venerdì 28 dicembre 2012

Apologo della locomotiva impazzita.. che può salvarsi solo su un "binario morto"... bioregionale

C'era una volta il palo - Foto di Gustavo Piccinini


Il macchinista si accorse dell'ostacolo ma aveva solo tre minuti per
pensare a come evitarlo. Egli aveva le vite di migliaia di persone
nelle mani, aveva abbastanza tempo per pensare ma poco per comunicare,
allertare i superiori: tutta per lui la responsabilità dell'impatto
ela catastrofe.

Andava a tutta velocità, frenare di botto avrebbe significato
provocare altrettanti se non peggiori danni dell'andare addosso
all'ostacolo, ipotesi quindi scartata. Proseguire significava
ugualmente la fine, l'impatto avrebbe scaraventato il treno contro
l'ostacolo e provocato deragliamentio e morti.

Esisteva una possibilità di salvezza ma incerta e contro ogni
regolamento, una possibilità di salvezza non contemplata nei
regolamenti, non prevista in nessun protocollo. C'era ma aveva bisogno
dell'accordo dei suoi superiori, che gli aprissero lo spiraglio.

Il macchinista è persona intelligente, dotata di riflessi pronti,
calma, morigerata, un tecnico con un anima mobile, adatta a cogliere
le novità, flessibile, duttile e tuttavia amico del mestiere e
ascoltatore instancabile dei colleghi più anziani che ne sanno di più
anche di più di quanto non sia nei libri e nei manuali.

Il macchinista sapeva che, alla svolta successiva, c'era un binario
obsoleto, una vecchia linea provinciale, da trenini locali che ormai
non si usava più: La direzione aveva puntato tutto sui treni come
quello che stava guidando, superveloci e tagliato ogni corsa sui
regionali, locali, non più redditizi.

Ma quella linea c'era, non era mai stata smantellata, una linea a
bassa velocità, costruita molti decenni prima, abbandonata alle erbe
che vi crescevano copiose.

Ecco, si decise, chiamò i suoi superiori, chiese l'apertura dello
scambio su quella vecchia linea, era una possibilità, magari non
c'erano binari proprio puliti ma c'erano rotaie ancora praticabili,
lo scartamento essendo lo stesso.

Una possibilità di salvezza, piccola, ma immensamente superiore alle
altre, tirare dritto tirare il freno, all'improvviso.

Non vi racconto cosa decisero i superiori, non vi narro di come finì
questa corsa, non vi descrivo ancora di cosa passasse nella mente di
quel bravo macchinista. Questo è un apologo che parla di noi, del
nostro modo di vivere di adesso.

Stiamo precipitando il mondo verso l'abisso, ci stiamo andando a gambe
levate e con tutti i finestrini aperti, sul nostro Titanic si balla e
si canta e la moneta corrente ha ancora corso legale e l'economia,
vera madre di tutti i mostri, dall'inquinamento alla imbecillità di
massa, dallo scioglimento dei ghiacciai alla sparizione di foreste
immense, tutto quanto è pianificato a tavolino dagli insider traders,
dai brokers, dagli agenti di cambio, dai finanzieri di ogni risma.

Ogni cosa che può essere venduta, fatta oggetto di speculazione, dal
legname all'acqua, alla terra, alle risorse ittiche, il futuro
raccolto di riso e grano, proprio tutto è attentamente contabilizzato
e messo in gioco nel vorticoso scambio del libero mercato.

Mercato libero di "suicidarci" tutti, senza freni e senza nessuna
possibilità di marcia indietro.

Eppure, io credo che il nostro mondo sia quel treno in corsa e che
come quel treno abbia una possibilità non certa, non sicura ma una
possibilità ci sia.

Tirare dritto non è possibile, ci esauriremmo per mancanza di risorse,
in troppi a consumare e pure in maniera orrendamente diseguale.

Neppure è possibile frenare all'improvviso: chi se la sente, dopo le
lezioni dure e spaventose che ci hanno iferto le rivoluzioni
novecentesche, di dare l'assalto alla cabina di regia e fermare tutto?

No, a mio avviso la soluzione "altra" pensata e poi, presumibilmente
imbroccata dal nostro macchinista dell'apologo, sia la migliore: una
terza via.

Una via più vecchia, una via più tortuosa, curvilinea, non
immediatamente percorribile da tutti contemporaneamente ma pur sempre
una via.

La via di una riconversione ecologica dell'industria, la via di
soluzioni sostenibili, la via della riduzione degli sprechi, la via
del recupero e del riciclaggio. Questa via ha bisogno
dell'intelligenza collettiva, non può essere imposta.

Questa via d'uscita, questo binario ancora praticabile ha bisogno di
una macchinista intelligente e capace, di un macchinista sensibile.

Questo macchinista esiste, siamo noi, tutto un popolo consapevole che
ha già cominciato a praticare nella vita di ogni giorno la riduzione
del desiderio alle cose davvero importanti come l'amore, il parlarsi,
l'intendersi tra vicini, tra valle e valle, tra villaggio e villaggio,
tra isolato e isolato.

Tocca noi tracciare la curva dolce e imboccare il binario vecchio, un
binario che non si supponeva neanche esistesse più ma c'è. Non è ancora
stata del tutto cancellata ed obnubilata un'intelligenza collettiva.
Abbiamo ancora menti capaci di ragionare, di tracciare una via.

Una via che passa dai campi e dagli orti, una via che passa dalle mani
quanto dai cuori e dalle menti, una via che attribuisce uguale
importanza la contadino nuovo, amante di madre terra ed allo
scrittore, lavoratore della penna,  questa via li affratella ed
accomuna, artigiani e pensatori, poeti ed artisti, contadini: insieme
a vivere su quel binario regionale, bioregionale, che dobbiamo
riattivare, rinnovare, pulire dalle infestanti e rimettere in orario,
rimettere in cartellone.

Un binario dai treni lenti dove i passeggeri possano conoscersi e
visitare i villaggi che attraversano, un treno meno comodo ma più
umano, con prezzi del biglietto infinitamente più bassi, anzi, dove in
certe tratte il biglietto possa persino venire abolito ed il denaro
sostituito da altre forme di scambio, baratto o dono. Su quel treno
non viaggerebbero più merci pericolose o inquinanti, solamente i
frutti di un lavoro utile ed onesto.

Quel treno io lo vorrei prendere e son già qui, sulla massicciata a
spianare, livellare, rafforzare la linea. Vi aspetto, venite, una
nuova via è possibile, schiantarsi non è la sola soluzione possibile.
Un futuro altro è possibile, deve essere possibile.

E questo, anche il mio augurio grande per il nuovo anno, per questo
2013 che arriva, lentamente, non c'è fretta.

Teodoro Margarita

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