adatti alla edificazione, infatti molti sono i centri fortificati che punteggiano questo territorio.

Falleri (l’attuale Civita Castellana) fu la città più popolosa, anche se non assurse mai al ruolo di capitale, essendo la civilizzazione dei Falisci costituita in federazione di libere città stato. Altri centri importanti furono Nepet (Nepi), Sutrium (Sutri) e la già nominata Fescennium (Narce).

L’identità culturale del popolo falisco, anche dopo la definitiva conquista romana avvenuta nel 241a.C., rimase sotto fora di religione di cui Giunone Curite (Dea della fertilità) era la massima espressione. Durante il periodo romano il bacino del Treja fu attraversato dalla via Amerina che, all’altezza dell’attuale Monterosi deviava in direzione di Amelia (Umbria) edè lungo questa direttrice che si spostò la maggior parte della popolazione e delle attività. Fu durante le invasioni barbariche che le genti l’Agro falisco ripresero ad occupare i siti ben protetti del periodo pre-romano e nacquero così centri come Castel Porciano, Filissano, Stabia ed in particolare Castel Paterno (attualmente nel territorio comunale di Faleria) dove l’imperatore Ottone III stabilì la sua residenza nella speranza di restaurare il Sacro Romano Impero, ed i due centri storici di Calcata e Mazzano Romano, attualmente inseriti nel Parco del Treja. 


La struttura urbanistica di questi abitati era, ed è, molto semplice: una o due vie mediane longitudinali attraversate da più strette vie trasversali; al centro, la piazza grande con la chiesa, il municipio e le abitazioni dei nobili; all’estremità della parte accessibile era collocato il castello: come baluardo difensivo sormontato da una torre di avvistamento. Infatti in epoche di grandi sconvolgimenti era più sicuro abitare in posti piccoli ed isolati mentre in epoche con stabilità economica è più agevole abitare lungo le grandi vie di comunicazione. Ciò che è un ricordo del passato è facilmente verificabile ed attuale anche oggi.  
(Fonti storiche da saggi di Paolo Portoghesi, Gianluca Cerri e Gilda Bocconi)


Paolo D’Arpini
Referente P.R. Rete Bioregionale Italiana

lunedì 25 febbraio 2013

Umbria martoriata - Salviamo il Monte Peglia (Terni) dall'eolico pesante





Le associazioni ambientaliste e i comitati dell'Orvietano continuano a opporsi al megaprogetto eolico sul Monte Peglia

Continuano a manifestare la loro netta opposizione al progetto del mega impianto eolico sul Monte Peglia, le associazioni ambientaliste ed i comitati di cittadini dell'Orvietano. Lo hanno fatto anche giovedì 21 febbraio presentando osservazioni dettagliate alla Provincia di Terni, responsabile del procedimento di autorizzazione. "Le associazioni ambientaliste ed i comitati di cittadini dell'Orvietano - si legge in una nota stampa - sostengono come la Provincia di Terni avrebbe dovuto dare un parere negativo e interrompere qualsiasi attività istruttoria in quanto l'istanza presentata dalla società Innova Wind srl non ha i requisiti di ricevibilità né tanto meno di procedibilità previsti dalle norme che regolano la materia. Inoltre è del tutto assente l'istruttoria da parte della Provincia in merito ai previsti criteri valutativi relativi all'opera, che peraltro non si colloca nel rispetto dei limiti e delle previsioni del piano energetico regionale vigente né all'interno della recente "Strategia Regionale per la produzione di energia da fonti rinnovabili 2011 - 2013" (D.G.R. 903/2011).
"Nella conferenza di servizi svoltasi il 17 gennaio scorso a Terni - aggiungono - molte delle istituzioni chiamate per legge ad esprimere il loro motivato parere hanno espresso parere negativo (Servizio Beni Ambientali e caccia e Pesca della Provincia di Terni, la Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici dell'Umbria) o molto problematico e carente per mancanza di documentazione idonea ad esprimere un parere (TERNA, Comunità Montana O.N.A.T., ENAC). I consigli comunali di San Venanzo e Parrano, comuni che dovrebbero ospitare gli impianti, all'unanimità si sono susseguentemente pronunciati contro. Insomma il progetto, oltre ad essere dannoso per l'economia del territorio e a distruggere un paesaggio tra i più belli al mondo, è carente in troppe sue parti, mostrando sin d'ora la sua inadeguatezza per il territorio in cui si vorrebbe installare. Il testo delle osservazioni conclude con la richiesta alla Provincia di Terni affinché l'autorità competente riveda la decisione scaturita dalla citata conferenza riconvocando altre conferenze necessarie ad eventualmente superare le griglie di ricevibilità e procedibilità, conditio sine qua non per la corretta trasmissione delle istanze alla successiva fase della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), preannunciando sin d'ora ulteriori osservazioni ed opposizioni alla autorizzazione dell'altamente invasivo impianto nella malaugurata ipotesi che ciò venga disposto dalla Provincia di Terni".
Accademia Kronos

domenica 24 febbraio 2013

Elettrodotto Fano Teramo, la linea ad altissima potenza elettromagnetica passa per Treia



Alcuni giorni fa con Caterina siamo andati ad incontrare Barbara Archeri, un membro dei comitati  che si oppongo all'elettrodotto Fano Teramo. Abbiamo avuto la conferma che nel piano  approvato dalla Regione Marche il tragitto è quello che avevano già segnalato nel precedente articolo (vedi:  http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2013/02/salviamo-le-marche-e-treia-dal-turpe.html) e passa sicuramente anche nel territorio di Treia. Abbiamo così pensato di fare un incontro qui da noi per informare la popolazione su quanto è in progetto e sui rischi annessi e connessi, sia dal punto di vista della salute che della svalutazione dei terreni e delle abitazioni di campagna che risultassero vicine al condotto. 

Al momento non abbiamo ancora stabilito una data per un incontro a Treia, potrebbe essere durante la Festa dei Precursori. Intanto i comitati marchigiani già costituti si incontrano  la mattina del 2 Marzo  a Chiaravalle per decidere il da farsi.

Nel frattempo  ecco la corrispondenza  in corso con le ultime novità:

Cari amici, dall'estratto relativo all'elettrodotto FANO TERAMO dal piano di sviluppo di TERNA 2013; rispetto alla stessa documentazione del 2012 si nota:

1) la conferma che l'opera anche se classificata in "anno da definire" è tuttora in fase di sviluppo (nella pianificazione ENTSO è ipotizzata tra il 2017 ed il 2022)
2) la presenza di affinamenti sulla realizzazione di interventi  "a corredo" sulle reti  a 132 kV e 220 kV
3) lo spostamento della nota relativa alla stazione elettrica di Macerata con la citazione della "legge obbiettivo"; la dicitura è sempre la stessa, ma è passata all'interno dello spazio "stato di avanzamento" 

Saluti

Giuliano Mancini 

Coordinamento dei Comitati anti elettrodotto Fano Teramo




Località coinvolte nel territorio comunale di Treia:  

L’elettrodotto ad altissima tensione 380.000 v. per il tratto Fano-Teramo, proposto dalla società Terna spa prevede anche la realizzazione di due stazioni elettriche nel territorio della provincia di Macerata, una delle quali nel Comune di Cingoli a ridosso del confine con il Comune di Treia.


La delibera n. 689 del 25 06 2007 approvata dalla regione Marche e tuttora vigente, definisce il tracciato del corridoio ottimale che è largo circa 10 KM e comprende circa il 50% del territorio comunale di Treia.

Il tracciato proposto da Terna, non ancora definitivamente approvato, che si trova comunque   all’interno del corridoio approvato, attraversa le seguenti frazioni di Treia:  S.Maria di Paterno – Villa Acquaticci – Villa Trionfetti –
S.Maria in Piana – C. Vallonica – C. Farabellini – C. Luzi – rif. metano

Il progetto così come è stato presentato è carente di procedure essenziali come la valutazione impatto sanitario ( VIS ) e non prevede il risarcimento danni per la svalutazione di immobili e terreni che si troveranno nei pressi dell’elettrodotto.

Questo significa che i proprietari di detti beni avranno lo svantaggio di avere proprietà quasi sicuramente invendibili senza che nessuno li remuneri del danno subito. A questo proposito esistono a tutt’oggi immobili invenduti nelle vicinanze dell’elettrodotto già esistente. 

I Comitati in rete già costituiti sul territorio intendono tutelare i diritti di tutti quei cittadini proprietari di beni immobili che si trovano coinvolti loro malgrado in questo progetto e ad Aprile daranno anche il via ad una vertenza per richiedere che l’elettrodotto già esistente venga messo a norma di legge.
(notizie fornite da Barbara Archeri)


Noi del Circolo Vegetariano VV.TT.  di Treia assieme ai membri della Rete Bioregionale presenti qui nella Marche ci stiamo attivando per informare adeguatamente la popolazione sugli sviluppi del progetto Elettrodotto Fano Teramo. 

Chi fosse interessato ad avere ulteriori ragguagli od a partecipare ad un incontro informativo che potrà tenersi prossimamente è pregato di scrivere a: 


Paolo D'Arpini - bioregionalismo.treia@gmail.com 






Comitati già costituiti: 
Comitati in rete www.comitatiinrete.it
Comitato Territorio Attivo (PU) giuliano.cinzia@tiscali.it
Comitato Territorio sostenibile (AN) terrsostenibile@libero.it
Comitato S.Amico (AN) ilgranaio.piera@libero.it
Comitato permanente di Belforte (MC) franco grifi@hotmail.com
Comitato Alta Fiastrella (MC) comitatoaltafiastrella@gmail.com
Comitato i lupi dei Sibillini (MC) anzideigiocondo@gmail.com
Comitato intercomunale territorio attivo (MC) e.porfiri@email.it


sabato 23 febbraio 2013

Ecosistema coltivato: selvatico ed agricoltura bioregionale


Danza bioregionale

Ciao Paolo, ti invio il seguito del primo articolo che mi hai pubblicato. (vedi http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/search?q=alberto+grosoli)

D’Arpini, arpini, Arpino e l’ Arpinate, mi suonava in testa come una parola già nota, chi era costui? Fantastico google, ha dissetato il mio lapsus di memoria, chi è l’Arpinate per eccellenza? È quel Marco Tullio Cicerone le cui versioni mi toccava tradurre dal latino al ginnasio, ma del  quale mi rimase impresso a vita il suo alto concetto di Agricoltura quale arte e scienza, primaria occupazione dell’uomo libero eccetera. Questo, ti dirò, diede anche forza alla mia scelta di continuare la mia tradizione di famiglia in cui l’essere agricoltori era vissuto non con la vergogna di essere zotici, villani, bifolchi e bovari, ma con un certo orgoglio …. Scusa il divago … un saluto, Alberto Grosoli




L’ECOSISTEMA COLTIVATO: SELVATICO E AGRICOLTURA  BIOREGIONALE (2° parte)

“Nella Catena Alimentare non produciamo nulla, siamo commensali, ospiti alla mensa di Madre Terra”: così ho concluso la prima parte di questo scritto, ed in sé questo era vero per i nostri antenati cacciatori e raccoglitori i quali trovarono nutrimento e materie prime rinnovabili necessarie alla loro sopravvivenza nell’ambito degli ecosistemi naturali, in particolare in quello del pascolo, nelle fasce temperate del pianeta.

Ed è vero anche oggi, in quanto non è l’uomo che crea direttamente i propri alimenti, anche se modifica batteri, piante e animali in laboratori di genetica e si crede dio in terra, ma la Natura stessa, la quale, come da sempre, vi provvede benigna: l’uomo semplicemente interviene ed assiste al processo produttivo naturale, ne asseconda le  dinamiche ed i cicli, lo dirige ai fini voluti.  Pone un seme nel terreno smosso, il quale  germina perché ogni seme germina comunque per propria funzione, venga posto da mano umana o sia caduto al suolo dalla pianta madre. Ogni  fattrice avrebbe i propri vitelli e ogni gallina farebbe comunque le uova, fossero liberi in natura, a prescindere dall’allevatore. Coltivare è un atto di cooperazione con Madre Terra, di cui siamo custodi guardiani e non padroni assoluti, che avremmo il dovere morale di consegnare alle nuove generazioni, ai nostri figli, migliore di come l’abbiamo ricevuta dai nostri padri. Così la pensava anche mio bisnonno, a cui dobbiamo, suo figlio, suo nipote ed io ultimo l’eredità delle nostra pur poca terra e della tradizione del viverci da contadini.

Riprendendo il filo del discorso precedente riguardo al terreno incolto che si rigenera a riformare tendenzialmente un ecosistema selvatico, il processo naturale prevede che sia il bosco, alla fine, a prevalere, se non viene disturbato non solo dall’uomo, ma anche da un certo tipo di animali, gli erbivori, il cui habitat non è la foresta, ma il pascolo.

Se un cervo o un capriolo frequentano quel terreno, ruminanti come la capra selvatica, o una lepre, ne provvederanno a brucare ogni germoglio di pianta o cespuglio forestale sia perché si nutrono come ogni erbivoro pure  di fogliame e cortecce tenere, ma perché questa opera di disboscamento precoce è in funzione al creare il loro ambiente ideale: la radura soleggiata in cui crescono le erbe foraggere, in cui si forma  il prato stabile naturale, ricco di essenze diverse, non solo altamente nutritizie ma anche salutari per il benessere animale.
Altro fattore del tutto naturale nella creazione di radure a pascolo è l’incendio accidentale della foresta, per fulmine, e su un terreno bruciato la prima essenza vegetale a ricrescere è un manto erboso, che attira gli erbivori.

Un pastore mi diceva che le sue pecore non rimangono pregne  se pascolano erba di sottobosco, cresciuta all’ombra, hanno bisogno di foraggi che prendano dal sole tutta l’energia diretta. Inoltre, l’humus forestale è acido, vi crescono solo funghi, fragole, sorbi, alberi da bacche e ghiande, l’erba è amara, gli zuccheri si formano meglio in piena luce.
All’analisi chimica i parametri di fertilità organica dell’humus forestale presentano un medio alto rapporto carbonio/azoto, una media capacità di scambio minerale tra suolo e radici, una mineralizzazione rapida, una umificazione completa della materia vegetale che però è più o meno stabile. Un suolo forestale messo a coltivazione può rendere qualcosa per un breve periodo, la qualità del prodotto non è eccellente, la fertilità si esaurisce in fretta anche per dilavamento ed erosione, può avere forti carenze di calcio e magnesio. D’altra parte anche un humus di sole foglie, lignine ed erba ha poco potere nutritivo, se si fa un compost di questi materiali per l’orto, un grande cumulo si riduce a meno del dieci per cento della sua massa iniziale, ha un basso coefficiente isoumico in termini tecnici, non ha un grande effetto nel suolo, è acido ed andrebbe bilanciato con cenere, alcalina.

Il terreno aperto pascolato dagli erbivori invece, la prateria, presenta altre caratteristiche biochimiche e fisiche, è armonico tra acidità ed alcalinità, ha il potere di mantenere questo equilibrio e tamponarne gli eccessi in un verso o nell’altro, il rapporto carbonio/azoto è anch’esso bilanciato, la capacità di scambio degli elementi minerali con le radici è ai massimi livelli, il complesso argilla humus è stabile, l’umificazione completa e la mineralizzazione lenta, la struttura è sciolta, è ideale per la crescita di un certo tipo di piante alimentari selvatiche per il bestiame stesso, il quale contribuisce quindi a creare il proprio habitat o ecosistema e a produrre il proprio nutrimento.

Che non consiste solo di erbe foraggere,  fogliame e cortecce tenere, ghiande, ma, attenzione, anche di cereali, di vegetali molto zuccherini nelle foglie e radici, di tuberi, leguminose, di frutti dolci: tutti, allo stato selvatico furono originariamente loro nutrimento e lo sono ancora oggi. Si provi a lasciar libero un erbivoro domestico e si vedrà che, dopo una qualche distratta boccata d’erba, punterà dritto all’orto o alla vigna o al frutteto. Quando mai la soia Monsanto della moderna dieta “unifeed” è stata alimento forzato del bestiame da 200 milioni di anni a questa parte?

E non è che la Natura  producesse spontanea questi vegetali ovunque, nei boschi, nelle pietraie o sulle spiagge del mare: questi alimenti crescevano solo ed esclusivamente nei pascoli transumanti del bestiame selvatico, nelle praterie e in particolare nelle golene fluviali, ricche di acqua, di cui anche gli animali tutti hanno un gran fabbisogno, è gratuito dono di Natura e tendono questi ad affollarsi dove ce ne sia in abbondanza, presso le rive di fiumi, laghi, stagni e paludi.

Qual è il fattore chiave della fertilità organica di questi terreni? Sono i letami degli erbivori, oltre alle loro carcasse decomposte al suolo, alle loro pelli, ossa, corna, unghie, sangue, misti a materia vegetale decaduta. Tra i concimi organici “antichi”, che ancora oggi pur a fatica si possono trovare, ci sono il cornunghia, la farina d’ossa, la farina di sangue, i cascami torrefatti di cuoio.

Gli erbivori ruminanti, attraverso il loro particolare metabolismo, trasformano la materia vegetale in humus fertile definito scientificamente anche humus delle praterie o humus agrario, sinonimi perfetti, e solo su questo tipo di humus, per le sue specifiche caratteristiche biologiche e fisiche, crescono bene, in salute e nutritivi, quelli che sono i nostri alimenti vegetali primari, oggi addomesticati, selezionati e migliorati talvolta, o peggiorati, che derivano da quelli selvatici originari: cereali, ortaggi, legumi e frutta.

Questa funzione di produttori di humus fertile è in particolare propria degli erbivori ruminanti, poligastrici, di quelli cioè che hanno tre sacche ruminali oltre allo stomaco, le corna e l’unghia bifida. Nelle tre sacche ruminali la materia vegetale viene scomposta da batteri, funghi e protozoi di ceppi che si trovano normalmente anche sul terreno, si sono adattati alle condizioni anaerobiche dei rumini, vengono ingeriti con il pascolo ed espulsi in parte con il letame. Trasferire bestiame bovino su altri terreni e pascoli lontani, nutrirlo con altri foraggi può causare problemi digestivi agli animali, se nei rumini non ci sono i batteri autoctoni adatti al processo metabolico. Il ruminante è quindi in simbiosi con il terreno che li produce, con i vegetali che vi crescono e di cui si nutre, i quali ritornano al suolo in ciclo perenne come il più potente fertilizzante naturale.

In quel terreno, i foraggi sono per questi animali non solo più appetibili ed odorosi, ma anche più nutrienti e a vantaggio della loro salute. La buona erba e il buon fieno si avvertono nel gusto e colore del latte, del burro e del formaggio, nella qualità delle carni. In quel prato rivoltato con facilità dalla zappa o dall’aratro crescono un frumento grasso che fa profumare il pane ed ortaggi, legumi, frutta, sani e ricchi di sostanza e sapore.

I letami degli altri erbivori monogastrici, mammiferi ed uccelli come gallinacei e colombi, in sinergia con quelli dei ruminanti, sono gli altri concimi organici creati da Madre Natura, ricchi di azoto, fosforo, potassio e altri elementi minerali immediatamente assimilabili dalle piante i quali nulla hanno di inferiore a quelli chimici inorganici, che non servono a nulla se non a fare i profitti delle industrie petrolchimiche che li producono, al pari di diserbanti e fitofarmaci vari, con grande spreco di energia fossile ed elettrica, nonché di risorse naturali finite come gli idrocarburi fossili.

Un terreno ben dotato di humus fertile nell’ambito di un fondo agricolo a ciclo chiuso di bestiame e rotazioni, di sementi e piante autoprodotte ed adattate al tipo di suolo, non ha bisogno di tutte queste porcherie chimiche, il letame è la medicina della terra.

Alberto Grosoli


...........................


Di questo e simili temi se ne parlerà a Vignola (Mo) durante l'Incontro Collettivo Ecologista del 22 e 23 giugno 2013 - Vedi bozza di programma:
http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2012/12/premesse-per-lincontro-collettivo.html

venerdì 22 febbraio 2013

2 marzo 2013 - Da Ancona a Pescara gettate le basi per la Rete Olistica Adriatica - Presentazione e Carta degli Intenti


Collage di  Vincenzo Toccaceli

Caro Paolo D'Arpini,  ti invio alcune informazioni sulla nascente Rete Olistica Adriatica che coordino. La presentazione ufficiale si svolgerà Sabato 2 Marzo, ore 17.30 c/o l' Auditorium del Quartiere Castellamare ( Viale Bovio, 466 - PESCARA ) a pochi metri da Piazza Duca degli Abruzzi.
 
Prevediamo una grande partecipazione da tutto l'Abruzzo e anche dalle Marche perché alcune realtà insistono nella zona di Ancona.
 
E' la prima volta che in Abruzzo, operatori olistici ( circa 40 ) e associazioni e centri studi (circa 20) che si occupano di consapevolezza e di benessere, di spiritualità e di crescita personale, si mettono insieme e decidono di dotarsi di strumenti, tipici di una rete, in uno spirito di reciproca collaborazione. L'intento è quello di promuovere con più efficacia le diverse discipline olistiche e porgerle all'attenzione di un più vasto pubblico.
 
Un abbraccio
 
Michele Meomartino



Programma per la presentazione della Rete Olistica Adriatica:

Presentazione della Rete: Alberto LA MORGIA

Meditazione: Anna DE NIGRIS

Relazioni: “Gli insegnamenti delle tradizioni spirituali all’alba del terzo millennio”
Mariagrazia LOPARDI e Biagio RUSSO

Meditazione: Cristina OMENETTI

Performance “Vibrazioni delle Campane di cristallo”: Patrizia PRIMITERRA

Coordinano: Attilio GIORDANO e Patrizio MINOLITI

Aperitivo Finale

Sabato 2 Marzo, ore 17.30
Sala conferenza – Circoscrizione Castellammare
Viale Bovio, 466 – PESCARA

Ingresso Libero – Info: 393.2362091 – 392.8163351 – 329.9526075

..........................


Adesione alla Rete Olistica Adriatica


Aderisco alle Rete Olistica Adriatica e mi unisco a quanti in uno spirito di condivisione e di servizio, di tolleranza e di apertura, si impegnano a creare quelle condizioni che potrebbero favorire una maggiore crescita spirituale, una più matura consapevolezza olistica e un più diffuso ed equo benessere per tutti.
Inoltre, attraverso l’uso di strumenti condivisi, mi rendo disponibile ad individuare e verificare possibili e auspicabili sinergie in un’ottica di mutua reciprocità, nei tempi e nei modi da concordare e nel rispetto dei percorsi di ciascuno.
Infine, confido che da un impegno comune, onesto e sincero, ognuno per la propria parte, si possa contribuire a costruire una nuova umanità, più ricca di relazioni e di cura, più giusta e solidale, più libera e responsabile, più gioiosa e amorevole.

Scrivere a: Michele Meomartino - michelemeomartino@tiscali.it